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San Valentino e la smaterializzazione dell’amore

Cuore & Batticuore
Rubrica settimanale di posta. Storie di vita e vicende vissuteSan Valentino e la smaterializzazione  dell’amore

by Maggie S. Lorelli

Approfitto dell’appuntamento annuale di San Valentino, ridotto ormai a consunta marchetta da supermarket, per riflettere sull’amore romantico.

Per chi è in coppia resiste l’abitudine della cena con annesso amplesso, mentre chi è single festeggia, per così dire, con un bicchiere di soda caustica.

E’ solo una giornata, poi passa. Il fatto è che talvolta ho l’impressione che anche Eros se la sia data a gambe in una società dove, come ci rivela l’Istat, una famiglia su tre è unipersonale.

L’amore non è morto, mi dico, ma andrebbe valutato con nuovi metodi diagnostici, come suggeriscono gli psicologi e i neuroscienziati.

“Crediamo ancora che amore faccia rima con cuore, invece il cuore dell’amore è il cervello” dice al Corriere della Sera Donatella Marazziti, docente di psichiatria all’Università di Pisa, autrice de “La natura dell’amore”, studiosa della neurobiologia dell’innamoramento.San Valentino e la smaterializzazione  dell’amore

“Comprendere i meccanismi neurobiologici dell’amore – come spiega Grazia Attili, docente di Psicologia sociale all’Università “La Sapienza” di Roma e autrice de “Il cervello in amore” – aiuta a non avere aspettative irreali: bisogna sapere che, finita la passione folle, non è finito l’amore”.

La difficoltà sta proprio nel trasformare la giostra della passione amorosa in un sentimento più maturo e solido perché se l’innamoramento è istantaneo e involontario, l’amore implica un atto di volontà consapevole.

Amore fa rima con cuore?

San Valentino e la smaterializzazione  dell’amoreChe l’amore fosse una faccenda di cuore e non di testa, ci è stato inculcato fin da piccoli, dapprima attraverso le fiabe e i cartoni di Disney, e poi coi romanzi e buona parte dei film hollywoodiani.

Alcuni prodotti della cultura occidentale hanno inoltre contribuito a consolidare un immaginario stereotipato sulla diversa concezione dell’amore fra uomo e donna, già radicato da secoli di standardizzazione dei ruoli, imponendo un modello femminile fatto di sacrificio e abnegazione nell’attesa spasmodica e spesso vana di un uomo-eroe idealizzato che, nel lieto fine agognato, giunga a salvarla da una condizione di insoddisfazione, affermando per contro un modello maschile assertivo e risoluto, votato a proteggere il sesso debole dalle avversità della vita.

Questa concezione dell’amore, basata sullo squilibrio delle aspettative e sulla disparità emotiva può innescare meccanismi di dipendenza affettiva e psicologica alla base di molte relazioni disfunzionali. In questo senso l’amore romantico, che vede il suo coronamento nella famiglia nucleare tradizionale, fino ad ora il puntello strutturale della nostra società, appare come una costruzione culturale fondata sui valori dell’ideologia patriarcale, che ha i suoi fondamenti nella proprietà privata, nell’esclusività e nel possesso. E non fanno un servizio migliore i chick lit, che, imponendo il modello femminile contrario, quello della donna indipendente, in gran forma, realizzata professionalmente, talmente in grado di autodeterminarsi da non aver quasi più bisogno di una relazione, propongono un’idea di femminilità che finisce per rappresentare un nuovo cliché di genere.

La lotta per scardinare il sessimo dovrebbe piuttosto passare attraverso una nuova concezione del rapporto di coppia, basata sulla solidarietà, sul rispetto reciproco, sulla cooperazione e su un’interazione paritaria affinché la vita risulti arricchita dai due apporti complementari.San Valentino e la smaterializzazione  dell’amore

Soprattutto, in un’epoca che ha compreso il sano valore dell’individualismo inteso come completezza e unicità dell’essere, occorrerebbe finalmente superare il mito narrato da Aristofane nel “Simposio” di Platone, che descrive l’uomo e la donna come due esseri divisi, alla perenne e infelice ricerca della metà perduta, per poter raggiungere la perfezione unitaria.

Per stabilire relazioni sane dovremmo cominciare a pensare che l’uomo è completo e perfetto di per sé, come afferma Philiph Roth ne “L’animale morente”, con un filo di sarcasmo: “L’unica ossessione che vogliono tutti: l’amore. Cosa crede, la gente, che basti innamorarsi per sentirsi completi? La platonica unione delle anime? Io la penso diversamente. Io credo che tu sia completo prima di cominciare. E l’amore ti spezza. Tu sei intero, e poi ti apri in due.”

