Grillini addio, Meloni über alles. Salvini non pervenuto. Pd in linea. Piccola nelle proporzioni, ma indicativa delle tendenze, l’ennesima rovinosa sconfitta dei 5 Stelle nell’elezione suppletiva a Roma rischia di smuovere una valanga che progressivamente può investire l’intero quadro politico.

Come già la settimana scorsa a Napoli, i grillini da protagonisti alle precedenti amministrative e politiche, sono precipitati ai margini delle percentuali.
Impressionante il dato del 1 collegio di Roma per Montecitorio, dove nonostante la storica egemonia del Pd e della sinistra, il Movimento 5 Stelle alle politiche del 2018 aveva superato il 17% dei voti. Domenica invece la candidata grillina Rossella Rendina, che pure è un apprezzato architetto, è precipitata al 4,3%.
In pratica un azzeramento, solo in parte attribuibile alla bassa affluenza di votanti e ai disastri addebitati all’amministrazione Raggi. All’evaporazione dei 5 Stelle l’analisi del voto nel centro della Capitale aggiunge la conferma del buon stato di salute del Pd, che elegge alla Camera col 60% il Ministro dell’Economia Gualtieri.
Ma l’attenzione di tutti i commentatori si sta concentrando soprattutto sulla lievitazione, ben oltre il tradizionale elettorato, dei consensi di Giorgia Meloni e di Fratelli d’Italia che pur con un candidato di bandiera, come Maurizio Leo ha superato il 26%.
Il nucleo che può avviare la valanga politica è infatti rappresentato dal doppio effetto grillini addio, Meloni leader in progress del centrodestra. Analisi confermata dalle crescenti difficoltà di Matteo Salvini, sempre più isolato e assediato da inchieste giudiziarie, e dall’incalzante tam tam che dall’interno della galassia dei 5 Stelle preannuncia una eventuale scissione da parte di Luigi Di Maio. 
Secondo le ultime voci di dentro del movimento fondato da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, ed ora coordinato da Vito Crimi, se non dovesse riuscire a riacciuffare la leadership, il Ministro degli Esteri piuttosto che finire in minoranza agli stati generali del Movimento preferirebbe fondare una sorta di Di Maio party, un ressemblement stile Macron, al quale è già prevista l’adesione di almeno 50 deputati e di una decina di senatori.
Secondo alcuni parlamentari 5 Stelle, si potrebbe addirittura assistere ad una battaglia giudiziaria per il controllo del simbolo del M5S fra ortodossi e scissionisti.
La concomitanza col marasma della situazione provocata dal coronavirus, sta dilatando i tempi del braccio di ferro bipolare, nella maggioranza di governo e nel centrodestra, per la scelta dei candidati per le regionali del 31 maggio in Campania, Liguria,Marche, Puglia, Toscana e Veneto.
Un test decisivo per le prospettive politiche di Di Maio, Salvini e Renzi. Mentre Giorgia Meloni e il Premier Giuseppe Conte possono permettersi di valutare dalla riva del fiume chi fra gli antagonisti annaspa maggiormente e chi invece è arrivato al capolinea.