Tempeste di sabbia e sangue impastate dalla guerra civile sulle dune della costa libica.
Sotto la coltre dell’uscita di scena del Premier Fayez al-Sarraj, divampano le fiamme delle faide che da tribali sono lievitate sul petrolio e sui giacimenti di gas e le risorse minerarie della Libia, fino a trasformarsi in un conflitto internazionale che coinvolge turchi, russi, egiziani e arabi. Le dimissioni annunciate di al Sarraj aggrovigliano ulteriormente conflitti e tensioni e determinano un effetto polveriera.
“Invece di semplificare la situazione, l’uscita di scena di Sarraj può complicarla ulteriormente” spiega l’analista ed editorialista Arduino Paniccia, docente di studi Strategici e Presidente della Scuola di Competizione Economica Internazionale di Venezia.
Perchè?
Per la corsa armata che può scatenarsi per occupare la premiership lasciata libera da Sarraj, abbandonato da quelli che fino a ieri erano i suoi maggiori supporter, i turchi e i politici fratelli musulmani che dopo averlo sostanzialmente usato e bruciato hanno deciso di cambiare cavallo
Forze e leader in campo ?
Il probabile successore di Sarraj é il suo vice Ahmed Maiteeq che è andato da Erdogan e poi da Ankara si è recato a Mosca in cerca della benedizione russa.
Altri aspiranti Premier sono il Presidente del Parlamento di Tobruk Aguila Saleh Issa ed il generale Kalifa Aftar, entrambi spalleggiati dal Cremlino e dall’Egitto.Teoricamente tutti chiedono le stesse cose: elezioni, nuova Costituzione, Banca Centrale unica, gestione unitaria delle risorse petrolifere. Ma Misurata nell’ombra cerca più potere, chiede nuovi componenti del comitato di presidenza e più tecnici meno legati alle potenze estere.
L’uscita di scena di Sarraj avrà conseguenze per l’Italia?
E’ presto per dirlo, ma certo per il nostro paese e anche per la Francia si apre una fase nuova che presenta incognite e prospettive. Prospettive legate al ruolo che l’Eni riesce comunque a salvaguardare in Libia.
Chi si avvantaggerà maggiormente nel dopo Sarraj?
Oltre alla Turchia l’Egitto, con Al Sisi che punta su due carte: quella della nuova svolta, con Saleh, oppure l’usato sicuro e militarmente più organizzato Aftar.
Scenari?
Ankara, Mosca, Egitto ed Emirati arabi non molleranno la presa sul petrolio libico e i turchi il loro attuale neo ottomano protettorato sulla Cirenaica. La grande assente è l’ Europa che non ha un piano d’intervento per una situazione delicata come quella mediterranea. Le dimissioni di Sarraj non renderanno la Libia un paese realmente indipendente, né disinnescheranno la guerra civile e la continua tragedia degli immigrati, ma possono forse innescare una discontinuità rispetto alla linea infinita di orrori e tragedie del dopo Gheddafi.