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Rubrica di critica recensioni anticipazioni
by Dino Petralia
Una lunga tavola imbandita con sapore di scampagnata apre l’ultimo lavoro di Ferzan Özpeteck, Diamanti, per chiudersi poi allo stesso modo in un balzo temporale che corre tra una didascalica riunione del regista con i suoi attori e un pranzo comunitario in bilico tra celebrazione e dopolavoro. 
Nel mezzo una trama esteticamente perfetta, calibrata su un acquerello caratteriale pressoché tutto al femminile, dove le pulsazioni esistenziali di ogni protagonista ruotano in un girotondo di accadimenti familiari di potenza e riscatto intorno ad un binomio anch’esso al femminile, le sorelle Alberta e Gabriella Canova, titolari di una sartoria romana specializzata in costumi di cinema e teatro; donne entrambe lacerate da un abisso sentimentale a diverso titolo responsabile di un dolore immanente e virale.
Non è necessario vedersi quando ci si vuole bene, é il manifesto esistenziale che Özpeteck proietta sull’intera sequenza filmica, frammentandolo nel racconto delle difficoltà relazionali del figlio adolescente della capo sarta Nina, nel riconoscente amore della modista Paola verso il compagno turco da tempo lontano e sublimato al centro nell’ormai eterna assenza di Amelia, figlia di Gabriella, morta in un incidente stradale, e nell’irrisolto legame parigino tra Alberta, indurita dal vuoto sentimentale, e l’imprenditore Cavani.
