No rubli, no gas e petrolio. Con una alzata d’ingegno giudicata buona per il monopoli, ma controproducente per i mercati finanziari, Vladimir Putin ricatta l’occidente imponendo il pagamento in rubli per gli acquisti di petrolio e gas.
Una mossa destinata a rianimare inizialmente la valuta russa, precipitata dalle sanzioni al livello dei centesimi di dollaro e di euro. Ma esaurito l’effetto rivitalizzatore dei cambi forzati, la risalita rispetto alle divise di Stati Uniti, Europa e Gran Bretagna, provocherà un notevole accumulo di surplus di rubli che dovranno essere nuovamente convertiti, questa volta sfavorevolmente in valuta pregiata. Una partita di giro in ulteriore perdita, insomma, che inoltre allunga i tempi dei pagamenti, arricchisce il sistema finanziario occidentale e depaupera l’economia russa.
Vengono lette in questo senso dai mercati le clamorose dimissioni a Mosca di Elvira Nabiullina, il capo della Banca Centrale Russa, che ha rotto il glaciale silenzio della nomenclatura russa che dall’inizio dell’invasione dell’ucraina circonda Putin, accusandolo platealmente di “ aver fatto precipitare l’economia in una fogna”. Una frase dirompente dell’esponente economica fra le più accreditate per competenza e prestigio personale negli ambienti finanziari internazionali.

Da sempre inserita nella cerchia ristretta del Presidente russo, del quale è stata consulente economica prima di diventare banchiere centrale, considerata negli anni scorsi la salvatrice del rublo, Elvira Naibiullina aveva più volte fatto presente direttamente a Putin di essere nettamente contraria alla guerra contro l’Ucraina e da quando è iniziata l’invasione avrebbe consegnato due volte la lettera di dimissioni, che il Cremlino ha tuttavia rifiutato di accettare. Anzi, Putin ha rilanciato e ha inviato alla Duma la sua candidatura per confermarla per un terzo mandato al vertice capo della banca centrale russa. Le dimissioni di Naibiullina potrebbero innescare un effetto domino.
