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Flash nella notte del conformismo
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Toto Direttore alla seconda Repubblica
A Largo Fochetti è l’alba della seconda Repubblica. Dopo quella di Scalfari, Caracciolo e De Benedetti, inizia la Repubblica di John Elkann.
Rappresenterà la continuazione o la nemesi rispetto alla prima Repubblica scalfariana ?
Arrotando la erre il mitico Avvocato avrebbe risposto negando, con un sorriso sardonico, che l’acquisto in blocco del gruppo editoriale Repubblica – Espresso sia da leggere come la conferma della supremazia della Fiat e degli Agnelli rispetto alla Carlo De Benedetti family.
Lo spirito di Gianni Agnelli continuerà ad aleggiare anche nei prossimi assetti della Gedi a trazione Elkann.
Mese più, mese meno, a Repubblica è in particolare previsto l’arrivo di un nuovo Direttore, e sono preventivati ulteriori assetti editoriali in tutte le testate e le emittenti radio televisive del gruppo.
A Repubblica il toto Direttore comprende Maurizio Molinari e Massimo Giannini. Nonostante i boatos, sono in realtà ridotte le chance di un ritorno alla Direzione di Mario Calabresi, che semmai potrebbe rientrare al vertice della Stampa nel caso di un trasferimento di Molinari da via Lugaro a Torino a Largo Fochetti a Roma.
A Massimo Giannini viene riconosciuta, oltre alla indiscussa capacità professionale, anche la maggiore sintonia con la redazione di Repubblica, mentre a favore di Molinari, assieme al successo editoriale ed all’ulteriore prestigio guadagnato dalla Stampa, grazie alla sua direzione, giocano la “ visione” internazionale e le capacità di analisi.
Qualità essenziali, tanto quelle di Giannini che di Molinari, per recuperare il distacco che Repubblica ha accumulato rispetto alla corazzata Corriere della Sera, guidata come una portaerei da Luciano Fontana.
Una distanza quella fra Repubblica e Corriere, non soltanto nelle vendite e nella raccolta pubblicitaria, ma soprattutto nell’incidenza “politica” fino a pochi anni addietro appannaggio invece di Repubblica.
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Ciclone Barr
Ciclone Barr in arrivo. Non solo sulle coste atlantiche. Venti e mareggiate tempestose potrebbero risalire anche il Tevere.
Con una studiata tempistica e un’altrettanto accorta regia mediatica, la controinchiesta del Ministro della Giustizia Usa William Barr sulla cosiddetta genesi del Russiagate, sarà diffusa a giorni a Washington in concomitanza con la mancata partecipazione di Trump e dei legali della Casa Bianca alle audizioni della commissione Giustizia della Camera che indaga sull’impeachment del Presidente.
In estrema sintesi l’indagine di Barr e del procuratore federale John Durham sulle origini del Russiagate – l’inchiesta di Robert Mueller targata Fbi che ha svelato l’interferenza russa alle elezioni presidenziali Usa del 2016 – punterebbe a dimostrare che in realtà si sarebbe trattato di una cospirazione internazionale per tentare di impedire l’elezione di Trump alla Casa Bianca e favorire invece la candidata democratica Hillary Clinton.
Conclusioni che potrebbero essere in certo qual modo suffragate dalle informazioni raccolte da Barr nei due incontri avuti l’estate scorsa a Roma con i vertici intelligence italiana. Eventualità questa che ha messo in fibrillazione piazza Dante e dintorni.
C’è il diffuso timore che qualche link del rapporto Barr possa anche rasentare presunte tracce dei servizi made in Italy.
Ma il timore maggiore è quello di finire nel mezzo delle roventi polemiche di un’inchiesta che rappresenterebbe in realtà la punta dell’icerberg del braccio di ferro fra l’Fbi e la Cia, in atto da anni negli Stati Uniti.