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Alexander Lonquich: professione pianista

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Rubrica di critica recensioni e anticipazioni

Lonquich: giornali ignoranti scartano la musica classica

by Maggie S. Lorelli

“Professione musicista”: lo stato dell’arte. Si assiste, nell’ultimo periodo, a una mobilitazione degli artisti, per lo più attraverso i canali social, diventati ormai il principale mezzo di comunicazione di massa, per la riaffermazione del loro status e una ridefinizione dei rapporti fra Stato e arte.

Lonquich: giornali ignoranti scartano la musica classica
Alexander Lonquich

Le iniziative più risonanti sono quelle promosse dal mondo del jazz e della musica leggera, mentre i musicisti classici, all’interno del dibattito in corso, sembrano mettere la sordina. “Quello della musica classica – spiega Alexander Lonquich, uno dei più grandi pianisti contemporanei – è un mondo frantumato, non solo dal punto di vista organizzativo. Il che non dovrebbe stupire più di tanto, in maggioranza nell’ambito del concertismo siamo liberi professionisti, anche se non pochi hanno un posto d’insegnamento. Già un membro di un’orchestra stabile coltiva modi diversi nel cercare di fare rappresentare i propri interessi e bisogni. Il “popolo delle partite IVA” per natura propria non conosce sindacati. Azzardo comunque un’ipotesi: saremo tutti più forti se cominciamo ad allargare l’orizzonte. Il teatro di “prosa” e di danza ha esigenze simili alle nostre. Avremo bisogno di unirci a tutti i settori appartenenti all’arte dal vivo. Seguo con attenzione alcuni gruppi nati in questo periodo – prevalentemente provenienti appunto dal mondo teatrale – le loro aspirazioni e rivendicazioni.”

Lonquich: giornali ignoranti scartano la musica classica

Il governo, che nelle fasi acute della pandemia ha dimostrato di ignorare le problematiche del comparto artistico, in favore di priorità più stringenti, ne sta ora gradualmente accogliendo le istanze. Non crede sia giunto il momento che i musicisti classici si mostrino più coesi e alzino il volume della voce?

Senz’altro, credo appunto che la comunanza con altri settori sia un
fattore decisivo. A partire dalla necessità per tutti di mettere in
questione le regole assurde che in questo periodo vigono nei spazi
interni. Si rischia che tutto rimanga inutilmente e dannosamente
complicato anche quando il pericolo sarà diminuito, come già adesso
pare, o quando addirittura sarà passato.Lonquich: giornali ignoranti scartano la musica classica

Lo status giuridico del musicista classico, in quanto professionista, è maggiormente normato rispetto ad altre categorie di musicisti, eppure le sue occasioni di esibirsi sono minori. Rassegne, Festival e altre iniziative riguardanti la musica classica si riducono a poche grandi e consolidate realtà. Come vede il futuro del concertismo in Italia?

E’ un problema che risale ai decenni precedenti alla pandemia.
Molte meritevolissime società concertistiche avevano già dovuto mettere i remi in barca all’inizio di questo millennio. Specchio, inutile
ribadirlo, della da tanto tempo mediocre politica culturale in questo
paese, non in grado di creare un solido terreno per la pratica della
musica. A partire da un indispensabile focus sull’educazione, dalle
necessarie agevolazioni fiscali per dei potenziali sponsor e
complessivamente da un indispensabile maggiore investimento riguardante l’arte dal vivo, pensando anche alla gestione vigente in altri paesi europei.

Esiste qualche responsabilità da parte degli operatori del settore?

Come risultato delle attuali difficoltà noto anche, da parte di
molti organizzatori, il terrore diffuso della sala vuota, di conseguenza
manca troppo spesso una programmazione pluralista, inventiva e
aggiornata. Per rispondere direttamente alla domanda: se non ci saranno dei grossi cambiamenti, quel che rimane del concertismo continuerà ad essere unicamente legato ai pochi nomi che conosciamo tutti (molti di loro molto validi, per carità), con pochissime new entry all’orizzonte. Non parlo solo dei giovanissimi, troviamo fior di musicisti attivi in circolazione che in Italia non si sono mai fatto conoscere. La questione comunque non è un ricambio, dove si sostituisce una rosa di nomi con un’altra altrettanto striminzita. Si tratta invece di un aumento
dell’offerta e di una maggiore varietà delle proposte. Lonquich giornali ignoranti scartano la musica classica

Ripristinando la centralità della musica classica nel panorama culturale del Paese che ha dato i natali a molti grandi celebri musicisti della storia, il settore potrebbe diventare una risorsa strategica anche sul piano economico. Da dove si può partire per riaffermare una cultura musicale di qualità in Italia?