L’uomo animale anomaloSan Valentino e la smaterializzazione  dell’amore

Per tentare di risolvere l’annoso conflitto se l’amore romantico sia una tendenza naturale nell’uomo o il frutto di condizionamenti sociali e culturali, occorre rifarsi alla considerazione che l’essere umano rappresenta un unicum in natura, a partire dal suo peculiare sistema di accoppiamento. I rapporti sessuali nell’uomo non sono solo di tipo riproduttivo, ma anche ricreativo, non essendo sincronizzati con la fase ovulatoria della donna. E anche la maniera di scegliere il partner è del tutto anomala. Più del 90% dei mammiferi è infatti spiccatamente promiscuo e il maschio non ha alcun ruolo nella crescita della prole, mentre gli esseri umani tendono a praticare la monogamia.

L’uomo contribuisce inoltre alla cura e al benessere della prole, probabilmente a causa della neotenia, ovvero il fatto che nella nostra specie l’infanzia è più lunga e indifesa rispetto a quella di altri animali.

Nel Medioevo il Cristianesimo ha poi rafforzato il vincolo esclusivo fra uomo e donna, consacrando il matrimonio come legame indissolubile sino alla morte. Negli anni più recenti si è compiuta un’ulteriore transizione dalla monogamia alla “monogamia seriale” (Lesthaeghe e Neels, 2002), a causa dell’introduzione del divorzio, che rende possibile creare più di una volta famiglie stabili con una sola persona, pratica maggiormente in uso nelle attuali società occidentali.

La scienza dell’amore San Valentino e la smaterializzazione  dell’amore

Ma quali sono le componenti biochimiche che sottendono questi comportamenti anomali? Cosa succede nel nostro cervello quando ci innamoriamo? Proviamo ad osservare il comportamento di una persona innamorata. Ci pare di scorgerla in atteggiamento estatico, incapace di concentrarsi, ansiosa dell’incontro e palpitante di fronte all’oggetto del desiderio. La spiegazione di questi comportamenti ci è fornita dalla scienza: si tratterebbe di sensazioni causate da una serie di reazioni chimiche che si verificano all’interno del nostro sistema cerebrale.

Tra gli “scienziati dell’amore” che meglio descrivono i meccanismi fisiologici dell’innamoramento c’è l’antropologa Helen Fisher della Rutgers University, New Jersey. Il suo libro, “Why we love: the Nature and Chemistry of Romantic Love”, individua nell’amore tre fasi distinte: desiderio, attrazione, attaccamento, ognuna delle quali coinvolge diversi sistemi cerebrali caratterizzati da una specifica biochimica.San Valentino e la smaterializzazione  dell’amore

Nella prima fase, quella del desiderio, a farla da padrone sono gli ormoni, il testosterone negli uomini e gli estrogeni nelle donne, che scatenano pulsioni indistinte. La seconda fase è l’attrazione, nella quale entrano in gioco tre potenti sostanze chimiche prodotte da diverse aree cerebrali, che fungono da neurotrasmettitori: adrenalina, dopamina, serotonina.

Quando una persona ci attrae provoca in noi un turbine di sensazioni intense e incontrollabili: sudore delle mani, aumento del ritmo cardiaco, inappetenza, insonnia. Siamo in balia dell’adrenalina. L’aumento dell’energia, l’irrequietezza che proviamo al sorgere del sentimento amoroso sono invece causate dalla dopamina che, associata con il desiderio e con il sistema di ricompensa e motivazione del cervello, può indurre a forme di dipendenza. Elevati livelli di dopamina nel cervello producono inoltre un’attenzione concentrata, una motivazione determinata e comportamenti estremamente finalizzati.

