No rubli, no gas e petrolio. Con una alzata d’ingegno giudicata buona per il monopoli, ma controproducente per i mercati finanziari, Vladimir Putin ricatta l’occidente imponendo il pagamento in rubli per gli acquisti di petrolio e gas.
Una mossa destinata a rianimare inizialmente la valuta russa, precipitata dalle sanzioni al livello dei centesimi di dollaro e di euro. Ma esaurito l’effetto rivitalizzatore dei cambi forzati, la risalita rispetto alle divise di Stati Uniti, Europa e Gran Bretagna, provocherà un notevole accumulo di surplus di rubli che dovranno essere nuovamente convertiti, questa volta sfavorevolmente in valuta pregiata. Una partita di giro in ulteriore perdita, insomma, che inoltre allunga i tempi dei pagamenti, arricchisce il sistema finanziario occidentale e depaupera l’economia russa.
Vengono lette in questo senso dai mercati le clamorose dimissioni a Mosca di Elvira Nabiullina, il capo della Banca Centrale Russa, che ha rotto il glaciale silenzio della nomenclatura russa che dall’inizio dell’invasione dell’ucraina circonda Putin, accusandolo platealmente di “ aver fatto precipitare l’economia in una fogna”. Una frase dirompente dell’esponente economica fra le più accreditate per competenza e prestigio personale negli ambienti finanziari internazionali.

Da sempre inserita nella cerchia ristretta del Presidente russo, del quale è stata consulente economica prima di diventare banchiere centrale, considerata negli anni scorsi la salvatrice del rublo, Elvira Naibiullina aveva più volte fatto presente direttamente a Putin di essere nettamente contraria alla guerra contro l’Ucraina e da quando è iniziata l’invasione avrebbe consegnato due volte la lettera di dimissioni, che il Cremlino ha tuttavia rifiutato di accettare. Anzi, Putin ha rilanciato e ha inviato alla Duma la sua candidatura per confermarla per un terzo mandato al vertice capo della banca centrale russa. Le dimissioni di Naibiullina potrebbero innescare un effetto domino.

E’ quello che si scorge fra le righe delle nuove clamorose dimissioni rese note oggi: quelle di Anatolij Chubais inviato speciale del Presidente russo per il clima. Considerato l’architetto delle privatizzazioni di Boris Eltsin negli anni Novanta, Chubais, 66 anni, era uno dei pochi riformisti economici ad essere rimasto al potere dopo l’avvento di Putin, che l’aveva nominato suo rappresentante per lo sviluppo sostenibile. Secondo Bloomberg e la stessa Tass, si sarebbe dimesso perché contrario alla guerra in Ucraina.
Oltre all’irriducibile resistenza e in alcuni casi alla controffensiva ucraina, Mosca si trova ora a fronteggiare anche l’ insidioso e crescente fronte interno del dissenso e della aperta protesta degli apparati e della nomenclatura. Situazione che paradossalmente conferma anche storicamente la valutazione sul dissenso, da considerare “la forma più nobile di patriottismo” espressa dallo scienziato Thomas Jefferson, terzo Presidente degli Stati Uniti d’America.
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Fondatore e Direttore di zerozeronews.it
Editorialista di Italpress. Già Condirettore dei Giornali Radio Rai, Capo Redattore Esteri e inviato di guerra al Tg2, inviato antimafia per Rai Palermo e Tg1