Da molte realtà apparentemente piccole, valorizzandole e per poterlo fare serve la congiunzione di una precisa volontà politica e imprenditoriale, in contatto con delle idee vivide ed entusiasmanti. Mi sia permesso un accenno a un’attività mia personale: insieme a mia moglie, Cristina Barbuti, abbiamo fondato a casa nostra uno spazio culturale chiamato Kantoratelier. Intendiamo un luogo nel quale accogliere svariate branche del sapere connesse alle arti e all’estetica. Kantoratelier è nato nel 2013 da una concezione di pensiero interdisciplinare che potesse essere d’aiuto nel scoprire le sottili interconnessioni tra teatro, musica e altre forme di arte dal vivo; con dei contributi provenienti anche dal campo della psicoanalisi, della psicologia, della filosofia. Riguardante specificamente la musica, oltre a alcuni concerti ci sono una serie di appuntamenti “analitici”, nella scorsa stagione affidate anche a Enrico Bronzi. In più per il secondo anno ormai presentiamo un progetto pedagogico rivolto a 8 pianisti chiamato “Daedalus, l’artista da giovane”. Il nome Daedalus è chiaramente ispirato dalla figura del romanzo di Joyce, che, dopo tante traversie, è infine capace di intravedere una propria via. Il nostro intento è quello di dare ai partecipanti la possibilità di un approfondimento musicale unito ad incontri legati a differenti materie artistiche, in vista di prospettive più possibilmente personalizzate riguardante la propria professione.

Lonquich giornali ignoranti scartano la musica classica
Lonquich e la moglie, la pianista Cristina Barbuti

Oltre alle strategie politiche e a meritevoli iniziative individuali, non pensa che un’ulteriore tassello risolutivo potrebbe essere la sensibilizzazione dell’imprenditoria privata per rilanciare il settore, uscendo dal regime di assistenzialismo pubblico?

Premesso che in Italia, rispetto a dei paesi a noi vicini, si spende
troppo poco per sostenere ciò che potrebbe portare a una fruizione anche quantitativamente ben maggiore, va creato un sistema di agevolazioni fiscali per poter indirizzare i potenziali aiuti privati verso il nostro settore.
Lonquich: giornali ignoranti scartano la musica classica

La marginalità della musica classica nel panorama culturale nostrano ha anche radici culturali?

La mancanza di una formazione collettiva adeguata, in fondo il
pregiudizio ottocentesco espresso da Francesco de Sanctis, per il quale la musica faceva parte delle materie non solamente superflue, ma addirittura dannose, rimane tacitamente intatto: “Tutta questa roba, non bisogna, non si può digerire, non fa valentuomini, ma buffoni.”

Niente musica classica nei media dominanti, salvo rarissime eccezioni. Secondo lei si tratta di una scelta culturale deliberata?

Certamente, sono comunque convinto che un lavoro divulgativo non stereotipato ed immaginifico potrebbe essere di grande aiuto. Là dove ahimè anche i quotidiani hanno da tanti anni ormai decisi di rinunciare quasi del tutto a recensire degli eventi culturali. Di musica si scrive ormai solamente in forma di annuncio, incentivato dagli uffici stampa degli artisti da promuovere. Trovo assolutamente scandaloso che anche alcuni tra i più autorevoli quotidiani italiani non raggiungano uno standard qualitativo mantenuto da giornali come il Guardian o la Süddeutsche Zeitung. Responsabilità che ricade del tutto sui direttori che si sono avvicendati. Lo stesso discorso va fatto per le TV generaliste.

In questo ambiente ostile, la musica classica è destinata all’estinzione?

Non ne ho la minima idea, tutto indica che la sua presenza sia ulteriormente destinata a diminuire, in mancanza di un preciso intervento politico. D’altra parte la qualità delle proposte non è mai stata tanto alta e variegata quanto oggi. Fare sostanzialmente soccombere un ambiente potenzialmente tanto fertile sarebbe una tragedia di grande dimensioni.

Le crepe sono anche interne al settore. Esiste per esempio uno iato evidente fra il mondo accademico e la maggior parte della popolazione che dimostra di non conoscere i grandi musicisti che hanno fatto la storia della musica italiana del ‘900, come Berio o Nono. La cosiddetta “musica colta” è troppo chiusa nella sua nicchia?

