Notti di trattative, ma albe e giorni senza nomi al Consiglio europeo di Bruxelles per i nuovi vertici delle istituzioni dell’Unione.
Fumata nera a Bruxelles. Per sapere chi saranno i presidenti di Commissione, Consiglio europeo, Bce e Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza bisognerà attendere l’ ennesima riunione calendarizzata per domani. Lo scoglio è legato al metodo oltre che ai nomi.
Punto di partenza il cosiddetto pacchetto Osaka, ovvero la proposta che i leader di Francia, Germania, Spagna e Olanda hanno discusso in Giappone durante il vertice del G20.
Il pacchetto prevedeva che alla presidenza della Commissione venisse designato lo Spitzenkandidat cioè il candidato capolista dei Socialisti, l’olandese Frans Timmermans;
che la presidenza del Consiglio europeo andasse al premier belga uscente, il liberale Charles Michel; e che come Alto Rappresentante per la Politica estera e di sicurezza comune venisse nominata una donna del Ppe (la bulgara Kristalina Georgieva, attuale direttore esecutivo della Banca Mondiale ed ex commissaria europea, o la sua connazionale Mariya Gabriel, attualmente commissaria Ue all’Economia digitale)
Il pacchetto prevedeva anche l’ attribuzione allo Spitzenkandidat del Ppe, Manfred Weber, la presidenza del Parlamento europeo per tutta la durata della legislatura, ma naturalmente la decisione finale spetta agli eurodeputati che dovranno eleggere il nuovo Presidente dell’Assemblea mercoledì prossimo a Strasburgo, salvo sorprese.
Riguardo alla Banca centrale europea, c’è l’intesa di massima che il nuovo Presidente, il successore di Mario Draghi, possa essere deciso più tardi; ma comunque, nella configurazione del pacchetto, sembrava essere destinato a una candidatura francese.
Un pacchetto che tiene ai margini l’Italia, stretta nella morsa della procedura d’infrazione per eccesso di deficit e delle roventi polemiche internazionali sull’immigrazione.
Già nel primo pomeriggio di ieri, comunque, il cosiddetto “pacchetto di Osaka” veniva duramente contestato dai leader del Ppe, riuniti nel tradizionale pre-vertice a Bruxelles. L’opposizione, indirizzata soprattutto contro il cedimento della guida della Commissione al socialista Timmermans, è stata ribadita nello stesso Consiglio europeo dalla maggior parte dei capi di Stato e di governo aderenti al Ppe, a cui si è aggiunto, prevedibilmente, il deciso no dei paesi del gruppo di Visegrad (Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia).
Per tutta la notte il Ppe ha continuato ad oppori in manierra intransigente al “pacchetto di Osaka” ed al principio degli “Spitzenkandidat.
La rigidità delle posizioni fa apparire estremanente imnprobabile la designazione di Weber alla guida della Commissione prevista per oggi. Per il Presidente francese Emmanuel Macron, che ha riputamente definito Weber inadatto a quel ruolo, sarebbe una sconfitta netta e inaccettabile. Ma neanche la candidatura Timmermans pare abbia molte chance di passare. “Non sembra che abbia un consenso unanime”, ha commentasto il Presidente del Consiglio Conte in sala stampa poco prima delle 7 del mattino.
Se si decidesse di passare al voto, l’olandese rischierebbe di non passare, perché serve la “maggioranza qualificata rafforzata”, ovvero almeno 21 paesi rappresentanti più del 65% della popolazione, o più probabilmente di passare di misura, con diversi paesi contrari, evidenziando la profonda spaccatura dell’Unione.
Ma anche i leader del Ppe sono di fronte a un difficile dilemma: se vogliono davvero far sopravvivere il processo degli “Spitzenkandidaten”, dovranno appoggiare un candidato diverso dal proprio, se non Timmermans, la liberale danese Margrethe Vestager, attuale commissaria Ue alla Concorrenza. Se, invece, insisteranno per avere un esponente del Ppe alla guida della Commissione, dovranno accettare che non faccia parte della lista degli “Spitzenkandidat”.
“Il criterio dello ‘Spitzenkandidat’ – ha osservato il premier – sta incontrando difficoltà. Non può essere l’unico criterio, non dobbiamo legarci solo a quello, alla logica delle affiliazioni politiche. Dobbiamo tenere conto che stiamo scegliendo un presidente della Commissione che dovrà guidare l’Europa per i prossimi cinque anni, con una grande strategia e visione; e quindi – ha concluso Conte – dobbiamo cercare di mantenerci flessibili nella scelta del candidato più giusto e che sicuramente raccolga il più ampio consenso”.
In questo caso, aumenterebbero soprattutto le chance del popolare francese Michel Barnier, che, oltre a vantare un ambito vastissimo di competenze, perché é stato due volte commissario europeo e quattro volte ministro, ha rappresentato concretamente negli ultimi due anni l’unità dei Ventisette come negoziatore capo dell’Ue per la Brexit. Se non si dovesse trovare un accordo diplomatici davano per possibile un rinvio della partita al 15 luglio.
Fonti: AdnKronos, Aska News, Radiocor, Agenzia Nova,Agi, LaPresse