Il motore del Recovery plan non ha la marcia indietro, può andare solo avanti. Delle fasi del piano nazionale di ripresa, dopo la travagliata messa a punto da parte del Consiglio dei Ministri, l’approvazione del parlamento la settimana entrante e la ratifica fra maggio e giugno da parte della Commissione europea, quella decisiva è la scossa operativa dell’inizio dell’estate, cioè il concreto avvio degli interventi.
Oltre alla spinta ideale e all’impegno politico del Governo per scongiurare il default del Paese, che rischia altrimenti di essere travolto economicamente e socialmente dalla pandemia, uno dei principali impulsi normativi e procedurali che determineranno l’accelerazione del Recovery plan è, come scrive il Premier Mario Draghi: “la riforma per la semplificazione che abroga o revisiona leggi che ostacolano la vita quotidiana dei cittadini, le imprese e la Pubblica amministrazione; interviene sulle leggi in materia di Pa, di contratti pubblici, su norme di ostacolo alla concorrenza, su regole che hanno facilitato frodi o episodi corruttivi”. In altre parole il superamento della burocrazia.
Una scommessa rivoluzionaria che punta a vincere la sfida di traghettare il Paese fuori dall’emergenza e trasformarlo in uno Stato moderno con una democrazia compiuta e, soprattutto, finalmente liberato dal mostro di una burocrazia autoreferenziale.
Una prospettiva che conferisce un valore aggiunto al concomitante 76° anniversario della festa della Liberazione e sottolinea l’affermazione dei diritti dei cittadini rispetto alla negazione dei tempi e dei modi di esercitarli e di usufruirne spesso imposta dalla burocrazia.
Il parto cesareo in Consiglio dei Ministri del recovery plan e il prossimo impatto parlamentare, rappresentano il termometro delle tensioni interne che già da settimane scuotono quasi tutti i partiti.
In Parlamento il prevedibile affollamento di emendamenti e indulgenze clientelari, non dissimile da quello che annualmente viene definito l’assalto alla diligenza del bilancio statale, potrebbe essere tenuto a debita distanza dal probabile ricorso alla fiducia da parte dell’Esecutivo
Lo spartiacque del varo del Recovery plan avvia la duplice nuova fase politica della gestione degli investimenti stanziati e dell’assetto dei partiti, a cominciare dai 5 Stelle.
Come una sorta di nemesi del vaffa, gli effetti negativi del terremoto mediatico e le ricadute del veemente intervento di Beppe Grillo sul processo per stupro che incombe sul figlio, stanno facendo deflagrare il movimento rendendo oltremodo difficile ricomporre il puzzle della rifondazione avviato da Giuseppe Conte come leader designato.
Per il momento i continui distinguo di Salvini nei confronti del Governo consentono al Pd di attaccare e non essere attaccati, rispetto al rischio crescente dell’indeterminatezza dell’alleanza con i grillini sull’orlo dell’implosione. L’opzione di Enrico Letta verso i 5 Stelle potrebbe trasformarsi in un’opa amichevole per evitare la dispersione e l’evaporazione dell’esperienza politica maturata dagli esponenti del Movimento. Un evoluzione che potrebbe rendere più agevole il superamento del “nodo Raggi”, ovvero la ricandidatura della sindaca uscente di Roma. Per il Nazareno l’unità del centrosinistra per il Campidoglio é la chiave di volta della tornata elettorale alle amministrative autunnali che decideranno l’elezione dei sindaci di Roma, Milano, Napoli, Torino Bologna e altri importanti capoluoghi.
Più delicata di quanto non traspaia in superficie la situazione all’interno della Lega. La strategia di Matteo Salvini di procedere per così dire di bolina, interpretando controcorrente rispetto al Governo il disagio dei ristoratori e degli operatori turistici, penalizzati come tutte le categorie produttive dal coprifuoco alle ore 22, si prospetta politicamente delicata.
Tuttavia, puntare i piedi, ma poi eventualmente bocciare assieme a tutta la maggioranza la sfiducia al Ministro della Salute Roberto Speranza presentata in Parlamento dagli alleati del centrodestra di Fratelli d’Italia, più che le contraddizioni evidenzierebbe la difficoltà che il leader della Lega incontra nell’interpretazione day by day dello slogan del partito di lotta e di governo.
Il logoramento del Premier e dell’esecutivo non tiene conto di due elementi essenziali: che la Lega non è determinante per la maggioranza parlamentare e che una eventuale e attualmente impensabile uscita dal Governo comporterebbe una spaccatura interna e un’opposizione prevalentemente su temi sanitari visto che i ministri leghisti hanno condiviso tutte le scelte politiche ed economiche dell’esecutivo, a cominciare dal recovery plan.
Il quo vadis dell’ex vice Premier e Ministro dell’Interno del primo Governo Conte non lascerebbe intravedere, al momento, sbocchi politici. Tranne quello di un congresso della Lega, del quale in via Bellerio si parla con sempre maggiore frequenza…
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Fondatore e Direttore di zerozeronews.it
Editorialista di Italpress. Già Condirettore dei Giornali Radio Rai, Capo Redattore Esteri e inviato di guerra al Tg2, inviato antimafia per Rai Palermo e Tg1