La falce della morte del grano made in ItalyMolti ci sperano, ma pochi ci credono. Non si illudono soprattutto gli agricoltori per i quali il divieto di utilizzare in Italia il diserbante glifosato potrebbe rappresentare l’avvio di una reazione a catena in grado di arrestare la falce della morte pronta a recidere il grano made in Italy.
Sugli effetti del micidiale erbicida glyphosate, un diserbante sistemico fitotossico, si fonda infatti tutto lo sviluppo della varietà di grano duro canadese “Manitoba” che sta monopolizzando i mercati mondiali e rovinando letteralmente le produzioni italiane qualitativamente molto superiori, ma anche più costose. Dal neolitico alla Mesopotamia, dall’Egitto alla Grecia, dal Mediterraneo ai Romani, le origini e gli sviluppi della coltivazione di grano coincidono con l’evoluzione della vita e della storia dell’umanità. “Gli Ateniesi hanno inventato il frumento e le leggi” sosteneva già Aristotele, mentre non c’è religione che nelle preghiere e nei testi sacri non comprenda un accenno al pane quotidiano. Fame, fede, storia, ma soprattutto clima. Fin dalle origini infatti le spighe di grano crescono nei climi caldi e arrivano a maturazione a giugno inoltrato, quando i chicchi assumono una consistenza vitrea. Ed ecco la prima radicale differenza fra il grano made in Italy e quello nord americano.In Canada il grano viene seminato in primavera e raccolto in autunno inoltrato. Per evitare di essere fregati da piogge e freddo, due o tre settimane prima della mietitura autunnale, i farmer nordamericani allora sparano sui raccolti ancora verdi lo ”spaccatutto” diserbante glifosato, che anticipa la maturazione delle spighe facendole in pratica essiccare. Una forzatura innaturale che dà un prodotto con un’alta concentrazione di sostanze nutritive e di glutine, ma anche di veleni! Lo prova la semplice constatazione che il grano trattato col diserbante non viene utilizzato per la semina, perché le piante sono rachitiche e non crescono: il glifosato cioè fa male alla stessa pianta.Il grano duro italiano, e in particolare quello pregiato della Sicilia e della Puglia segue invece il ciclo naturale della semina, fra ottobre e i primi di novembre, e della mietitura a giugno, quando le spighe da verdi diventano gialle e i chicchi acquisiscono consistenza vitrea, ma cedono una piccola percentuale di sostanze nutritive, compreso il glutine. L’altra grande differenza è rappresentata dal prezzo assolutamente concorrenziale del Manitoba canadese che, sulla base delle quotazioni del Chicago Board of Trade, punto di riferimento mondiale del commercio di prodotti agricoli, viene venduto anche a 18 centesimi al chilo, mentre quello tenero per il pane è sceso addirittura ai 16 centesimi al chilo. Valori in Italia molto al di sotto dei costi di produzione e che non lasciano prospettive di futuro per il granaio italiano. Già penalizzati dai grandi pastifici che per l’abbondanza del glutine, anche se minato dal glifosato, preferiscono il Manitoba che assicura una maggiore tenuta della cottura, i produttori di grano duro del Sud Italia sono ancora più in difficoltà e spesso si vedono costretti a fallire e a cedere i terreni alle multinazionali estere.Inutile evidenziare l’enorme divario qualitativo e i rischi per la salute provocati dal bagno nel glifosato, lo stoccaggio e il trasporto in vecchie ex petroliere, che spesso provoca la contaminazione dei carichi di grano con aflatossine altamente tossiche, ritenute tra le sostanze più cancerogene esistenti.
Inutile constatare che il Manitoba possiede 28 coppie di cromosomi in ogni cellula. Mentre per millenni nell’area del Mediterraneo si è coltivato frumento con un corredo pari a 14 coppie di cromosomi per cellula e che questa per così dire “evoluzione” genetica non è stata compensata da una analoga evoluzione del processo digestivo del corpo umano. Il che contribuisce a scatenare reazioni allergiche, disordini immunitari, intolleranze al frumento.
Inutile tutto: i prezzi stracciati di un grano che non è grano stanno letteralmente decapitando la filiera agricola delle più genuine produzioni di antichi grani duri, fra i quali, per citarne solo alcune, varietà che non hanno subito alterazioni, non sono state geneticamente modificate, hanno livelli naturali di glutine e di amido, sono più leggere e digeribili, evitano lo sviluppo di intolleranze:
- Ardito
- Senatore Cappelli
- Saragolla
- Tumminia
- Rieti
- Verna
- Monococco
- Gentil Rosso
Una lenta, ma inesorabile, agonia quella del grano made in Italy che sembra anticipare la mazzata finale dell’incombente TTIP, il trattato di liberalizzazione commerciale transatlantico, che ha l’intento dichiarato di modificare regolamentazioni europee e standard di sicurezza alimentari. Eventualità che comporterebbe ulteriori rischi per i consumatori perché i principi su cui sono basate le leggi europee sono diverse da quelli del nord America. Per esempio: in Europa vige il principio di precauzione. L’immissione sul mercato di un prodotto avviene cioè dopo una valutazione dei rischi, mentre oltre Atlantico si procede al contrario. La valutazione viene fatta in un secondo momento ed è accompagnata dalla garanzia di presa in carico delle conseguenze di eventuali problemi legati alla messa in circolazione del prodotto. C’è la possibilità del ricorso collettivo o class action, solitamente lunga e molto costosa, e l’eventuale indennizzo….per gli eredi degli eredi delle vittime.