“Una donna sola al comando, la sua maglia è tricolore, il suo nome è Giorgia Meloni” : così fra qualche mese potrebbero riecheggiare le cronache radiofoniche di un ipotetico giro d’Italia della politica. Un tour italico dei partiti, che in vista del traguardo delle amministrative e del Quirinale, intensificano le fughe in avanti e le mosse ad effetto.

Matteo Salvini muove il Re e tenta di dare scacco alla Regina. Finalizzata a neutralizzare il crescente appeal di Giorgia Meloni, ad un passo dal sorpasso della Lega, l’opa lanciata da via Bellerio a Forza Italia é stata tuttavia stoppata dalle Ministre Maria Stella Gelmini e Mara Carfagna e da parte del restante gruppo parlamentare azzurro.
Dopo l’iniziale assenso alla proposta di federazione, o addirittura di fusione, fra Lega e Forza Italia, Silvio Berlusconi appare ora meno sicuro e prende tempo per non spaccare ulteriormente il partito già dissanguato dalla fuoriuscita dei 12 parlamentari che hanno aderito al nuovo gruppo doppione di Forza Italia, ma autonomo, guidato dal Presidente della Regione Liguria Giovanni Toti e dal Sindaco di Venezia Luigi Brugnaro.

L’effetto collaterale della mossa di Salvini rischia di essere quello di dirottare su Fratelli d’Italia i deputati e i senatori azzurri contrari alla formazione di un partito unico a trazione legista e con Berlusconi, per così dire, ibernato alla presidenza onoraria.
Secondo tutti i sondaggisti, inoltre, soprattutto al sud, il previsto smottamento di Forza Italia e dei 5 Stelle alle amministrative catalizzerà gli elettori azzurri e grillini in uscita esclusivamente su Fratelli d’Italia.

Mosse ad effetto a tutto campo anche sul versante Pd e 5 Stelle, mentre il Governo Draghi va avanti deciso e concreto e si appresta a definire la riforma della giustizia. Una riforma strutturale funzionale al recovery plan. Delineata dalla Guardasigilli, Marta Cartabia, la riforma accantona le modifiche riguardanti il Csm, che richiederebbero leggi costituzionali che non sarebbe possibile varare nel corso della legislatura, e si concentra sui modi e sui tempi dei processi, fissando nuovi termini perentori e procedure snelle, con probabili modifiche di prescrizione e appello. Oltre allo stanziamento di nuove risorse, il Ministero della Giustizia adeguerà gli organici dei magistrati e del personale. Intanto per smaltire l’arretrato e poi per assicurare il celere iter processuale. Per il processo civile il testo base, che prevede fra l’altro l’intensificazione degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie, dovrebbe essere discusso la settimana entrante al Senato, per poi passare a Montecitorio. Per il penale gli ultimi emendamenti si stanno discutendo in commissione Giustizia.
Dal pianeta giudiziario, alle nomine, agli interventi a sostegno dell’economia e delle famiglie, Palazzo Chigi si distacca ogni giorno di più dalle geometrie variabili della politica.
Probabilmente neanche tutto l’esprit de finesse, la capacità intuitiva che appartiene più al sentimento che alla ragione, evocato da un filosofo e teologo come Blaise Pascal, molto amato al Quirinale, riuscirebbe a decrittare la destrutturazione in corso nell’ambito di ognuno dei lati dell’ottagono della politica formato da 5 Stelle, Pd, sinistra, Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia, renziani e gruppo misto.
Otto lati con proiezioni esterne orientate sul Colle e Palazzo Chigi e perimetri interni alle prese con l’eruzione del vulcano grillino, le lotte di potere sotterranee del Nazareno e di Forza Italia, per non parlare della corsa alla premiership trasformatasi in una aperta disfida fra Matteo Salvini e Giorgia Meloni.
Un ottagono che si scompone e ricompone sul filo del recovery plan e delle candidature del voto d’autunno a Roma e Milano, Napoli,Torino e Bologna.
Con una sostanziale differenza. La deriva e lo scioglimento sempre più veloce di uno dei poli d’inizio legislatura, il Movimento 5 Stelle, trasformatosi in icerberg, influenza ma condiziona relativamente l’assetto della maggioranza del Governo Draghi.
Scissioni o passaggi all’opposizione verrebbero diluiti fra i vasi comunicanti del potere: da un lato l’ala governativa guidata da Luigi Di Maio, dall’altro i descamisados di Barbara Lezzi e Nicola Morra pronti a rientrare in un movimento solo di lotta e non più di governo, guidato da un Giuseppe Conte alla ricerca dei voti perduti. Dopo un accordo di compromesso con la piattaforma Rousseau, che rilascerà a Conte gli elenchi degli iscritti in cambio di un cospicuo indennizzo, Davide Casaleggio figlio del cofondatore dei 5 Stelle ha annunciato l’uscita dal Movimento. Una Casalexit che avvia la frammentazione della fine dell’epopea dei “vaffa”.
Una frammentazione che, sommata alla nuova frana elettorale delle amministrative, preannunciata dai sondaggi, ridimensiona di molto la capacità dei 5 Stelle di incidere per l’elezione o per la riconferma del Presidente della Repubblica.

Sui tornanti del Colle conterà la regia dei leader del Pd e la capacità di aggregazione e di interdizione del centrodestra. Dietro le quinte si preferirebbe una scelta o una riconferma condivisa con annessa staffetta col Premier. A seguire si potrebbe optare per l’affidabile essenzialità di Mario Draghi, oppure per una new entry di garanzia appezzata e stimata da tutti i partiti come Marta Cartabia. Una scelta che, dopo la presidenza della Corte Costituzionale, rappresenterebbe la seconda storica ed emblematica inaugurazione di una donna sul Colle.
L’alternativa è quella di un muro contro muro, con il riaffiorare dei franchi tiratori e di tutto il repertorio della melina politica, che verrebbe poi penalizzata alle elezioni.
Sul Nazareno aleggiano i retro pensieri di molte ambizioni. Retro pensieri destinati a rimanere tali o ad essere manifestati. Il poker di candidabili del Pd comprende Romano Prodi, Walter Veltroni, Dario Franceschini e lo stesso Enrico Letta.
Apparentemente senza candidati, per spiazzare Pd e grillini, il centrodestra partirà dalla conferma di garanzia di Mattarella per poi sponsorizzare Draghi e Cartabia.
Come e più che per le amministrative a Roma e Milano, anche il dopo Quirinale avrà un peso sulle prospettive con vista Palazzo Chigi di Enrico Letta, Giorgia Meloni e Salvini. Mentre le capacità di manovra del primo e l’età del secondo mette al riparo da critiche e bruciature Matteo Renzi e Silvio Berlusconi.
