Pubblichiamo l’intervista rilasciata al Giornale di Sicilia dall’editorialista MassimoTeodori
From a private church service to the oath to the inaugural balls, watch President Trump celebrate his inauguration https://t.co/c05EwKNeOX pic.twitter.com/jK5LbPFhtK
— CNN (@CNN) January 21, 2017
L’America e il mondo vivono il Trump day alternando speranze e apprensioni. L’insediamento del 45° Presidente degli Stati Uniti rappresenta la madre di tutte le svolte. Sotto il profilo della politica estera, economica, della difesa, del confronto col Congresso e dei rapporti strategici, a cominciare con Europa, Nato, Russia e Cina. Una Presidenza tutta da scoprire, una sorta di stress test per la democrazia americana. Dopo 230 anni esatti il nuovo inquilino della Casa Bianca potrà verificare l’attualità della Costituzione o interpretarne la profonda essenza democratica.
Intanto, dopo i fuochi d’artificio della campagna elettorale e della transizione, la parola chiave del nuovo Presidente è America first, prima l’America: “Non è un caso – sottolinea l’editorialista e storico degli Stati Uniti, Massimo Teodori – che alcuni tra i più importanti giganti della Silicon Valley si siano affrettati a stabilire un buon rapporto con Trump, a cominciare da Bill Gates che addirittura lo ha indicato come un nuovo potenziale John Kennedy”
- Una Presidenza innovativa o l’espressione dell’America profonda?
Comunque di svolta. L’elezione di Trump è stata di per sè una frattura con la storia dei Presidenti degli Stati Uniti. Basta dire che il personaggio viene dall’esterno del partito Repubblicano e che si è imposto contro il partito stesso, che conserva ancora nella rappresentanza al Congresso una consistente parte di ostilità al neo-presidente.
La storia dell’ultimo secolo insegna che gli americani aspirano all’alternanza presidenziale tra democratici e repubblicani secondo un ritmo temporale, grosso modo corrispondente agli otto anni del doppio mandato presidenziale. Nel 2008 votarono in maggioranza per Barack Obama, il candidato democratico ritenuto il più lontano dall’integralista repubblicano George W. Bush. E a novembre scorso si sono massicciamente orientati verso l’anomalo candidato repubblicano Trump per introdurre una discontinuità del potere con l’alternanza tra partiti contrapposti. Anche questa è la democrazia americana.
- Trump un secondo Reagan? Quali differenze fra Ronald e Donald ?
Un editorialista del New York Times ha scritto che l’unica cosa che si può predire è l’imprevedibilità di Trump. Occorrerà vedere se alle molte dichiarazioni episodiche ed eclatanti dell’eletto fatte prima e dopo l’elezione popolare che cosa corrisponde nella realtà della politica reale. Allora e solo allora si potrà dire che Presidente sarà Trump.
- In Europa, a parte l’Inghilterra, chi si gioverà della nuova Presidenza?
Sembra certo che Trump sia decisamente nazionalista, antiglobalista ed antieuropeo. Se questi atteggiamenti saranno convalidati da atti politici, solo l’Inghilterra fuori dall’Europa potrà giovarsi di un rapporto bilaterale. Poi forse vi sarà la consonanza degli Stati Uniti con tutte le forze e i regimi di impronta populistico-autoritaria.
- A guidare l’ “opposizione” europea soltanto la Merkel?
E’ difficile parlare di opposizione in un sistema che, nonostante tutto ha i vincoli dell’alleanza atlantica e della Nato, fino a prova contraria.
- L’intesa con Putin preclude ad una nuova Yalta, cioè ad un nuovo accordo globale Usa Russia?
Il realismo del neo-presidente nei confronti di Putin e della lotta prioritaria al terrorismo è confermato dalla scelta di Henry Kissinger come principe dei consiglieri.
- In Asia, America Latina e Africa chi si dovrà preoccupare di più ?
Staremo a vedere se le palle infuocate lanciate contro la Cina resisteranno allo logica degli equilibri del debito nazionale detenuto in buona parte dal paese asiatico.
- Diversi opinionisti ritengono che Trump non finirà il mandato per eccesso di “esagerazioni”. È possibile?
Si. Diversi opinionisti dei grandi giornali liberal come il New York Times hanno scritto dopo l’elezione dell’8 novembre che la Presidenza non durerà molto. Si tratta naturalmente di opinioni dietro le quali c’è l’ipotesi che si possano accertare dei reati specifici da addossare al Presidente. In questo senso le ipotesi di manipolazioni di Mosca o addirittura di una qualche “intelligenza” con la Russia può essere la buccia di banana. Ma prima di iniziare un qualsiasi procedimento di delegittimazione del Presidente occorre passare attraverso procedure nel Congresso, che non sono così ovvie e semplici come si pensa.
- Nel caso di impeachment di Donald Trump il sistema americano reggerebbe ?
Non parlerei ora di messa in stato d’accusa: è troppo presto e troppo ipotetico. Certo è che Obama ha voluto che l’inchiesta delle diverse agenzie dell’intelligence, CIA, FBI e NSA, arrivassero non solo ai due Presidenti, vecchio e nuovo, ma anche al Comitato della sicurezza del Congresso presieduto dal senatore Repubblicano McCain, che ha dichiarato che bisogna andare fino in fondo sulle interferenze della Russia.