L’agricoltura italiana sempre più in mano cinesiCina piglia tutto. America Latina, Africa, Europa. Un rullo compressore di investimenti e acquisizioni. Con quali prospettive concrete? Cosa rappresentano i 107 miliardi di dollari investiti in un quinquennio in America Latina e gli ulteriori 17 miliardi di euro cash degli ultimi accordi commerciali in Africa?
A quali strategie economiche risponderanno in Europa i grandi gruppi industriali e finanziari, le infrastrutture e le aziende agricole italiane acquistate a ritmo crescente dai cinesi ? Scenari e analisi stanno confluendo nei dossier all’esame del G7 di Taormina, dove i leader europei si attendono un confronto con il Presidente americano Donald Trump sulla politica di contenimento della globalizzazione made in China stoppata sul versante asiatico.Più discreto rispetto alle acquisizioni della Pirelli, dei motoscafi Ferretti, dei bolidi De Tommaso, dell’Inter, delle Banche e della Syngenta, la più importante azienda europea produttrice di sementi e pesticidi, procede invece senza clamori e pubblicità il passaggio in mani cinesi di decine e decine di aziende agricole in Piemonte, Emilia Romagna,Toscana, Puglia, Campania, Sicilia.
Una sorta di operazione “zolla gialla” destinata a fare schizzare molto più in alto i dati rilevati sul territorio dalla Coldiretti. Dati che per il 2015 evidenziavano già un + 32% della crescita della presenza di gruppi investitori cinesi in Italia con interessi che vanno dall’auto alla moda, fino all’agroalimentare, con un giro d’affari di quasi 10 miliardi di euro.
Quasi tutte le acquisizioni agricole vengono effettuate da Ren Jianxin, presidente della più importante azienda chimico-farmaceutica del pianeta, la ChemChi, China National Chemical Corporation, che dispone di fondi che si aggirano intorno ai 500 miliardi di euro, pari al Pil di Grecia, Portogallo, Slovenia, Croazia e Macedonia messe assieme. Nazioni la cui agricoltura è già nelle mani della ChemChi, che a sua volta attraverso Ren Jianxin, esponente del vertice del Partito Comunista cinese, è in mano al governo di Pechino che possiede il 96% delle azioni.
Duplice l’obiettivo di “zolla gialla”: i prodotti agricoli italiani, in particolare frutta, agrumi, pomodori e ortaggi, sono destinati alle tavole cinesi, mentre per le aziende agricole è già in corso una riconversione. Produrranno soia, girasoli e derivati,come prevede la politica agricola di Pechino, incuneatasi nel cuore dell’Europa.