Libia con vista Palermo
Autunno di sangue in Libia, con la vigilia della conferenza di pace di Palermo caratterizzata dal paradossale crescendo di scontri e di vittime.
Mentre la diplomazia italiana è impegnata nell’organizzazione della conferenza in molte aree della ex Jamahiriya la guerra civile si è addirittura intensificata.
“L’omicidio del capo delle Forze speciali di deterrenza di Tripoli, vicine al Governo di accordo nazionale, ha riavviato a una nuova escalation di violenze” spiega l’editorialista e analista Michela Mercuri, docente di Storia Contemporanea dei Paesi mediterranei ed esperta di Libia
- Pace possibile ?
Dopo la tregua mediata dall’Onu e firmata a inizio settembre tra alcune milizie rivali di Tripoli, che sembrava aver posto un labile freno alle violenze, negli ultimi giorni nella capitale si sono registrati nuovi scontri tra gruppi armati. La riapertura delle ostilità potrebbe mettere a ulteriormente a rischio la tenuta del Governo di accordo nazionale e del suo leader Fayez al-Serraj. Recentemente anche l’Alto consiglio di Stato ha espresso seri dubbi sul suo operato, accusandolo di non essere stato in grado di porre fine al divario politico e di migliorare il tenore di vita della popolazione. Una dichiarazione che potrebbe essere il preludio per una ulteriore marginalizzazione dell’alleato italiano, anche in vista del possibile rimpasto del Consiglio presidenziale che l’Alto consiglio di Stato potrebbe votare a breve, su proposta della Camera dei rappresentanti di Tobruk.
- Haftar sempre più protagonista?
Uomo forte della Cirenaica, Khalifa Haftar continua a guadagnare consensi nel sud e nell’ovest libico ma anche a livello internazionale. Durante la visita dello scorso 17 ottobre del Presidente egiziano al-Sisi all’omologo russo Putin a Sochi, i due alleati di ferro del generale libico si sono detti d’ accordo sulla necessità di stabilizzare la situazione in Libia e ripristinare un sistema di sicurezza e legalità condiviso.
- Al Sisi ha in pratica candidato Haftar alla leadership libica?
Si il presidente egiziano ha sottolineato l’impellenza di “riunire l’istituzione militare libica”, con un chiaro riferimento all’inaffidabilità delle milizie locali e all’incapacità di Serraj di controllarle. Un endorsment a favore di Haftar che potrebbe costituire un’ipoteca sul suo ruolo nel vertice di Palermo. Il suo recente viaggio a Roma sembra aprire ad un nuovo dialogo anche con l’Italia.
- Evoluzione dei rapporti di Haftar con l’Italia ?
Nei nei suoi incontri con il Premier Conte e con il ministro degli esteri Moavero Milanesi ha addirittura riaperto ad un possibile ritorno dell’ambasciatore italiano in Libia, Giuseppe Perrone, considerato fino a poco tempo fa “persona non gradita”. E’ probabile che a questo ripensamento abbia anche contribuito la Russia, intenzionata ad avere un ruolo di primo piano al vertice di Palermo.
- Ma la stabilizzazione della Libia è realmente possibile e in che tempi?
Il tema sicurezza che resta il grande problema della Libia. Forti del caos che regna nella capitale i gruppi criminali e le organizzazioni jihadiste, in prevalenza arroccate nell’entroterra libico, hanno il campo libero per portare avanti i loro obiettivi di espansione territoriale, proiettandosi verso la costa. Secondo un recente rapporto delle Nazioni unite, del 27 luglio 2018, vi sarebbero tra i 3.000 e 4.000 combattenti dello Stato islamico sparsi per il Paese. Inoltre, le organizzazioni criminali, forti dell’assenza di un reale controllo, portano avanti indisturbate i loro “affari”, depredando l’economia locale e alimentando i traffici illegali che, dopo il calo delle partenze dei migranti dalle coste libiche, si basano soprattutto sul contrabbando di petrolio e di stupefacenti. Bisogna, poi, considerare anche il ruolo di Saif Al Islam Gheddafi, figlio del rais che continua a operare dietro le quinte.
- Una matassa districabile a Palermo ?
Questo il quadro libico che si presenterà alle cancellerie mondiali durante il vertice siciliano: l’ovest è in mano a milizie solo formalmente vicine al Governo Serraj, ormai isolato anche a livello internazionale, ma di fatto svincolate dal suo controllo. Nell’est Haftar appare sempre più blindato dai suoi alleati che ne assecondano le aspirazioni politiche. Il Fezzan è in mano a gruppi jihadisti e bande criminali.
- Prospettive?
Per tentare di sbrogliare questa matassa non basterà avere al tavolo delle trattative tutti i principali attori regionali e internazionali a vario titolo coinvolti nel teatro libico, Russia e Stati Uniti in primis, ma sarà necessario includere gli attori locali a tutti i livelli: milizie, sindaci, capi tribù ed esponenti della società civile. Non basteranno, dunque, Serraj e Haftar. Solo in questo modo, ascoltando le varie istanze, si potrà proporre una bozza serie e condivisa per un programma di disarmo, per la creazione di un esercito e la messa in sicurezza del paese e porre le basi per una efficace riforma economica e soprattutto per un processo politico capace di condurre alle tanto agognate elezioni.
- E la Francia ?
Parigi oramai auto-proclamatasi competitors dell’Italia avrà due strade. Se davvero il nostro paese riunirà tutti gli attori internazionali più importanti e tutti i vari attori locali libici, anche quelli che non hanno preso parte ai vertici tenuti a Parigi, allora indubbiamente Macron si ritroverà nella situazione difficile di dover prendere parte a questo incontro e “chinare la testa” davanti all’azione italiana. Viceversa, il capo dell’Eliseo potrebbe sfruttare eventuali errori dell’Italia per provare a ritagliarsi un ruolo nevralgico nella stabilizzazione della Libia, cosa cerca di fare da tanto tempo ma, fin qui, con scarsi risultati