Come non pensare alla tensione dell’innamorato verso la persona amata, che può diventare ossessiva? Infine, la serotonina, che normalmente ci regala benessere e soddisfazione, e che però scarseggia quando siamo infatuati, mettendoci in uno stato di grande vulnerabilità. Questa miscela ormonale è dolcificata dalla feniletilammina, che amplifica le nostre sensazioni fino a farci perdere il controllo. Possiamo affermare a pieno titolo che gli innamorati siano i principali produttori e consumatori di droghe naturali!San Valentino e la smaterializzazione  dell’amore

L’innamoramento è dunque uno stato mentale alterato, una psicosi temporanea o “A momentary lapse of reason”, per dirla coi Pink Floyd, stupefacente ma di breve durata. Dopo un periodo che oscilla dai 18 ai 30 mesi dall’inizio della relazione infatti il cervello sarebbe assuefatto al “cocktail” di sostanze chimiche autoprodotte. Così, dopo la fase dell’infatuazione, si passa a quella dell’attaccamento, caratterizzata dal piacere di accompagnarsi stabilmente al proprio partner. In questa fase è decisivo l’apporto di ormoni come l’ossitocina e la vasopressina.

All’ossitocina si deve il bisogno di prendersi cura del compagno attraverso lo scambio affettivo a lungo termine con carezze, baci e abbracci.

La vasopressina favorisce invece la monogamia. In questa fase si assiste anche ad un aumento del rilascio delle endorfine, sostanze chimiche prodotte dal sistema nervoso centrale e dotate di una potente attività analgesica, con benefici simili a quelli degli oppiacei, non facendo altro che aumentare la sensazione di dipendenza.

L’amore, in altre parole, sarebbe una componente importante dell’istinto umano teso, attraverso la relazione stabile con una persona, almeno il tempo della cura della prole, al fine biologico della perpetuazione della specie. Tuttavia, quando le fiamme della passione perdono di intensità, occorre supplire alla diminuzione della spinta neurobiologica iniziale con un atto di volontà ancestrale.

Come scegliamo il partner?

San Valentino e la smaterializzazione  dell’amoreSiamo dunque completamente in balia della biochimica? Non proprio. L’amore presenta infatti connotazioni di consapevolezza che le scienze naturali non sempre riescono a spiegare. Sarebbe, secondo il filosofo Paul Griffiths, fra le “emozioni cognitive superiori” che, a differenza delle emozioni di base, non sono automatiche, ma, per essere elaborate e processate, hanno bisogno dell’apporto del neoencefalo, ossia di quella parte del cervello che presiede alle abilità cognitive più complesse. Tali emozioni possono essere maggiormente influenzate dai pensieri di natura cosciente, il che spiega le variazioni di natura culturale che caratterizzano l’amore nelle varie epoche storiche, nei diversi individui e nelle diverse civiltà. Anche le emozioni cognitivamente superiori, in aggiunta alle emozioni fondamentali, condizionano i nostri comportamenti e ci guidano nelle decisioni da prendere, dando vita alla fitta rete di relazioni che caratterizzano la società umana.

L’amore infatti non è solo un comportamento individuale, ma anche una pratica sociale, a partire dalle modalità di individuazione e scelta del partner. Così per esempio, al contrario di ciò che accade in altre specie caratterizzate da un forte dimorfismo sessuale e in cui è la femmina a scegliere il compagno, a causa della forte asimmetria che esiste tra i due sessi nell’investimento parentale, negli uomini invece, in cui di norma sono i genitori a prendersi cura dei propri figli, la scelta del compagno è compiuta da entrambi i generi, con la conseguenza che le differenze tra i sessi sono più ridotte.San Valentino e la smaterializzazione  dell’amore

Osservando l’amore dal punto di vista della scelta del compagno, lo scopo del corteggiamento è quello di aumentare le probabilità individuali di attrarre un partner ideale attraverso un insieme di strategie di valutazione e negoziazione per accaparrarsi la persona migliore sulla base di istanze razionali (bell’aspetto, carattere equilibrato e mite, disponibilità economica ecc.), a differenza di altre specie, attratte da caratteristiche con una forte valenza percettiva (colore, dimensioni, suoni).

Rimane tuttavia importante anche nell’uomo il sistema percettivo, con una spiccata predilezione per la simmetria del volto e delle altre parti del corpo, garanzia di buona salute e indice di uno sviluppo stabile e normale. Ma ciò non basta. Ciò che ci porta a scegliere un’unica persona fra decine, centinaia o migliaia che presentano caratteristiche simili alle nostre, gusti affini e valori conciliabili è la “chimica dell’amore”. Potremmo definire questo fattore intangibile e apparentemente impercettibile “aroma dei geni”. Responsabile del nostro comportamento attrattivo è il nostro sistema immunitario, in particolare le proteine MHC. L’amore sarebbe dunque, anzitutto, una questione olfattiva.

Ma quanto può durare l’amore?

