Cuore & Batticuore
Rubrica settimanale di posta storie di vita e vicende vissute
by Maggie S. Lorelli
Quando si superano i cinquanta, la concezione dell’amore cambia. Negli ultimi tempi, guardandomi intorno, noto che la maggior parte delle mie amiche, single croniche o separate, si lucidano gli ormoni con nuove storie, sfoderando dal cilindro compagni sempre più giovani, e spesso più di loro.
È presto detto, dove li vanno a trovare: le numerose piattaforme di incontri online. Una sorta di Postalmarket dove, selezionate in base a parametri fisici e caratteriali, scorrono una serie di facce dove si spera di intercettare non più la buon’anima gemella, che da tempo se l’é svignata, ma un’anima normale, sana di mente, che non é facile, con cui provare a instaurare un minimo di dialogo.
Ricordo di aver passato un’intera giornata, l’estate scorsa, a frenare gli entusiasmi di una mia amica che cercava di convincermi a iscrivermi a una di queste piattaforme dove secondo lei avrei trovato l’America, ossia l’Amore della domenica.
Lei si convince tutte le volte di averla trovata, spostandosi ogni fine settimana da un luogo all’altro d’Italia, e persino oltralpe, per guadagnarsi un incontro galante che sfocia, al 90%, in una notte infuocata.
La maggior parte di questi incontri non si trasformano in una relazione, ma forniscono una botta di autostima, perché gli uomini iscritti al market del sesso facile, per ciò stesso allupati quanto basta, non vanno tanto per il sottile e puntano a godersela sino in fondo, chiunque gli si pari davanti. E poi, arrivederci e grazie.
A molte donne questo basta, perché sanno che il giorno dopo, nel caso fosse andata male, già nel viaggio di ritorno in treno (molte amiche me lo hanno raccontato) si può comodamente scrollare il cellulare alla ricerca di nuove facce da valutare.
Mi sono dimostrata un’irriducibile negazionista di fronte alla tentazione della scrollata facile. Non per una reticenza tecnologica, bensì per il fatto contrario: sono una veterana degli incontri online e conosco bene i rischi per noi romantici.
Ero una pioniera delle prime chat degli anni ’90. ICQ, I Seek You e persino l’italiana C6, dove la compulsiva e spasmodica ricerca del partner si apriva con la fatidica domanda preliminare “Da dove dgt ?”.
Avevo l’impressione, allora, che le persone non andassero alla ricerca del sesso facile e spensierato, ma dell’amore fatale. Arrivavo a innamorarmi anche tre o quattro volte al giorno di uomini diversi, ma poi sceglievo, e intraprendevo lunghe conversazioni, dapprima per iscritto nelle room private e poi al telefono, con ragazzi che mi promettevano la luna, finché non ci si incontrava.
E lì cadeva l’asino. Non dico che per telefono mentissero, ma erano un pò troppo vaghi sulla descrizione delle caratteristiche fisiche, e quando li incontravo mi apparivano come mostri marini che spuntano dalle profondità degli abissi.
Ci vedevamo nei bar: ricordo che passavo del tempo orrendo, cercando di elaborare il lutto della persona che avevo amato per mesi, che esisteva evidentemente solo nella mia mente. Non era ancora l’epoca del riversamento sfrenato delle nostre foto in rete.
Il primo social, Six Degrees, nacque nel ’97, ma abbiamo cominciato a darci via pubblicamente solo con Facebook, a partire dal 2004.
A proposito, quest’anno si è festeggiato il ventennale di questa genialata, se è vero che Zuckerberg l’ha creata per rimorchiare…
L’altra notte mi scambiavo messaggi audio con una mia amica che cercava di consolarmi per l’ennesimo aborto relazionale, frutto proprio di un contatto social. Mi ammoniva sul fatto che dovrei cercare di conoscere persone nella mia realtà quotidiana, e non on line.
Lei, per esempio, ha conosciuto il suo attuale fidanzato ad una festa, perché era amico di una sua amica. Circostanza ormai così rara e obsoleta da suonare quasi cinematografica: protagonista femminile, Meg Ryan col suo finto orgasmo.
Io, per esempio, giro il mondo, ma uomini decenti non mi capita di incontrarne. Il punto é che viviamo in un’epoca edonista, completamente refrattaria all’amore.
Gli sguardi delle persone non si incrociano più per la strada o nei luoghi della socialità urbana, perché gli occhi vacui sono fissi su un cellulare, persi a scrutare mondi lontani.
Che coss’è l’amor, come cantava Capossela, se non un subitaneo appoggiare lo sguardo su qualcuno che accende nel nostro animo la promessa del risveglio dei desideri sopiti, dando vita a quella che presto si rivela essere nient’altro che una folie à deux, al pari di quella tra Joker e la sua degna comare.
Qualcosa di più elevato, tuttavia, della mera Esperanza d’Escobar. Per questo non cerco l’amore sui siti di incontri: da inguaribile romantica mi espongo ai dardi di Cupido, nel frattempo diventato orbo, affidandomi all’efficacia sopita degli amorosi sensi, dai quali sempre più ci si distacca.
È la storia più antica del mondo, in fondo: l’ape che si posa sul fiore più colorato e profumato. E cosa fa, allora? Gli succhia per un pò il nettare dolce con la sua lingua a forma di proboscide, e poi se ne va, come se niente fosse, a impollinare le altre piante.
