Una folla di parenti e di amici ha salutato per l’ultima volta Germano Federici, spentosi a Bergamo all’età di 74 anni dopo una malattia affrontata con grande serenità.
Le ragioni di stima e di gratitudine verso questa persona sono molteplici.
Generazioni di studenti liceali lo hanno avuto come insegnante di Scienze naturali dai metodi assai poco cattedratici: come si legge su L’Eco di Bergamo , “sono passate alla storia le campagne naturalistiche al rifugio Curò dove per una settimana faceva scorrazzare gli studenti in lungo e in largo alla ricerca di piante”.
Già, le piante: la sua passione per la flora lo ha indotto a promuovere la fondazione del FAB (Flora Alpina Bergamasca), un gruppo di ricercatori che hanno attuato, dai primi anni Novanta ad oggi, il censimento delle piante presenti a Bergamo e nelle valli d’intorno.
Come ricorda l’attuale presidente del FAB, Luca Mangili, “a lui si deve il primo database, successivamente integrato con un altro organizzato dal gruppo di Brescia, nel quale sono state registrate le varie specie di piante. Per capire la mole di lavoro basta dire che il database contiene un milione di dati raccolti per le provincie di Bergamo e di Brescia”.
Da alcuni anni, grazie a internet, Germano Federici si era inserito, con rara signorilità di tratti, anche in alcuni gruppi di ricerca filosofico-teologica frequentati, soprattutto, da persone che, pur deluse dalle appartenenze ecclesiali e partitiche tradizionali, continuano a esplorare “inediti cammini” di consapevolezza intellettuale e di impegno socio-politico.
Insegnante, ricercatore scientifico, ma soprattutto persona per bene. Ricordarlo, più che un omaggio a lui che, ormai, non ne ha più bisogno, é un piccolo segno di conforto per noi che viviamo una fase dell’umanità in cui sembra che solo i pazzi e i disonesti abbiano in mano le redini della storia; che non ci siano più persone belle per saggezza e mitezza, per passione verso il proprio mestiere e per attenzione amorevole verso la natura.