Pubblichiamo una sintesi dell’analisi costi benefici relativa al ponte sullo stretto di Messina realizzata da Bridges Research, l’ Onlus che promuove la ricerca nell’ambito delle politiche dei trasporti ponendosi “dalla parte dei contribuenti”. Una disamina che aggiunge ulteriori perplessità ai già notevoli dubbi sulla realizzabilità geosismica dell’opera.
by Francesco Ramella*
La leva del Ponte non può sollevare la Sicilia. E se la Sicilia non cresce, l’opera sarà un’altra cattedrale nel deserto.
Forse per il Ponte sullo Stretto di Messina è la volta buona(?). Il Ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, sembra determinato a portare a termine il progetto. Non è attualmente disponibile una valutazione economica dell’investimento e, anzi, il titolare del dicastero ha fatto intendere di considerare l’analisi costi-benefici come un’inutile incombenza: «Bisogna osare come fecero Michelangelo e Raffaello».

Il parallelo sembra un po’ azzardato. Si tratta pur sempre di decidere di investire 13 miliardi (e a consuntivo probabilmente qualcuno in più). Soldi che saranno sottratti ad altri impieghi di persone e imprese o che andranno a gravare sul nostro già ingombrante debito pubblico.
Forse, fare qualche conto sulla redditività sociale del progetto non è poi una così cattiva idea.
È questo l’obiettivo di un’analisi costi-benefici di Bridges Research, e che porta a esprimere una valutazione negativa in merito alla fattibilità economica della realizzazione del collegamento stabile dello Stretto pur assumendo che tutti i traffici dei servizi di traghettamento tra Villa S. Giovanni e Messina (pari al 90% del totale dei flussi) siano acquisiti dalla nuova infrastruttura e nell’ipotesi che non sia previsto un pagamento di pedaggio per l’utilizzo della stessa (la più favorevole per la valutazione). I costi superano i benefici per un ammontare stimato pari a 3,6 miliardi.
Il ponte apporterebbe significativi vantaggi in termini di riduzione del costo di trasporto per le Province di Messina e Reggio Calabria che vedrebbero di conseguenza un aumento molto rilevante della mobilità.
Più limitati sono gli impatti per le altre Province di Sicilia e Calabria e quasi trascurabili quelli sulle lunghe distanze; per questi collegamenti, infatti, la variazione di costo è pari a pochi punti percentuali.
È verosimile che la realizzazione del ponte determini lo spostamento su ferrovia degli spostamenti in aereo tra Catania e Napoli e di una parte di quelli tra Catania e Roma; più marginale, in considerazione del permanere di un elevato divario tra i tempi di trasporto delle due opzioni, sarà prevedibilmente l’impatto sui flussi da e per il centro-sud che fanno capo a Palermo e ancor più per i collegamenti con il nord Italia.
Parametro determinante ai fini della valutazione complessiva è il tasso di crescita della domanda che, alla luce delle attuali prospettive di evoluzione demografica ed economica delle regioni meridionali e dell’Italia nel suo complesso, si è assunto nullo.
Il progetto raggiungerebbe il punto di pareggio tra costi e benefici nell’ipotesi di un tasso annuo di crescita della domanda nei prossimi quattro decenni pari all’1,7% all’anno equivalente a un raddoppio rispetto al livello attuale. Considerato che si prevede che la realizzazione del ponte raddoppi all’incirca i flussi in attraversamento dello Stretto nel primo anno di esercizio, questa ipotesi comporterebbe che tra quarant’anni il numero di persone che utilizzerà la struttura sarà pari a più di 40 milioni all’anno.
È diffusa la convinzione che questa, come altre “grandi opere”, possa essere un “volano per la crescita” ma le evidenze empiriche relative sia all’Italia sia all’Europa contraddicono questa tesi. D’altra parte, la realizzazione del ponte interesserebbe un segmento molto limitato della domanda di mobilità complessiva della Sicilia e, a fortiori, di Calabria e dell’Italia.
Come ha scritto l’economista dei trasporti Yves Crozet in riferimento alla rete dell’alta velocità in Francia: “la lezione principale è la debole relazione tra i guadagni di velocità e lo sviluppo locale e regionale. I dati sull’occupazione rivelano l’assenza di una chiara relazione tra l’arrivo dell’alta velocità e le dinamiche del mercato del lavoro. Altri fattori, economici e demografici, sono all’opera. Possiamo illustrarlo utilizzando la famosa formula di Archimede: «Dammi una leva sufficientemente lunga e un solido fulcro e solleverò il mondo. » Per quanto riguarda l’alta velocità, la leva è il risparmio di tempo e il fulcro è il numero di viaggiatori. Ma rispetto alla massa da sollevare, un’area di diverse centinaia di migliaia di posti di lavoro, il risparmio di tempo di poche centinaia o migliaia di passeggeri non offre né un forte fulcro, né una potente leva. L’alta velocità non può cambiare il volto del mondo, specialmente nelle regioni che perdono abitanti”. Non potrebbe farlo neppure il ponte sullo Stretto di Messina.
La decisione di realizzare l’opera dovrebbe quindi essere condizionata al manifestarsi di una consolidata situazione di crescita economica e non viceversa.
In questo caso “cambiando l’ordine dei fattori” il risultato muta radicalmente; la costruzione del ponte in uno scenario di economia stagnante e di declino demografico si tradurrà, con elevata probabilità, in un’altra cattedrale nel deserto.
È da rilevare, infine, come una quota largamente maggioritaria, intorno all’85% dei benefici dell’opera siano attribuibili al trasporto su gomma. È verosimile che nel caso di realizzazione di un ponte solo stradale il bilancio economico risulterebbe meno negativo e potrebbe avvicinarsi all’equilibrio economico.
- Prof. Francesco Ramella Direttore esecutivo di Bridges Research e docente di trasporti all’Università di Torino