Nemesi politica e autoanalisi costituzionale dell’organo di autogoverno della Magistratura.
Dai roventi casi Borsellino e Falcone, il primo inquisito e il secondo clamorosamente bocciato, all’ estate del Corvo, alle lacrime di coccodrillo del dopo stragi di mafia, ai veleni e al gioco al massacro del Palamara-Gate: il Csm è davvero all’anno zero.
Le elezioni suppletive di ottobre per sostituire i magistrati dimissionari, dati in aumento, segnano un punto di non ritorno delle distorsioni di ruoli e funzioni e dei mortificanti giochi di potere dei quali negli ultimi 35 anni è stato protagonista Palazzo dei Marescialli.
Non un indipendente ed autonomo confronto di opinioni e di valutazioni sui meriti dei magistrati da designare per gli incarichi direttivi, ma giochi di potere per il potere delle correnti e non nell’interesse esclusivo della collettività.
In attesa delle valutazioni della Procura di Perugia e del vaglio processuale, il Palamara-Gate ha già avviato l’elaborazione di una profonda autoanalisi della magistratura.
Un’elaborazione che dopo la ripartenza autunnale della 15^ Consiliatura, per non essere fine a se stessa, dovrebbe concretizzare la riforma dei criteri di candidatura ed elezione del componenti togati del Csm e codificare una imparziale e rigida procedura per le selezioni, le designazioni e le nomine degli incarichi semi direttivi e soprattutto direttivi.
Criteri e procedure che garantiscano indipendenza, meriti, esperienze e attitudini dei vertici dei 26 distretti di Corte d’Appello dell’Italia e che garantiscano l’incomprimibile e non condizionabile diritto dei cittadini ad una giustizia imparziale.
Un nuovo Csm in grado di interpretare appieno lo spirito e la lettera della Costituzione. Nulla di più, ma soprattutto nulla di diverso.