Lezione sarda ed effetti politici. Unu pagu fele amargurat meda mele, un pò di fiele fa amaro il miele, dice un proverbio sardo che s’attaglia al risultato elettorale bifronte della Sardegna, in bilico ora sull’uno ora sull’altra dei due principali candidati: Paolo Truzzu per il centrodestra e Alessandra Todde per l’alleanza Cinque Stelle – Pd.
Un testa a testa conclusosi al fotofinish con la vittoria di Todde. Gli scenari sono in continua evoluzione, ma il quadro degli stress test dei protagonisti é già delineato.

Per Giorgia Meloni, la lezione sarda prescinde dal voto disgiunto che ha tradito Truzzu fortissimamente voluto dalla Premier ed evidenzia l’urgenza della svolta politica da imprimere a Fratelli d’Italia e al Governo. Una svolta centrista per liberarsi dal continuo ricatto leghista e catalizzare l’intera area moderata e liberal democratica che dalla destra arriva a lambire la sinistra. L’area storicamente presidiata dalla Democrazia Cristiana e dai partiti laici. Una metamorfosi già concretizzata a livello europeo e internazionale dalla Premier, schieratasi da subito e con convinzione e coerenza accanto alle democrazie euroatlantiche e alla Nato. Non una sterzata, ma un allineamento della politica nazionale alla linea internazionale portata avanti con determinazione da Giorgia Meloni, che riscuote il pieno consenso e l’appoggio dell’Occidente, dell’India e di numerosi paesi africani. Per gli ambienti politici, rappresenterebbe un grave errore di valutazione sull’evoluzione del contesto politico in atto evidenziato dalla lezione politica del risultato delle elezioni sarde, perse per una manciata di voti ma perse, soffermarsi solo sulla spregiudicata opposizione interna alla maggioranza da parte di Matteo Salvini e della Lega e sul voto disgiunto che ha pugnalato alle spalle Truzzu per colpire la Premier. Voto disgiunto provato dalla constatazione che mentre i partiti che lo appoggiavano hanno ottenuto il 49% dei voti, lui si è fermato al 45%.
“Quando perdi, non perdere la lezione” diceva il Mahatma Gandhi. E la lezione é che bisogna voltare pagina, superare la concezione partitica del dopoguerra e puntare sulla leadership e sull’aggregazione del consenso politico, che Giorgia Meloni ha dimostrato di interpretare.

E’ un momento cruciale per Matteo Salvini. L’avvitamento del risultato delle regionali sarde presenta una molteplice connotazione negativa: il “boicottaggio” di Truzzu incrina la maggioranza di governo, isola il segretario leghista all’interno del governo e non ha evitato alla Lega di precipitare a meno del 4% e di essere superata e quasi doppiata da Forza Italia.
Sotto esame critico da parte dei big della Lega, Salvini si gioca il tutto per tutto alle europee, alle quali arriverà sulla difensiva su tutti i fronti. Da quello interno di via Bellerio, alla candidatura debordante del Generale Roberto Vannacci che rischia di diventare il nuovo punto di riferimento della Lega, ai buchi nell’acqua delle nomine, del ponte sullo Stretto e dell’autonomia regionale che passeranno sulla sua testa e saranno nella migliore delle ipotesi “rimandati” a settembre per effetto del dente avvelenato post Sardegna di Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia. Per Salvini il count down politico é già iniziato: gli restano solo quattro mesi, fino alle Europee, per invertire la tendenza.

Anche se per il rotto della cuffia, il successo della neo Presidente della Regione Sardegna rilancia la stella politica di Giuseppe Conte. Dopo aver superato l’edipica metamorfosi, attraverso la quale si é affrancato da Beppe Grillo e dai suoi “vaffa” fondativi, l’ex Presidente del Consiglio ha riorganizzato il movimento e lo ha posizionato sulla trincea di un’opposizione frontale, alternata però a disinvolte e spregiudicate trattative sottotraccia con la maggioranza per ottenere nomine Rai e incarichi di sottogoverno.
Il successo cagliaritano del cosiddetto campo largo col il Pd lo rafforza notevolmente in vista del nuovo tira e molla col Nazareno per le eventuali liste comuni nelle altre regioni e probabilmente anche alle europee. Ma rispetto al Pd, non é sfuggito l’esito del confronto della percentuale dei voti, nettamente sbilanciata a favore dei democratici.
Voti ai quali bisogna aggiungere anche la cospicua percentuale raggiunta dal Pd non ortodosso Renato Soru. Voti destinati prima o poi a rientrare alla base. In prospettiva il successo della Sardegna renderà comunque difficile a Conte di sottrarsi all’alleanza del campo largo anche alle politiche.
