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Rubrica di critica recensioni anticipazioni
Vannaccigate da non generalizzare, è proprio il caso di dire.
Da Franco Angioni a Carlo Cabigiosu, da Mauro del Vecchio a Guglielmo Luigi Miglietta, da Claudio Graziano a Rolando Mosca Moschini, da Leonardo Tricarico a Vincenzo Camporini, solo per citare gli storici vertici delle missioni internazionali di pace e alcuni capi di Stato maggiore, le Forze Armate vantano schiere di Generali che hanno illustrato l’Italia con altissimi meriti militari, umanitari e sociali.
Quella sorta di “Mein Kampf” all’amatriciana del Generale Roberto Vannacci va inquadrato nell’ottica di una autoanalisi ideologica della destra in bilico fra una visione neo spartana e, come spiega lo stesso autore de “Il mondo al contrario, “ la “rappresentazione dello stato d’animo di tutti quelli che, come me, percepiscono negli accadimenti di tutti i giorni una dissonante e fastidiosa tendenza generale che si discosta ampiamente da quello che percepiamo come sentire comune, come logica e razionalità.”
Il vero senso del contrario del libro é che la società, il mondo, sono per fortuna popolati da cittadini liberi e non da militari o da militanti pronti a scattare sull’attenti.
La valanga di polemiche innescata da Vannacci rivela inoltre l’ancestrale richiamo agli strati profondi della weltanschauung di una destra marginale e generazionalmente circoscritta, ma ancora pervicace, che si rifiuta di elaborare i principi di democrazia e di responsabilità istituzionale e si rifà ad una miscellanea di concetti che variano delle teorie di Edgardo Sogno all’ideologia di Julius Evola.
Una battaglia persa in partenza, perché la storia – anche se con costi altissimi – ha sempre sconfitto i rigurgiti di autoritarismo. A patto che ci sia una presa di coscienza democratica. Perché come diceva Tocqueville “quando i cittadini sono passivi la democrazia si ammala.”