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Un passo oltre l’anti mafia

by Augusto Cavadi

Quando mi si chiede  – come di recente il collega Leandro Limoccia dell’Università di Napoli – di conversare con giovani studenti universitari per fare il punto sulla situazione del contrasto al sistema mafioso siciliano, ritengo necessario chiarire – preliminarmente – cosa intendo per mafia.

Infatti capita di assistere, su questa tematica, a scontri anche duri fra protagonisti e studiosi della storia contemporanea che nascono da visioni parziali del fenomeno.Un passo oltre l'anti mafia

Come nella parabola orientale dei ciechi che palpano un elefante e litigano perché uno, toccando la proboscide, sostiene che sia come un serpente; un altro, toccando una zampa, che sia come un albero; un altro ancora, toccando la coda, che sia come una funicella…Hanno tutti ragione ma, nel momento in cui assolutizzano il frammento, scivolano nel torto.

Fuor di metafora: la mafia é un’associazione di criminali, con un suo apparato militare, che mira all’acquisizione di potere e denaro. Ma i circa cinquemila “uomini d’onore” in servizio permanente effettivo non eserciterebbero il condizionamento che esercitano se non potessero contare su una molto più ampia cerchia di cittadini (secondo il collaboratore di giustizia Tommaso Buscetta, circa un milione di siciliani) che spalleggiano, difendono, supportano i mafiosi o per complicità, affinità culturali, interessi privati o per timore di rappresaglie violente in caso di disobbedienza.

Se questa  rappresentazione della mafia (che mutuo, con qualche modifica, da Umberto Santino che non a torto parla di “paradigma della complessità”) è, sostanzialmente, corretta, si può sintetizzare la situazione dell’anti-mafia con l’immagine del bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto. Vediamo, un po’ più in dettaglio, perché.Un passo oltre l'anti mafia

  • In quanto organizzazione criminale la mafia é stata incrinata da uno sforzo enorme delle autorità giudiziarie che hanno pagato il loro impegno con la vita di numerosi magistrati, poliziotti, testimoni di giustizia, professionisti interpellati come consulenti (senza contare figure gigantesche come il prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa che non rientra in nessuna delle categorie evocate). Negare i successi dello Stato democratico da questo punto di vista sarebbe falso storicamente e ingiusto verso chi ha contribuito – per fortuna anche sopravvivendo – con intelligenza e generosità a realizzarli.

Ovviamente nessun trionfalismo deve indurre ad abbassare la guardia per almeno due ordini di considerazioni. Intanto perché non sappiamo quanto perdurino le relazioni clandestine fra settori dei Servizi segreti e gruppi criminali e, dunque, se siano scongiurati i rischi di stragi dimostrative o di attentati a esponenti apicali della lotta alla mafia. Comunque, a prescindere dai pericoli  nascosti, ce ne sono di palesi: l’azione repressiva delle autorità giudiziarie è messa a dura prova dalle modifiche legislative sulle intercettazioni telefoniche, i limiti temporali per le dichiarazioni dei ‘pentiti’, le prescrizioni…Un passo oltre l'anti mafia

In ogni scenario possibile, poi, vanno continuamente implementati la preparazione professionale e i mezzi delle Forze dell’Ordine per mantenere l’una e gli altri al passo con i progressi tecnologici.

  • Il (parziale) ottimismo per i colpi inferti alla mafia come soggetto militare sminuisce se la si considera in quanto soggetto politico che vuole condizionare interi territori esercitando potere sia mediante le istituzioni statali che direttamente. Qui bisogna decostruire il luogo comune della mafia come “anti-Stato”: sin dalle sue origini ottocentesche, essa cerca di infiltrarsi nello Stato tanto quanto pezzi di Stato cercano l’alleanza coi mafiosi. Più esatto dire che la mafia entra in collisione con quegli esponenti dello Stato democratico che si frappongono al suo perenne tentativo di farsi Stato. Da questa angolazione non si può negare che il contrasto al dominio mafioso mostra delle crepe vistose: personaggi politici di primo piano condannati in tre gradi di giudizio per reati connessi al sistema mafioso, una volta scontate le pene, sono tornati a svolgere un ruolo pubblico, sino a dichiarare l’appoggio a candidati al Parlamento siciliano e alla guida di grandi città.Un passo oltre l'anti mafia

La crescente disaffezione nei riguardi della cosa pubblica e la conseguente diminuzione dei cittadini che usano “l’arma della matita” nelle urne elettorali (di cui parlava Paolo Borsellino) non possono che agevolare il monopolio degli spazi istituzionali da parte di politici o mafiosi o sostenuti da ambienti mafiosi.Un passo oltre l'anti mafia

