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Il genocidio annunciato dell’Afghanistan

Già dimenticata dai media la tragedia dell’ Afghanistan riprecipitato negli orrori del fondamentalismo islamico sta per entrare nella fase del genocidio di un intero popolo. “Una catastrofe umanitaria annunciata, che si può ancora scongiurare” ha affermato l’esperta di cyber security e docente di diritto internazionale all’Università di Bari, Annita Sciacovelli nell’audizione presso le Commissioni Esteri e Difesa del senato.Il genocidio annunciato dell'Afghanistan

Situazione del paese?

L’attuale situazione umanitaria in Afghanistan desta molte preoccupazioni, come ha detto la Rappresentante speciale del Segretario generale e capo della Missione ONU in Afghanistan che l’ha dfinita  “una tempesta perfetta”. È una frase inquietante nel contesto internazionale perché richiama alla mente altre ‘tempeste perfette’ che da decenni minano la pace e la sicurezza di intere popolazioni e delle future generazioni. Penso a Iraq, Siria, Libia e Somalia, tutti Stati devastati da conflitti civili e tribali che sono stati mal gestiti dalle potenze che, in realtà, erano e sono solo interessate a esercitare influenze geopolitiche o a contendersi lo sfruttamento di importanti materie prime.

Che fare? 

Occorre sottrarre il popolo afgano dalla ‘tempesta perfetta’ e soccorrerlo, agendo con rapidità, sinergia e concretezza in prima linea e anche in seno all’ONU e all’Unione europea. Ciò è reso possibile dalla conoscenza della situazione sul campo che sappiamo essere il frutto sia della situazione contingente, l’arrivo imminente di un inverno rigido, la ripresa della pandemia, la grave siccità, l’economia al collasso anche a causa delle sanzioni internazionali applicate dal 2001, sia di problemi strutturali, dipendenza quasi totale del Paese dagli aiuti internazionali, analfabetismo, alta mortalità infantile, scarsità di attività produttive e un alto grado di corruzione.

Il genocidio annunciato dell'Afghanistan
Annita Sciacovelli

Come, visto che il governo dei talebani non é riconosciuto da Europa, Usa e da tutti i paesi occidentali?

Il problema non è il riconoscimento del governo talebano quanto, piuttosto, le sue conseguenze sulla sopravvivenza del popolo afgano. Sopravvivenza che dipende dal congelamento di 9.4 miliardi di dollari, da parte del Dipartimento del tesoro americano, i quali costituiscono le riserve della Banca centrale afgana ( Afghanistan Bank) e che sono depositati presso la Federal Reserve Bank di New York e della sospensione decisa dall’Asian Development Bank e dall’Unione europea, di 1.2 miliardi di euro, nonché il blocco dei fondi per la ricostruzione e lo sviluppo dell’Afghanistan erogati della Banca mondiale e dal Fondo Monetario internazionale, che rappresentano il 42.9% per PIL nazionale. Si tratta di una questione del tutto nuova che pone in prospettiva la rilevanza ‘pragmatica’ e, quindi, anche ‘economica’ e ‘umanitaria’ del riconoscimento di un governo protagonista di gravi e sistematiche violazioni dei diritti umani fondamentali, specie nei confronti delle donne e delle bambine e sia della presenza nell’esecutivo di ministri che figurano nella black list dell’ONU, perché accusati di terrorismo internazionale.

Soccorrere gli afghani senza riconoscere i talebani?

Per scongiurare il rischio che nel Development Program delle Nazioni Unite il rating di povertà del l’Afghanistan passi dall’attuale 72% al 97% nel 2022, occorre non strumentalizzare la questione del riconoscimento del Governo talebano e instaurare un dialogo che consenta di evitare l’isolamento del regime talebano per cercare di spingerlo, per via diplomatica, a formare un governo inclusivo delle minoranze etniche e religiose (azeri, sciiti, uzbeki e tagiki) e che tuteli i diritti del proprio popolo.Il genocidio annunciato dell'Afghanistan

Ci sono spiragli?

