La politica volta pagina e apre un nuovo ciclo. Sta per nascere un nuovo Governo con molte più speranze che interrogativi.
E’ come se la XVIII^ legislatura iniziasse ora, con 15 mesi di ritardo. Il clamoroso autogol di Matteo Salvini ha innescato una inaspettata, e per certi versi miracolosa, reductio ad unitatem, cioè una ricomposizione dell’unità e dell’ordine naturale della cose.
A cominciare dal ritorno al rispetto delle prerogative costituzionali di un Presidente del Consiglio non più politicamente subalterno nei confronti dei vice Premier leader dei due partiti di maggioranza.
Dietro il braccio di ferro su Ministeri e spoil system, la svolta più profonda è quella determinata dall’alleanza politica omogenea fra grillini e dem. Per il movimento post ideologico dei 5 Stelle, che assieme a tutte le frangie dell’anti politica, dai no tav, ai no vax, no Euro, no Tap, no Muos, Forconi e così via, ha coagulato in questi anni il disagio e la rabbia dei cittadini contro la corruzione e gli sperperi dei partiti, l’incontro con la solida tradizione di un Partito Democratico erede delle più radicate forze popolari del Paese rappresenta un notevole innesto di concreta esperienza politica.
Un innesto che per entrambi si inscrive nelle esigenze della società civile. Lo evidenziano i temi delle diseguaglianze e della green economy, sottolineati dal segretario del Pd Nicola Zingaretti, e gli impegni per l’occupazione giovanile, lo sviluppo e la legalità rilanciati da Luigi Di Maio.
Al battesimo del Giuramento al Quirinale, all’inizio della settimana entrante, davanti al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, esempio e garanzia di maieutica costituzionale, si appresta dunque a presentarsi un esecutivo di svolta e di legislatura con peculiarità che lasciano intravedere la netta prevalenza delle speranze sui timori.
L’integrazione fra le due ritrovate anime della nuova maggioranza giallo rossa si prospetta infatti notevolmente più coesa e genuina rispetto alla negazione della politica rappresentata dal contratto di governo fra Lega e 5 Stelle. Che difatti hanno proseguito a contrapporsi in una campagna elettorale senza esclusione di colpi, ma esiziale per le istituzioni, su infrastrutture, autonomie regionali, flat tax, Europa, politica estera, immigrazione, Giustizia e sicurezza, per citare soltanto gli scontri più clamorosi.
Risolte le problematiche dell’attribuzione dei Ministeri, problematiche in qualche caso anche imbarazzanti, come il tormentone della Vice presidenza del Consiglio per Di Maio, il Premier saldamente riconfermato Giuseppe Conte procederà al varo dinnanzi al Parlamento del 66° Governo della Repubblica.
E da metà settembre collauderà nel mare aperto delle difficoltà della legge di bilancio e lungo gli stretti degli equilibri sociali e internazionali, l’affidabilità di un esecutivo sul quale si stanno accumulando le speranze e gli ideali dell’Italia bella, come l’ha definita Zingaretti, che vuole crescere e modernizzarsi, offrire prospettive e lavoro ai giovani e continuare ad essere un faro di civiltà, cultura e arte.
Un “September Morn” della politica italiana con un inedito orizzonte istituzionale e programmatico.
Un orizzonte che potrà essere incrinato soltanto dalle ricorrenti lacerazioni del Pd e della sinistra, per non parlare delle incontrollate fibrillazioni dei 5 Stelle, che comunque in una prospettiva medio lunga sembrano destinati ad essere “inglobati” ed elettoralmente riassorbiti dal Partito democratico.
Diametralmente opposti gli scenari sul fronte delle opposizioni. Il non ancora compiutamente spiegato autogol, o peggio boomerang, della fallita fuga di Ferragosto verso le elezioni di Salvini rischia di provocare conseguenze irrecuperabili per il centro destra e soprattutto per lo stesso leader della Lega.
Il tramonto delle prospettive elettorali lascia in mezzo al guado Giovanni Toti e i secessionisti degli ultimi giorni che hanno abbandonato Silvio Berlusconi. L’implosione di Forza Italia paradossalmente potrebbe inoltre rafforzare la maggioranza giallo rossa e in particolare l’ala renziana del Pd.
La lunga marcia di Salvini all’opposizione si preannuncia carica di insidie e veleni, interni e internazionali. E come già bisbiglia la rinata opposizione interna della Lega, far saltare la mosca al naso all’ex vice Premier e Ministro dell’Interno.