“Ci si incontra soltanto quando si vuole la pace” è il commento degli osservatori più ottimisti sul faccia a faccia del 15 novembre a San Francisco tra Joe Biden e XI Jinping, confermato dalla Casa Bianca.

In un mondo diventato ancora più instabile e insicuro, un anno dopo l’ ultimo incontro bilaterale Usa – Cina, al G20 di Bali, il vertice che si terrà in occasione del summit dell’Apec, Asia-Pacific Economic Cooperation, non sarà solo un incontro vis a vis tra i leader delle due principali superpotenze, ma il confronto diretto tra due modelli di governance globale spesso in rotta di collisione.
Mentre crescono le tensioni attorno alle guerre parallele del Medio Oriente e dell’Ucraina, costretta a difendersi dall’invasione da parte della Russia di Putin, sono sempre di più i Paesi non allineati o lasciati ai margini del modello globale occidentale, che ,secondo un’analisi della Cnn, guardano con interesse al “futuro condiviso per l’umanità” promesso da XI Jinping. 
Il presidente cinese ha recentemente riaffermato la sua volontà di presentare la Cina come l’unico Paese in grado di affrontare le sfide del 21° secolo. “I cambiamenti del mondo, del nostro tempo e di portata storica si stanno manifestando come mai prima d’ora”, ha dichiarato alla recente platea del Belt and Road Forum, promettendo che la Cina “compirà sforzi incessanti per raggiungere la modernizzazione per tutti i Paesi” e lavorerà per costruire un “futuro condiviso per l’umanità”.
Come spiegato dalla Cnn, la visione di XI, forte di un terzo mandato presidenziale che di fatto non pone limiti alla sua permanenza al vertice della Repubblica Popolare e del Partito comunista cinese, ambisce ad un rimodellamento dell’attuale sistema internazionale, ” stressando” Stati Uniti e Occidente.
Considerato un rivale dall’Occidente, che ne condanna il regime totalitario, Pechino ritiene che sia giunto il momento di aprire un confronto per rimodellare il sistema e l’equilibrio internazionale in modo da garantire il ruolo in ascesa della Cina.
Per molti osservatori occidentali, questa campagna ha sollevato la preoccupazione che un mondo modellato sugli standard politici ed economici di Pechino sia un mondo che preveda la rigida sorveglianza, la censura e la repressione politica.
In questa fase la spinta della Cina si avvale anche delle difficoltà di Washington, che ad un anno al voto per la Casa Bianca attraversa una delicata fase storica di instabilità tanto all’interno, con tutte le difficoltà create dal caso Trump, quanto sul piano della politica internazionale. Difficoltà che hanno incrinato la leadership globale degli Stati Uniti.
Emergenze sempre più cruenti, come il cambiamento climatico, la guerra in Ucraina e il conflitto israelo-palestinese hanno acuito gli interrogativi sul ruolo di Stati Uniti, Europa ed alleati occidentali.
A questo scenario si aggiungono anche le pressanti richieste avanzate da parte dei Paesi in via di sviluppo, il cosiddetto Sud del Mondo. Richieste di partecipazione allo sviluppo economico globale.
Con molti di questi paesi, dell’Africa e dell’America Latina, la Cina di XI è stata abile a tessere una tela di accordi economici, rafforzando legami e alleanze in grado di fornire a Pechino materie prime e risorse minerarie.
Resta da vedere quante capitali potranno adeguarsi ad un futuro che ricalchi non solo la visione del mondo, quanto il modello interno cinese.
L’incontro tra XI e Biden a San Francisco delinerà le prospettive globali e dirà molto sullo stato dei rapporti tra i due Paesi, ma potrebbe essere anche la nuova e forse la più grande opportunità per Xi Jinping di chiedere e offrire garanzie e di dichiarare obiettivi e progetti della Cina.
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