Esemplificativa, in proposito, è la riapertura di fatto a Kabul delle ambasciate di Germania, Giappone, Arabia Saudita, Iran, Federazione russa, Turchia e Qatar. Un approccio analogo è stato proposto dall’Alto Rappresentante della politica estera e della sicurezza comune dell’UE, Josep Borrell, secondo il quale  “It’s not a matter of official recognition, it’s a matter of dealing with” i Talebani (“non è questione di riconoscimento ma di avere a che fare” con i Talebani). Il superamento di questa impasse può essere realizzato erogando interventi di assistenza umanitaria nei prossimi mesi, che sono assolutamente cruciali per scongiurare una inevitabile crisi umanitaria e l’ulteriore instabilità nel Paese, che potrebbero spingere il nuovo Governo a incrementare la produzione e il traffico di oppiacei, trasformando definitivamente l’Afghanistan in un narco-Stato, e ad accettare il sostegno economico di Stati o di entità non statuali che sponsorizzano il terrorismo internazionale trasformandolo nuovamente in “safe haven”, un rifugio, per i terroristi di Al Quaeda, dell’ISIS e non solo, mettendo in pericolo la sicurezza regionale e dell’intera Comunità internazionale, senza escludere lo scatenamento di una nuova guerra civile.Il genocidio annunciato dell'Afghanistan

Ruolo dell’Italia?  

Sulla base di quanto fin qui detto, e delle informazioni che ho raccolto sul campo, vorrei formulare alcune proposte volte a stabilizzare la situazione umanitaria dell’Afghanistan, nel termine massimo di sei mesi, come auspicato dalle Organizzazioni umanitarie internazionali che operano a Kabul. Si tratta di attività di cooperazione che dovrebbero essere svolte dall’ONU e dalla Federazione internazionale delle Società della Croce rossa internazionale e della Mezza luna rossa, in quanto si tratta di enti che godono di considerazione e rispetto da parte del Governo talebano, stante la loro imparzialità, lunga presenza e attuale operatività in loco.  Tali attività dovrebbero prescindere dal riconoscimento dell’attuale Governo o dall’apposizione di clausole condizionali di qualsiasi genere per perseguire il solo scopo dell’assistenza umanitaria.

Nello specifico l’Italia potrebbe provvedere alla:

  • – riapertura dell’ambasciata a Kabul, non appena le condizioni di sicurezza lo permettano

  • – partecipare attivamente alle conferenze promosse dagli Stati interessati

  • – finanziare il nuovo Special Trust Fund per l’Afghanistan dell’ONU (seguendo l’esempio della Norvegia che ha impegnato 23 milioni di dollari)

  • – finanziare prioritariamente i progetti già in corso di esecuzione della Croce Rossa internazionale, dell’Ufficio per il coordinamento degli affari umanitari dell’ONU (OCHA) o degli istituti specializzati dell’ONU (FAO, UNICEF e OMS).

  • – sostenere la proposta del Segretario generale di un Meeting a livello ministeriale sulla situazione umanitaria

  • – procedere all’invio urgente di viveri, medicinali e dispositivi medici (come proposto anche dai Governi indiano, russo, inglese, cinese, pakistano e francese)

  • – definire comunque la futura strategia UE-USA-NATO per l’Afghanistan

Nel medio termine poi si potrà pensare alla partecipazione delle nostre aziende alla ricostruzione del Paese; al contrasto della produzione del papavero da oppio, con la progressiva conversione ad altre tipi di colture, e al riconoscimento di diritti alle donne che, come chiarito dai Talebani, sarà in linea con la fede islamica sunnita, considerato che la strada del riconoscimento della parità di diritti richiede un’evoluzione legata al fattore generazionale. A tal proposito vorrei ricordare le parole dello scrittore afgano Khaled Hosseini che diceva “So che, quando questa guerra sarà finita, l’Afghanistan avrà forse più bisogno di donne che di uomini. Perché una società non ha nessuna possibilità di progredire se le sue donne sono ignoranti, nessuna possibilità”.Il genocidio annunciato dell'Afghanistan

 

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Gianfranco D'Anna
Gianfranco D'Anna
Fondatore e Direttore di zerozeronews.it Editorialista di Italpress. Già Condirettore dei Giornali Radio Rai, Capo Redattore Esteri e inviato di guerra al Tg2, inviato antimafia per Tg1 e Rai Palermo al maxiprocesso a cosa nostra. Ha fatto parte delle redazioni di “Viaggio attorno all’uomo” di Sergio Zavoli ed “Il Fatto” di Enzo Biagi. Vincitore nel 2007 del Premio Saint Vincent di giornalismo per il programma “Pianeta Dimenticato” di Radio1.
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