L’amore può durare anche diversi anni, anche per sempre, ed è presente in quasi tutte le culture, antiche e moderne, con sfumature diverse. Volgendo lo sguardo a culture lontane, per esempio all’India, nell’antico sistema di caste entro il quale era richiesto di sposarsi o accoppiarsi, innamorarsi di qualcuno di un’altra casta significava diventare un paria, un reietto della società. Non è un caso che l’India abbia sviluppato al massimo grado l’arte erotica e non la letteratura sull’amore romantico, basti pensare all’esaustiva catalogazione erotica del Kamasutra. Oppure pensiamo alla Cina, dove le relazioni erotiche venivano combinate nell’antichità dalle famiglie secondo costumi secolari e il sesso era proibito sino al matrimonio, e che è considerato tuttora un tabù.

Presso tali culture non è possibile elaborare una netta distinzione fra attrazione sessuale e sentimento amoroso; si riscontra invece una transizione graduale, quasi impalpabile, fra attitudini affettive e espressione erotica corporea.

L’innamoramento sembrerebbe essere una prerogativa tipicamente occidentale che trova le sue origini culturali nella Grecia del V secolo a.c. Già nei dialoghi di Platone si parla d’amore come forza che lega due individui in modo esclusivo.

Nell’Antica Grecia e nella Roma imperiale si trova una ricca letteratura di poesia d’amore, pensiamo ai poeti Catullo, Saffo, Properzio e Ovidio.San Valentino e la smaterializzazione  dell’amore

L’innamoramento affiora con la nascita della borghesia nell’Alto Medioevo, ponendosi come una rivolta contro i doveri matrimoniali e perfino contro la lealtà feudale, rappresentando un’affermazione della libertà individuale. I protagonisti delle grandi storie d’amore della letteratura cavalleresca come Tristano e Isotta, o Lancillotto e Ginevra non sono che degli adulteri che hanno tradito innanzitutto il loro re. Sono fedifraghi anche Paolo e Francesca, i cognati amanti che bruciano nell’Inferno dantesco ma allo stesso tempo sono emblema eterno di una passione sublime.

Come esemplari sono Abelardo ed Eloisa, divisi dalle convenzioni sociali ma uniti in un eterno abbraccio. Altrettanto forte è l’amore tra Romeo e Giulietta rappresentato da Shakespeare, tanto da infrangere le istituzioni consolidate.

L’epoca in cui l’innamoramento si afferma come categoria culturale dominante, innervando endemicamente ogni espressione artistica, è la fine del Settecento, e soprattutto nell’era romantica per antonomasia, l’Ottocento.

  L’amore e la psicologia

San Valentino e la smaterializzazione  dell’amoreSono invece assai più impietose alcune teorie psicologiche che, richiamandosi a Freud, considerano l’innamoramento come segno di immaturità e di regressione a uno stato di dipendenza non più dalla madre ma da una figura che ne prende il posto nel transfert affettivo conservando un rapporto stabile con il suo “oggetto sessuale”. Peraltro, secondo Freud, l’amore muore con l’estinzione della pulsione sessuale, e ha possibilità di sopravvivere solo quando la sessualità viene “sublimata” arricchendo il rapporto di fattori estrinseci come l’affetto, la stima, il mutuo soccorso.

L’amore sarebbe dunque nient’altro che una pulsione egoistica. Sulla scia di Freud gran parte dei teorici della psicoanalisi hanno descritto l’amore come una mistificazione soggettiva intesa a sublimare un bisogno sessuale primario.San Valentino e la smaterializzazione  dell’amore

Più complesse le trattazioni dell’amore da parte di Erich Fromm che nell’”Arte di amare” considera l’amore maturo come un processo di crescita interiore, oltre che una forma di soddisfazione reciproca e di cooperazione, a patto di non viverlo come rifugio alla solitudine, condizione che può volgerlo in una sfera patologica. Anche Carl Gustav Jung vede nell’incontro amoroso una possibilità di arricchimento individuale e di ricongiungimento con la propria anima, considerandolo inscindibile dalla sfera sessuale che “se praticata semplicemente in quanto tale è animalesca, in quanto espressione d’amore invece è cosa sacra”. E, parlando d’anima, non si può non citare James Hillman, che nella “Re- visione della Psicologia” considera l’amore un fenomeno “non umano”, dotato di un potere cosmogonico in grado di strutturare il mondo, un Dio più che un sentimento umano, concludendo che ciò di cui abbiamo bisogno è una psicologia dell’amore alla luce del mito.

