P A G I N E
Rubrica di critica recensioni e anticipazioni
by Augusto Cavadi
L’Esortazione apostolica Querida Amazzonia, emanata da Francesco a chiusura del Sinodo continentale Latino-americano, costituisce un pessimo segnale dello stato di salute della Chiesa cattolica.
A vari commentatori è stato spontaneo vedervi una sconfitta di Papa Bergoglio che – sotto il ricatto di un libro precipitosamente scritto e pubblicato a due mani: il Cardinale Robert Sarah e il Papa emerito Benedetto XVI – ha dovuto rimangiarsi alcune ‘concessioni’ che da molti ambienti (progressisti, con fiducia, e conservatori, con rammarico) venivano considerate ormai imminenti: l’ammissione delle donne almeno ad alcuni ‘ordini’ (il diaconato) e la possibilità di ordinare presbiteri anche uomini sposati (spezzando l’abbinamento secolare fra ministero sacerdotale e celibato obbligatorio).
A ben rifletterci, è davvero una sconfitta per il Papa venuto “dalla fine del mondo”? Nel cortile di casa nostra siamo abituati a capetti che prima aprono i dibattiti, poi – se non hanno l’unanimità dei consensi o per lo meno la maggioranza – fanno un fischio ai quattro scagnozzi superfedeli, sbattono la porta e vanno a fondare un nuovo partito.
Non così i grandi leader. Essi sanno che, se sono a capo di grandi organizzazioni (addirittura planetarie, come la Chiesa cattolica), possono aprire la discussione a trecentosessanta gradi, ma – alla fine – non possono permettersi di spezzare l’unità.
Se Francesco avesse detto sì a preti sposati e alle diaconesse in America Latina non avrebbe avuto argomenti per dire no alle medesime richieste del Sinodo tedesco previsto per ottobre 2020: e, a quel punto, tranne miracoli su cui un credente non può contare pregiudizialmente, la Chiesa cattolica avrebbe subito l’ennesimo scisma.
Una scissione della Chiesa attuale sarebbe stata la sconfitta più clamorosa e definitiva per Francesco. Egli ha preferito – come si dice nel Meridione italiano – perdere anziché straperdere.
Ma allora, a oggi, chi ha perso?
A mio avviso, ha perso un’occasione difficilmente ripetibile l’intera Chiesa cattolica. Essa sta proclamando al mondo intero che neppure un Papa può riformare delle norme che (per quanto storicamente e culturalmente condizionate) la maggioranza della sua Chiesa (o, per lo meno, una forte minoranza) ritiene ancora intoccabili.
Inutilmente fior fiore di teologi hanno, in questi decenni, portato argomenti biblici, storici e logici per dimostrare che la Chiesa cattolica non ha ragioni cogenti per restare l’unica Chiesa cristiana contraria all’ordinazione presbiteriale di uomini sposati e (insieme alle sole Chiese ortodosse) all’ordinazione ministeriale di donne.
Ma la testardaggine ha sempre un prezzo. Francesco, rinunziando alla facoltà di darsi ragione, ha evitato lo scisma eclatante ma non potrà bloccare lo scisma sommerso, silenzioso, continuo in atto ormai da mezzo secolo.
Non potrà fermare quei giovani desiderosi di dedicare la vita al servizio del messaggio evangelico che lasceranno la Chiesa cattolica per altre chiese cristiane (numerosissime proprio in America Latina) dove non gli viene chiesto, quale condizione sine qua non, di castrare la propria dimensione affettivo-sessuale, abbracciando come obbligo giuridico perenne uno stato celibatario che, se mai, ha senso come opzione facoltativa e costantemente rivedibile.
Ma soprattutto Francesco non potrà fermare l’emorragia del popolo femminile. Già erano state umiliate nel corso del Sinodo: gli uomini presenti (anche non Vescovi, anche non Sacerdoti) avevano diritto di voto, le donne (anche se suore) in nessun caso. Hanno stretto i denti in attesa dei risultati: ora che la montagna ha partorito il solito topolino maschilista del “Molte grazie, siete tante e siete indispensabili, ma sarebbe un peccato clericalizzarvi dandovi gli stessi ministeri che da sempre svolgiamo noi in esclusiva!” sarà difficile che ingoino pure questo.
Non prevedo esodi statisticamente clamorosi: qualcuna chiederà di essere ammessa come pastora in chiese di matrice protestante, qualche altra si concentrerà su interessi culturali e professionali del tutto alieni dal mondo teologico.
Ma gli effetti più incisivi e di durata più lunga saranno altri: saranno le nuove generazioni alle quali queste donne presenteranno la Chiesa cattolica non come la migliore delle chiese cristiane, anzi neppure sullo stesso piano delle chiese sorelle, ma come l’ultima roccaforte cristiana di una mentalità patriarcale, maschilista, sessuofobica, gerontocratica. Poco umana e – paradossalmente – poco evangelica.