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Rubrica di critica recensioni anticipazioni
by Piero Melati
Ho avuto l’onore (non è affatto una formalità dire così) di entrare nel mondo di Hugo Pratt. Siccome con Pratt sono cresciuto (essendo un autodidatta, più fumettaro e sfondato di musica che intellettuale o persona colta) per me si é realizzato un sogno: stare in un libro insieme al Maestro della letteratura disegnata, colui che – con pochi altri – ha insegnato alla mia generazione chi erano gli scrittori giusti, i sogni da inseguire, le avventure da cercare, gli amori di cui innamorarsi, i viaggi da fare e soprattutto come farli.

Credo di appartenere alla seconda generazione dei prattiani. C’è n’era infatti anche una precedente alla mia, quasi contemporanea a lui. Ma la cosa davvero sorprendente è che ce ne sono anche di successive, e parecchie. Non solo Corto Maltese non è mai scomparso dagli scaffali, ma ho conosciuto ragazzi della generazione X che, più del famoso marinaio, di Pratt amano acquarelli e personaggi precedenti. E che ancora cercano in lui “le storie”.
Ma io posso testimoniare della mia. Ci si passava la prima edizione della Ballata del Mare Salato tipo fosse il santo Graal, insieme ai vinili dei Jefferson o dei Doors. Dalle mani di Alfredo il pirata a quelle di Maurilio l’inglese, da quelle di Enzo u’ ballerino a quelle di Sandro il ricciolino, da Lello il moschettiere a Roberto il motociclista, da Luciana dolce guerriera alla principessa Serenella, da Renato il marsigliese a Mauro il bagatto.
Mani dopo mani la copia si riduceva a tanti coriandolini. Quel romanzo disegnato veniva letteralmente consumato a furia di letture, riletture e transazioni. Se ne dovettero acquistare per questo parecchie edizioni successive. Ma Corto, Rasputin, Bocca Dorata e il Monaco finirono per fare tacca insieme a noi, davanti al bar Lux di Palermo (dove uccisero Boris Giuliano) oppure a Villa Sperlinga (dove lo spettro di Villa Siringa, come poi verrà soprannominata, era ancora estraneo a noi quanto la peste a un corpo in salute).
Poi la Ballata non bastò più. Si passò da Corte Sconta alle Celtiche, dalla Laguna dei bei sogni agli Scorpioni del deserto, canticchiando in coro vecchissime canzoni lanciate da Pratt, come “piccolo chalet gaio come te, dietro il separé ci prenderemo il tè”.
Giunti che fummo al Veleno di Dio, Alfredo sognò di comprare una barca che ospitasse tutti, tipo Arca di Noè. Non c’era stato proprio un diluvio, ma il mondo già iniziava a congelarsi. Il conte Oliver detto Scygall se ne procurò davvero una, con cui abitualmente faceva rotta da Palermo verso Ustica.
Pratt, nel frattempo, è diventato eterno. Oggi, almeno 50, 55 anni dopo la stagione cui ho accennato, si è inaugurata a Palazzo delle Papesse a Siena la grande mostra antologica “Hugo Pratt, geografie immaginarie”: fino al 17 ottobre: più di 300 opere originali, installazioni multimediali, oggetti etnografici in mille metri quadri di esposizione. Un vero labirinto curato da Patrizia Zanotti e Patrick Amsellem. Il catalogo della mostra in tre lingue raccoglie 330 foto, acquarelli, materiale d’epoca e un’avventura completa di Corto con una nuova colorazione curata da Patrizia Zanotti.
In 208 pagine, nel catalogo della mostra viene antologizzata tutta l’opera e la vita avventurosa di Pratt. Non che sia importante, se non per me: per questo catalogo ho scritto “Pratt e la leggenda dell’appuntamento con la favola”, un pezzo che – come dicevo all’inizio – mi onora aver fatto e per il quale non ringrazierò mai abbastanza Patrizia Zanotti, Marco Steiner e tutto il “mucchio selvaggio” di Cong (meriterebbero tutti un pezzo a parte, vi basti qui sapere che sono tutti personaggi decisamente prattiani).
Il mio è un pezzo nel quale spero di avere evocato, insieme a qualche essenziale dato biografico, il senso magico dell’avventura esistenziale di un artista straordinario, la cui vita reale ha superato quelle dei suoi personaggi fantastici.
Come si vede dalla foto, Hugo Pratt é una porta. Una porta che anzitutto, in questo caso, ci fa entrare a Siena, città che contende alla Venezia dello stesso Pratt e di Corto il primato di città più magica del mondo. Se andrete a scoprirla o rivederla, dopo aver visitato la straordinaria mostra su Pratt, potrete attingere ai segreti del Palio e del cavallo “scosso”, ai disequilibri di piazza del Campo, ai segnali esoterici del Duomo (Ermete Trismegisto accanto a Mosè), alla testa-reliquia di Santa Caterina, alla monumentale e attualissima opera del trecentesco Ambrogio Lorenzetti sugli effetti del buon e del malo governo, all’itinerario che lungo il Chianti vi porterà alla Certosa di Pontignano. Scoprirete o riscoprirete così, sbucciando strato per strato la Vs. eventuale disillusione, che la realtà è quella narrata da Pratt e non quella che abitualmente riteniamo che sia.
Raramente nella vita tutti gli universi di cui siamo fatti si fondono in una stessa danza. Vite personali, sogni collettivi, viaggi nel tempo, intimità, apparizioni, immagini, teatro della memoria, affetti, avventure. Qui invece vedrete che avviene veramente, se prima di ogni altra visita passerete prima dalla porta di Pratt, il Grande Incantatore.
