Notte di caos, fuga e terrore nella Kabul ormai perduta, capitale di un Afghanistan già inghiottito dai talebani.
A Ferragosto dopo che all’alba avrà inizio l’assalto finale, la città invertirà nuovamente la sua storia di cicliche tragedie e si trasformerà nella capitale del ripristinato Emirato Islamico dell’Afghanistan. .
Un cupo destino incombe sulle generazioni nate e cresciute negli ultimi venti anni di amministrazione filo occidentale. Nel migliore dei casi i talebani si limiteranno a chiudere scuole, asili, università, giornali, emittenti radiotelevisive e ad imporre alla popolazione femminile l’asfissiante osservanza della sharia, la legge islamica.
I precedenti, che risalgono al 1996, alla conquista di Kabul da parte degli spietati studenti di teologia coranica dopo il ritiro dell’allora Armata Rossa, fanno temere un bagno di sangue.
Negli anni a cavallo del 2000 il fanatismo dei talebani arrivò al punto da distruggere con la dinamite due statue di Buddha scolpite sulle pareti di roccia nella valle di Bamiyan, una alta 38 metri realizzata 1800 anni addietro, l’altra alta 53 metri e risalente a 1500 anni fa.
Il più terrorizzato è l’attuale Presidente Ashraf Ghani, in carica dal 2014. Nella precedente conquista talebana di Kabul, l’ultimo Presidente della Repubblica Democratica afghana, Mohammad Najibullah, fu catturato presso gli uffici dell’Onu dove si era rifugiato, torturato, mutilato ed appeso agonizzante ad un lampione.

A meno di un improbabile miracolo di resistenza e di interruzione dell’avanzata dei talebani, col concorso aereo di Usa e Nato, si prospettano anni da incubo e di isolamento per Kabul ed il paese crocevia dell’Asia centrale, storicamente considerato il cimitero degli imperi, perché macedoni, persiani, inglesi russi e ora americani ed europei sono stati costretti ad abbandonarlo con ingenti perdite.
Anche se allarmati dal ripristino di uno stato apertamente fiancheggiatore del terrorismo islamico e che, all’ombra di pakistani, cinesi e iraniani, diventerà il rifugio degli riducibili dell’Isis e dei foreign fighter scampati alle sconfitte militari in Iraq e Siria, il Pentagono, l’Alleanza Atlantica e l’Italia, si stanno limitando ad assicurare il rientro in sicurezza del personale delle ambasciate e dei civili addetti in tutti questi anni all’assistenza delle basi militari.

Non è ancora evidente quali saranno le nuove scelte strategiche degli Stati Uniti e come sarà rivista la dottrina delle guerre di contenimento che dalla lontana Corea, alla Somalia, all’Irak, alla Siria, alla Libia hanno ingoiato valanghe impressionanti di risorse economiche, provocato centinaia di migliaia di vittime e impedito agli apparati militari di dispiegare tutte le potenzialità offensive.
Una “dottrina” che soprattutto ha determinato l’abbandono degli alleati alla spietata ferocia del nemico. Come è accaduto a Saigon, come sta per accadere a Kabul e come è già in corso nel resto di un Afghanistan probabilmente perduto per sempre, con conseguenze destinate ad assumere le dimensioni di una catastrofe militare e umanitaria ancora più grave di quella mai rimossa del Vietnam.
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Fondatore e Direttore di zerozeronews.it
Editorialista di Italpress. Già Condirettore dei Giornali Radio Rai, Capo Redattore Esteri e inviato di guerra al Tg2, inviato antimafia per Rai Palermo e Tg1