Un’ora e un quarto. Settantacinque minuti di forbita eloquenza a braccio per l’esposizione del piano editoriale. Il Molinari pensiero è stato applaudito e apprezzato, tanto che si prevede possa ottenere almeno il 75/80% di voti favorevoli.
Il delicato tentativo di seduzione della agguerrita e orgogliosa redazione di uno dei più grandi e influenti quotidiani nazionali, Repubblica, da parte del neo Direttore è stato ritenuto genuino, non è dispiaciuto ai “custodi della tradizione scalfariana” ed ha fatto breccia fra i redattori più giovani.
Dietro le quinte, l’analisi del piano editoriale di Maurizio Molinari evidenzia due capitoli essenziali: le cose dette e quelle non dette.
Dall’incipit sui sovranismi da sconfiggere con la rigorosa difesa dei diritti e delle libertà, all’attenzione per gli ultimi e per le storie del Paese invisibile, all’importanza del ruolo dell’on line e della digitalizzazione, all’autonomia del giornale che si tutela con l’autonomia dei conti, alla continuità nel solco della tradizione antifascista, laica e democratica di Repubblica, il filo conduttore del piano editoriale di Molinari ha tuttavia abilmente bypassato un paio di punti cruciali.
Più un terzo di stile, che avrà evidentemente motivazioni non ancora conosciute: Molinari non avrebbe nemmeno nominato Carlo Verdelli, che sarebbe stato derubricato a “chi mi ha preceduto”

Passaggi cruciali: nessun accenno alla “squadra” con la quale il neo Direttore intende affrontare al timone di Repubblica la navigazione nel mare in tempesta dell’editoria e dell’emergenza complessiva del Paese. E nessun accenno al piano di ristrutturazione necessario per ridurre i costi.

Anche se non vi è ancora nulla di ufficiale, vista la contemporanea responsabilità di Maurizio Molinari di Direttore editoriale dell’intero gruppo Gedi, l’attuale squadra di direzione di Repubblica potrebbe prevedere l’alternanza e dei passaggi interni con i vertici della Stampa e del Secolo XIX.
Alla Stampa in particolare il neo Direttore Massimo Giannini dovrà nominare un nuovo Vice in sostituzione del compianto Massimo Vincenzi, recentemente scomparso.
La scelta potrebbe ricadere sul vice Direttore Carlo Bonini, nominato a febbraio da Verdelli o sull’attuale vice Direttore vicario Dario Cresto Dina.
Uomo macchina e autore di scoop come quello dell’intervista a Veronica Lario quando era moglie di Berlusconi, Cresto Dina ha iniziato proprio alla Stampa e aveva seguito a Repubblica l’allora neo direttore Ezio Mauro.

In attesa della ratifica del voto della redazione, a largo Fochetti, sotto lo sguardo severo e malinconico del fondatore Eugenio Scalfari e del direttore emerito Mauro, la seconda Repubblica di John Elkann e Maurizio Molinari ha comunque voltato pagina e inizia a scrivere la storia del 44° anno di vita di un quotidiano protagonista dell’evoluzione politica ed economica del Paese.
