Miraggi e presagi si inseguono fra Kiev e Taiwan, mentre in Ucraina ogni città presenta lo sky line della distruzione. Come Canne, Verdun, Stalingrado e Iwo Jima, la città ormai fantasma di Bakhmut è già entrata nel novero delle battaglie più sanguinose e cruente della storia.
Un buco nero che sta divorando le vite di decine di migliaia di soldati russi e ucraini, ma che strategicamente rappresenta le contraddizioni di entrambi i fronti.

Per i russi che da 8 mesi hanno riversato e immolato in una serie continua di ondate di attacchi, tutti respinti, una cospicua parte delle truppe arruolate con la mobilitazione cosiddetta parziale decisa da Putin e per gli ucraini che nonostante l’accerchiamento da tre lati continuano a resistere e a decimare i mercenari del gruppo Wagner e i reparti regolari di Mosca. Un massacro accentuato dalla potenza di fuoco dei due schieramenti.
Paradossalmente nelle ultime ore è la “pausa tattica”, come viene definita dall’intelligence occidentale, la sospensione degli attacchi da parte dei mercenari della Wagner, il cui capo Yevgeny Prigozhin accusa il Cremlino di non sostenerlo abbastanza e di avere interrotto le comunicazioni, a rafforzare la resistenza delle forze di Kiev che comunque avrebbero già apprestato una ulteriore linea di contenimento fra Kostiantynivka e Kramatorsk.

I think tank dell’ Institute for the Study of War americano ritengono che il gruppo Wagner stia aspettando l’arrivo di munizioni e di rinforzi sufficienti delle truppe russe convenzionali prima di scatenare l’assalto finale della feroce battaglia, la più violenta della guerra.
Al di là dell’eroismo dei soldati di Kiev, esaminando le fasi della battaglia di Bakhmut gli analisti di strategie militari ritengono che i russi stiano combattendo una guerra fortemente scoordinata. Se concentrate sulle linee di difesa ucraine le decine di missili convenzionali e ipersonici che nelle ultime ore hanno colpito obiettivi civili nella capitale e in varie città del paese invaso avrebbero potuto scardinare il fronte e consentire a Mosca se non altro di chiudere l’accerchiamento di Bakhmut.
Invece il comando strategico dei reparti missilistici dell’armata e della marina russa continua a programmare e attuare quasi esclusivamente il bombardamento a tappeto delle infrastrutture civili, lasciando all’artiglieria il compito di martellare le linee ucraine. Ma senza riuscire a colpire in profondità. Come dimostra il forte contro-attacco dell’esercito di Kiev contro siti e centri logistici dove sono concentrate le truppe , gli arsenali e i depositi dell’esercito russo in territorio ucraino. Un’ attacco di alleggerimento che preannuncia la controffensiva di primavera.
Un’altra grave lacuna strategica russa é la sostanziale rinuncia ad impegnare i caccia bombardieri. Un mistero non spiegabile soltanto col timore di perdere i costosissimi jet di ultima generazione. Secondo gli esperti britannici dell’ Institute for Strategic Studies, rispetto alla distruzione del 40% di tutti i suoi carri armati, la Russia ha perso solo il 6-8% della sua forza aerea attiva prima della guerra, perché raramente i caccia con la stella rossa operano oltre le linee del fronte. Una prudenza accentuata dalla consegna a Kiev delle prime batterie del sistema di difesa aerea Patriot da parte di Usa e Germania.

Bakhmut o meno, intanto, sembra proprio che per il momento la guerra attraversi una situazione di stallo. Un’impasse che fa trasparite come dal Cremlino alle trincee ucraine, la strategia e la gestione dell’invasione scatenata da Putin presenti numerose falle e stia mettendo a nudo i punti deboli di Mosca.
La Russia si sta dimostrando ancora più debole di quanto si pensasse. Secondo John Foreman, già addetto militare della Gran Bretagna all’ambasciata di Mosca nonostante i timori degli anni scorsi da parte dell’Occidente, “l’esercito russo non solo é lontano dalla parità con l’America, ma non ha nemmeno raggiunto la parità con le forze armate dell’Ucraina.” In un reportage su The Economist, Foreman afferma che “il conflitto ha dimostrato la debolezza intellettuale, fisica e morale delle forze armate russe e dello stesso generale Gerasimov.”

L’esperto ex addetto militare inglese a Mosca non nasconde le difficoltà della situazione complessiva. ”Anche se in deficit d’approvvigionamento, l’esercito russo gode ancora della superiorità dell’artiglieria e può infliggere pesanti perdite alle truppe ucraine prima che Kiev possa lanciare l’ offensiva primaverile.”
L’artiglieria e la disponibilità di munizioni sono decisivi anche per Ben Hodges, ex comandante generale dell’esercito americano in Europa. Sul The Guardian, Hodges ha osservato che i russi hanno usato l’artiglieria come arma di guerra totale per radere al suolo i centri abitati come Mariupol, Sievierodonetsk e ora Bakhmut, anche a costo di esaurire le scorte o quasi e quindi rivelando un letale tallone d’Achille. Per i comandanti ucraini le loro due armi chiave sono invece i lanciamissili Himars, a lungo raggio, più precisi, ed i droni da ricognizione che aiutano a correggere la mira dei cannonieri.

Il generale Hodges si dice sicuro che “la precisione può sconfiggere la massa” e ha affermato di ritenere possibile costringere la Russia ad abbandonare la Crimea, così come è stata costretta ad abbandonare l’isolata Kherson lo scorso novembre, colpendo ripetutamente le due strade principali che corrono a sud nella penisola occupata, così come la base aerea di Saky e il porto navale di Sebastopoli. Se così fosse a Mosca non resterebbe che sperare nel sostegno concreto dell’appena riconfermato per la terza volta alla Presidenza della Repubblica popolare Xi Jinping.
