P A G I N E
Rubrica di critica recensioni e anticipazioni
by Adriana Piancastelli
C’è una dote che persino i non Veltronofili sono disposti a riconoscere al Walter nazionale: l’eclettismo.
Il ragazzo si applica, parte da un’ottima base di cultura classica attualizzata dalla preparazione politica “vecchia scuola”, giornalistica per DNA e cinematografica per vocazione.
Si applica e riesce a convincere come pensatore politico, pubblicista, regista e infine scrittore fluido, colorato e dotato del duro, lieve conoscere l’animo umano.
L’ultimo romanzo, presentato alla Casa del Cinema di Roma, è un giallo classico per trama, scrittura, titolo e perfino copertina, “Assassinio a Villa Borghese” Marsilio Editore.
L’amore, si sa, è fatto anche di piccole cose ed il giallo di Veltroni è pieno di grandi amori che affiorano tra le quotidianità di una città che cresce con poco trasporto per il genere umano e non solo.
Il protagonista è Giovanni Buonvino, un poliziotto, come molti uomini della Polizia, profondamente solo.
Non baciato dalla fortuna personale, nè professionale, aggrappato a ciò che resta di una prestanza che fu, amareggiato ma profondamente innamorato del lavoro e della “sua” squadra di poliziotti. “I magnifici sette”, perdenti e poco dotati (….”scelti con la cura di un serial killer…”) trasformati – in una catarsi di piccole cose – in un team vincente di investigatori.
E intorno Villa Borghese, altra vera protagonista del libro.
Il polmone verde del centro di Roma con gli emblematici lineamenti topografici a forma di cuore, scrigno di cultura, di natura, di arte, di ricordi e di testimonianze del bello, in cui nasce per un gioco di fantasia un Commissariato.
Un Ufficio di Polizia definito con un certo cinismo beffardo tipicamente romano un teatro di ladri di merendine che sa diventare il centro di un’attività investigativa vincente con caparbia semplicità dopo il fatidico efferato delitto.
Walter Veltroni ha confessato l’amore (dichiarato anni fa anche da un intenditore di proletari veri come Pier Paolo Pasolini) per i lavoratori delle Forze dell’Ordine: il libro è dedicato ad Antonio Manganelli, grande Capo, molto amato, e lascia trapelare in ogni descrizione con molto realismo, poca retorica, grande efficacia e tanto garbo il fascino sottile della attività del Commissario, da sempre ispiratore di pagine e scenografie piene di mito e di umanità.
Perchè “il Commissario” non smette di piacere? L’Autore ha spiegato una verità lineare e inoppugnabile: perché é espressione di chi fornisce sicurezza districando grovigli e fornendo riposte concrete.
E’ quello che fa l’incredibile Buonvino con i suoi “magnifici sette”. Fa il lavoro di un poliziotto reale con logica, rigore, fantasia, sudore, emozione, ironia, semplicità, rispetto della legge e alla fine produce concretezza.
Lo stile del giallo è piacevole, la trama scorre ed è ben costruita al punto da essere resa – in certi passaggi – simile ad una sceneggiatura sapiente.
Forse si prepara una serie di ulteriori vicende di Buonvino, forse seguirà una fiction televisiva.
E’una lettura che, comunque, fa bene al cuore e non è poco in questi tempi confusi e poco colorati.
E allora per dirla con Woody Allen, altro eclettico prestato al cinema americano, va bene così, Do it again Walter !