La ricezione dell’“avanguardia” del dopo Darmstadt è un problema anche all’interno del percorso di studi di un musicista medio. Non dobbiamo però dimenticare che il nostro rapporto con la creatività contemporanea andrà radicalmente rivisto. In discussione non sono solo dei dogmi estetici da tempo superati ma anche il nostro sguardo ancora prevalentemente eurocentrico sul presente. Non bisogna naturalmente negare la nostra storia, tanto preziosa, ma oggi un compositore o un genere musicale proveniente anche da tradizioni legate ad altre culture, ad altri continenti, po’ avere un’importanza decisiva per le evoluzioni future, in un mondo necessariamente sempre più connesso e cosmopolita.

Lonquich: giornali ignoranti scartano la musica classica

I tentativi di “traduzione” della musica classica in chiave pop hanno spesso un successo planetario. Questo dimostra che la gente ha, a sua insaputa, un gran bisogno di musica di qualità. Ciò che non si conosce non può appassionare, finendo per credere di aver bisogno di mediatori musicali per ascoltare persino la musica di Mozart, già godibile da chiunque di per sé…

Infatti viviamo un tempo dove la precisa definizione di generi sarà sempre più problematica. Spesso però, quando parliamo di operazioni di “traduzioni” in chiave pop, abbiamo a che fare con dei risultati di bassissimo livello, frutto di meri calcoli commerciali. Sono comunque convinto della caduta imminente di molti steccati, importante sarà sempre l’alta qualità artistica, negli anni sessanta la troviamo, per esempio, paritariamente in filoni apparentemente inconciliabili, che si tratti di Stockhausen, Shostakovich, Britten, Bernstein, Mingus, Miles Davis, o dei Beatles, per citare solamente alcune icone. Credo che in particolare l’Italia necessiti di allagare l’orizzonte, trovo sotto questo aspetto più avanzate la Francia, i paesi di lingua tedesca, la Finlandia.

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Molte grandi Istituzioni musicali come la Filarmonica di Berlino, il Metropolitan Opera House di New York, La Fenice di Venezia, l’Accademia di Santa Cecilia e la Chigiana, oltre ad artisti noti con iniziative individuali da casa o attraverso la nuova piattafoma mf Classrooms, hanno proposto nel periodo del lockdown i loro concerti online. Il futuro potrebbe essere rappresentato dallo streaming?

Lo streaming aveva un’importante funzione in questi mesi, si sono visti però con chiarezza degli enormi limiti. Registrare il suono di un pianoforte in casa, in più con mezzi tecnologici rudimentali, livella completamente la caratteristica del suono, esteticamente si tratta di un inevitabile fallimento. Ciò vale anche per un qualsiasi organizzatore di concerti (come sappiamo spesso svolti in ambienti brutti o angusti, con la predominanza di acustiche secche), non in grado di investire nella qualità artistica di una proposta audio/video. Creare dei prodotti di spessore necessita della bellezza appunto anche acustica dei luoghi dove si suona e di investimenti in operatori altamente professionalizzati come giusto una formazione come la Filarmonica di Berlino si può permettere. Il “dal vivo” completo a lungo stanca, è il caso di curare anche per un minimo la post produzione. Detto questo si rischia comunque che tutto soccomba nel mare magnum delle infinite offerte che troviamo già su YT, specialmente se si tenta di vendere gli accessi ai video, operazione necessaria se si pensa che l’artista abbia il diritto di ricavare almeno un minimo dalla propria prestazione. Pensando al pubblico: chi mai avrà voglia di pagare spesso, stando in casa? Considerate tutte le ipotesi rimane il fatto che l’avventura del vivere insieme la musica, creata dal vivo in un determinato spazio con delle precise condizioni acustiche che determinano il tempo e la timbrica di un’esecuzione, rimane insostituibile
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Gianfranco D'Anna
Gianfranco D'Anna
Fondatore e Direttore di zerozeronews.it Editorialista di Italpress. Già Condirettore dei Giornali Radio Rai, Capo Redattore Esteri e inviato di guerra al Tg2, inviato antimafia per Tg1 e Rai Palermo al maxiprocesso a cosa nostra. Ha fatto parte delle redazioni di “Viaggio attorno all’uomo” di Sergio Zavoli ed “Il Fatto” di Enzo Biagi. Vincitore nel 2007 del Premio Saint Vincent di giornalismo per il programma “Pianeta Dimenticato” di Radio1.
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