Trasfigurazione di una pace che da millenni cerca invano l’uscita dal labirinto di odi e di sangue del Medio Oriente, la striscia di Gaza sta assumendo per l’opinione pubblica internazionale il ruolo geopolitico del miraggio della cessazione delle ostilità e della ripresa della coesistenza pacifica fra israeliani e palestinesi. La realtà é purtroppo molto diversa e incommensurabilmente più atroce e disumana.
Dopo aver subito nell’ottobre scorso il più atroce ed efferato massacro di civili, soprattutto bambini e donne, nonché il sequestro di centinaia di ostaggi, mai compiuto nei 75 anni dell’esistenza dello Stato ebraico, Israele ha scatenato un’offensiva militare contro le basi di Hamas a Gaza. Una guerra senza quartiere per la sopravvivenza di Israele e per sradicare i terroristi islamici dalla striscia.
“La guerra non si può umanizzare, si può solo abolire” sosteneva Albert Einstein. Una definizione più volte utilizzata tuttavia per sollecitare l’interruzione unilaterale dei combattimenti da parte dell’Idf, le forze di difesa israeliane che avanzavano all’interno di Gaza, smantellando i bunker sotterranei sotto ospedali, moschee e sedi Onu e le basi missilistiche di Hamas, che ha sempre usato la popolazione palestinese come scudi umani per coprire covi, attacchi e agguati.
Dopo Gaza city, Deir al-Balah e Khan Yunis la pressione dell’opinione pubblica, delle Nazioni Unite e di vari governi internazionali si é fatta via via più pressante, fino ad arrivare – quando Israele ha annunciato l’offensiva contro Rafah, ultima roccaforte di Hamas al confine con l’Egitto – ad accusare Gerusalemme di genocidio nei confronti dei palestinesi.
L’infuriare della guerra ha continuato a provocare momenti di grande tensione che hanno raggiunto il culmine con le parole del segretario di Stato vaticano, Cardinale Pietro Parolin, il quale ha invitato il governo israeliano a fermarsi invocando una risposta “proporzionata” che “certamente con 30 mila morti palestinesi non lo é “, ha sostenuto.