L’amore e la società

San Valentino e la smaterializzazione  dell’amoreLe dinamiche alla base dell’innamoramento sono ancora argomento del contemporaneo dibattito scientifico poiché influiscono numerosi fattori, riguardanti una molteplicità di discipline quali la biologia, la psicologia e la sociologia. Sul versante sociologico Francesco Alberoni ha elaborato una vera e propria teoria dell’innamoramento come stato nascente di un movimento collettivo formato da due sole persone che porta alla formazioni di quella comunità che chiamiamo coppia.

Il movimento è una esplosione collettiva improvvisa che trascina gli uomini in un vortice di rivolta e di speranza, li unisce li affratella in una nuova comunità che cerca di trasformare il mondo che la circonda. L’innamoramento sarebbe quindi il motore pulsante dell’intera comunità umana trasformandosi, da pratica quotidiana, in istituzione sociale. Una forza propulsiva che produce non solo cambiamenti nell’organismo umano, come dimostrano gli studi neurofisiologici, ma che è in grado di provocare mutamenti anche negli organismi sociali, quando gli innamorati proiettano nel futuro il loro progetto di vita comune, in un reciproco scambio in cui ciascuno si impegna a fissare i propri limiti individuali e a tenere in considerazione ciò che è importante per l’amato.

Amore è empatia

San Valentino e la smaterializzazione  dell’amoreVorrei concludere questa libera divagazione sull’amore, tornando alla più spiccata specificità umana rispetto alle altre specie biologiche: l’accudimento della prole e, attraverso esso, le capacità accuditive di protezione e cura personale e le complesse dinamiche affettive che ne derivano.

La capacità di riconoscimento individuale, che negli animali è carente o del tutto assente, ha prodotto nell’uomo un’attitudine specie- specifica, cioè tipica della nostra specie. Ciò implica una propensione all’amore maggiore che in qualunque altra specie. E, come è stato evidenziato da molti studiosi come René Spitz, John Bowlby, Donald W. Winnicott, Mary Ainsworth e Daniel Stern, il rapporto madre-figlio è il modello di relazione fondante della specie umana, dal quale deriverebbero tutte le tipologie di attaccamento affettivo successive.

L’amore dunque come caratteristica precipua dell’uomo, che è in grado di riconoscere e esaltare il valore unico e originale del singolo individuo, al di là della sessualità e della distinzione di genere, e di sceglierlo fra miliardi di persone. Per dirla col poeta e filosofo indiano Kabīr, “il cammino dell’amore è stretto e nel cuore c’è posto solo per una persona”.

Questa affinità elettiva si incontra con una delle più nobili speranze umane, quella di essere riconosciuti nella propria vera essenza e amati, eventualità miracolosa per la sua rarità, che sfugge a ogni controllo razionale. Inutile dunque afferrare l’amore e trattarlo come una qualsiasi cavia da laboratorio.

Per tornare a Jung, “se l’uomo possiede un granello di saggezza, deporrà le armi e chiamerà l’ignoto con l’ignoto, ignotum per ignotius, cioè con il nome di Dio”, al pari di quel trasumanar dantesco che non è concesso al linguaggio umano, perché il sentire è maggiore di ciò che se ne può dire.

Maggie S. Lorelli maggiemusic@gmail.com

San Valentino e la smaterializzazione  dell’amore

maggiemusic@gmail.comIn perfetto equilibrio fra cultura, razionalità e rappresentazione di contesti sociali storicamente sedimentati, Maggie S. Lorelli delinea un approfondito saggio su quello che la storia, la letteratura, la teologia, la scienza e la psicologia definiscono amore. E che in realtà è l’essenza dell’evoluzione della vita umana. Se sulla Terra prevalesse l’amore, tutte le leggi sarebbero superflue” sosteneva Aristotele.

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Gianfranco D'Anna
Gianfranco D'Anna
Fondatore e Direttore di zerozeronews.it Editorialista di Italpress. Già Condirettore dei Giornali Radio Rai, Capo Redattore Esteri e inviato di guerra al Tg2, inviato antimafia per Tg1 e Rai Palermo al maxiprocesso a cosa nostra. Ha fatto parte delle redazioni di “Viaggio attorno all’uomo” di Sergio Zavoli ed “Il Fatto” di Enzo Biagi. Vincitore nel 2007 del Premio Saint Vincent di giornalismo per il programma “Pianeta Dimenticato” di Radio1.
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