  • Un bilancio altrettanto insoddisfacente si deve ammettere se la mafia viene considerata come soggetto economico. Le sue finanze sono floride perché ai vecchi metodi del ‘pizzo’ (di valore simbolico irrinunziabile) si sommano nuove occasioni di profitto (contrabbando di armi, gestione dei flussi migratori, sfruttamento della prostituzione, spaccio di stupefacenti anche a bassissimo costo, appalti per grandi opere pubbliche per lo più inutili). Magistrati e associazioni di cittadini come “Addiopizzo” denunziano un fenomeno paradossale: sempre più spesso il commerciante cerca il contatto con il boss prima ancora  che il boss cerchi il contatto con lui. Addirittura si moltiplicano i casi di imprenditori che trovano conveniente non limitarsi a cooperare con i boss, ma diventare essi stessi boss. Le cronache sono puntellate da casi clamorosi di imprenditori processati per comportamenti bordeline mafiosi. Sono stati inquinati perfino settori come quello delle confisca dei beni mafiosi in cui si registrano importanti successi.  Come se ciò non bastasse, i commercianti che denunziano gli estortori vengono sottoposti dalle stesse istituzioni statali a boicottaggi incredibili, come racconta nel suo recentissimo libro autobiografico, E tu sai chi sono io? Storia di una ribellione al pizzo, il testimone di giustizia Nino Miceli (cfr.https://www.zerozeronews.it/un-miracolo-denunciare-la-mafia-e-sopravvivere-ai-boss-e-alla-falsa-antimafia/ ).Un passo oltre l'anti mafia

In questo ambito tematico restano tanti nodi da sciogliere: incrementare la finanza davvero etica; democratizzare il prestito (anche il piccolo prestito); legalizzare le droghe leggere (come auspicava Giovanni Falcone); intervenire incisivamente nella lotta all’evasione fiscale per una più equa della distribuzione dei beni e dei servizi.

  • Controverso, infine, il bilancio sulla mafia come soggetto pedagogico che crea consenso alternando la seduzione corruttiva (anche culturale) con l’intimidazione violenta. Infatti mi pare di constatare che alcuni modelli (il “capo dei capi”) e alcune espressioni di offesa (“Sei uno sbirro”) siano in calo presso le nuove generazioni: dirsi “mafioso” non è più un’autodefinizione esaltante come mezzo secolo fa.

Tuttavia ci sono elementi, anche da questa angolazione, che non permettono nessun compiacimento rassicurante. Infatti la campagna promozionale della Ditta-mafia non conosce interruzione: prima che minacciare, essa preferisce offrire peloso soccorso come liquidità ad aziende in crisi o assistenza agli indigenti in tempi di pandemia o raccomandazioni a professionisti ambiziosi (da medici che aspirano al primariato a avvocati che ambiscono a poltrone in consigli d’amministrazione di enti pubblici).Un passo oltre l'anti mafia

Al di là di questi fenomeni, abbastanza in linea con la tradizione, si assiste oggi ad una colonizzazione del “senso comune” da parte della mentalità mafiosa: singoli, associazioni, partiti pensano e agiscono come se lo Stato di diritto non potesse più  determinare limiti invalicabili all’arbitrio soggettivo. Anzi, addirittura, sono i governi di Stati grandi e piccoli che calpestano platealmente qualsiasi norma di diritto internazionale: diventa sempre più difficile distinguere i modi di vari leader politici dallo stile dei capimafia.

Se le visioni-del-mondo più diffuse sul pianeta si vanno  ‘mafiosizzando’ é necessario un salto di qualità dalle vecchie (e lodevoli) iniziative di educazione anti-mafia ad una rivoluzione culturale in direzione di orizzonti inediti. Forse non basta più opporsi ai codici culturali mafiosi sempre meno differenti dai codici culturali condivisi dalla maggioranza degli abitanti della Terra (a cui il capitalismo occidentale  insegna il primato assoluto del potere e del denaro su ogni altra dimensione della vita), ma sforzarsi di andare oltre le contrapposizioni secondarie verso una “spiritualità laica” – potenzialmente universale – che attesti la convenienza di alcune “buone pratiche” ai fini della felicità possibile sulla Terra: l’esercizio del senso critico, il piacere della conoscenza, la gioia della contemplazione della bellezza naturale e artistica, la compassione verso tutti gli esseri viventi, la postura nonviolenta e così via.

La cultura anti-mafia ha svolto un ruolo prezioso, ma come ogni “anti” rischia la dipendenza da ciò a cui si oppone: probabilmente é arrivato il momento di lavorare per una cultura talmente innovativa da strappare le radici stesse della filosofia mafiosa. Un passo oltre l'anti mafia

 

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Giornalista pubblicista, Filosofo. Fondatore della Scuola di formazione etico-politica Giovanni Falcone di Palermo
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