Laticlavio o Washington? Anche se ha ancora almeno un mese per pensarci, Mario Draghi lo deciderà durante i weekend estivi nel casale di famiglia in Umbria, sulle colline che circondano il Lago Trasimeno nei pressi di Città della Pieve, in provincia di Perugia.
Con discrezione, sui colli e nei palazzi istituzionali romani si attende infatti un suo riscontro.
La credibilità e l’indiscussa caratura economica, pubblicamente riconosciuta dal Presidente Trump e dalla Cancelliera Merkel, dalla City di Londra e dalla finanza internazionale, lo indicano già da mesi fra i candidati alla Direzione operativa del Fondo Monetario internazionale che ha sede a Washington.
Il riserbo mantenuto da Draghi riguardo l’Fmi, dato che è ancora nel pieno delle funzioni al vertice della Bce, sta rilanciando per la successione a Cristine Lagarde la candidatura europea dell’olandese Jeroem Dijsselbloem.
L’esperienza e soprattutto il prestigio attribuito dai mercati mondiali, conferiscono tuttavia all’attuale Presidente della Banca centrale europea una valenza politica indispensabile per l’Italia, alle prese con un marasma economico sociale che rischia di diventare dirompente.
Anche se l’incombente avvitamento della maggioranza di Governo fra Lega e 5Stelle rende incerto lo scenario delle prospettive politiche di un’eventuale nomina a Senatore a vita di Mario Draghi, la sola presenza in Parlamento dell’ex Governatore della Banca d’Italia e già Presidente della Bce, rappresenterebbe un’ancora di salvezza e un asso nella manica nei confronti dell’Europa e dei mercati che in autunno torneranno a sindacare ed a speculare sulla precaria tenuta del debito pubblico italiano.
La mancanza di alternativa alla progressiva deriva politica istituzionale di Governo e Parlamento, lasciano temere infatti che la situazione del conti pubblici precipiterà nuovamente, vanificando il miracolo del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, del Ministro dell’Economia Giovanni Tria e dello stesso Mario Draghi che con il loro autorevole intervento hanno ottenuto che Bruxelles fingesse di credere alle promesse di rientro entro i limiti del deficit.
La plateale conferma viene dal quotidiano britannico Financial Times che pubblica un’analisi dell’andamento dei mercati finanziari dedicata alla ripresa dei titoli di Stato italiani.
La tesi inglese é che, aldilà del compromesso sul bilancio raggiunto tra Governo di Roma e Commissione europea, per evitare l’avvio di una procedura di infrazione per disavanzo eccessivo, siano state soprattutto le prese di posizione del Presidente uscente della Banca centrale europea a sostenere i titoli italiani. Secondo Draghi, infatti, la Bce potrebbe tornare a varare misure espansive per contrastare la bassa inflazione ed il rallentamento dell’economia dell’Eurozona.
Grazie a queste rassicurazioni della Bce, gli investitori continueranno ad acquistare titoli italiani attratti dai rendimenti più alti della media, anche se in futuro dovessero sorgere nuove tensioni politiche all’interno del governo o tra l’Italia e l’Ue.
Rigorosamente in inglese, dalle capitali finanziarie a Roma, al netto delle analisi e delle ipotesi, la domanda di fondo è dunque: Italy where are you going if you don’t have dragons ?.
Che tradotto in romanesco suona: Italia, ma ‘ndo vai se Draghi nun ce l’hai?