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Una vita ritmata dai Duran Duran

by Maggie S. Lorelli

In molti non capiranno la portata dell’evento epocale del ritorno a Sanremo dei Duran Duran dopo quarant’anni.

Solo chi è stato, e soprattutto stata, pre-adolescente nei primi anni ’80, capirà. Ricordo ancora quel giorno. Una vita ritmata dai Duran Duran

Mi voltai per caso verso lo schermo della TV, ancora via cavo, ed ebbi una visione mistica destinata a cambiare la mia vita per qualche anno.

Lo schermo era stato acceso solo alla fine dell’esibizione di un gruppo musicale, ma feci in tempo a vedere un angelo con un mantello – o almeno un gabbano nero che mi sembrava tale – e una criniera biondastra e scapigliata che, se la memoria non mi inganna, abbandonava il palco claudicante, con un piede fasciato e una stampella in mano.

Era il 1985: esattamente 40 anni fa. Anche gli ultimi accordi della canzone mi rimasero impressi: era Wild Boys, ma non è per motivi musicali che la mia adolescenza, fino ad allora quieta, fu profondamente turbata e simbolicamente battezzata da quell’evento.

Credo si sia trattato di una scossa ormonale, il trigger che mi ha attivata come essere sensualmente infiammabile, che mi ha ufficialmente erotizzato.

Il rituale di passaggio tra l’infanzia asessuata e l’adolescenza della bramosia inappagata, e pertanto sofferente e frustrata. Fu un innamoramento vero o, meglio, un’infatuazione infuocata, nel senso etimologico di passione intensa quanto fatua.

Una vita ritmata dai Duran Duran
Maggie S. Lorelli adolescente

Cominciai a informarmi sui settimanali di gossip musicale dell’epoca, in primis Cioè, ve lo ricordate?, su questo gruppo britannico che appresi chiamarsi Duran Duran.

Che nome strano, pensai, apprendendo solo in seguito che derivava dal nome dello scienziato Concierge, il Dr. Durand Durand, rispondente al personaggio interpretato da Milo O’Shea del film Barbarella diretto da Roger Vadim, tratto dall’omonimo fumetto di JeanClaude Forest.

L’evento, tra l’altro, ha secondariamente dirottato i miei gusti cinematografici verso certe pellicole di avventurosa e cervellotica fantascienza.

Diventai ossessiva, prodigandomi in un collezionismo degno di uno stalker maniacale e, direi, minimale: cominciai ad acquistare in edicola ogni tabloid o gadget che riguardasse questo gruppo musicale per ragioni che niente avevano a che fare con la musica, di cui meriterebbe discutere a parte. Ritagliavo le loro sagome, aguzzando la vista per seguire i bordi persino delle loro facce, che rincollavo nei miei diari, le cui pagine erano bagnate di lacrime, come testimoniano ancora le sbavature dell’inchiostro, che il tempo ha opacizzato.

Le ragioni di un tale delirio erano, invece, prettamente ormonali. Quei cinque uomini – ventenni, all’epoca, ma per me, poco più che bambina, uomini fatti – mi suscitavano sensazioni smaniose e sogni appassionati.Una vita ritmata dai Duran Duran

Una vita ritmata dai Duran Duran
I Duran Duran ieri e oggi

Non è eccessivo affatto dire che li amavo. Di quell’amore dirompente, assoluto e sfrenato che solo un’adolescente è in grado di provare con quella cocente intensità. Non li amavo tutti in egual maniera, a dire il vero: idolatravo solo i due più affascinanti, ovvero Simon Le Bon e John Taylor, ignorando completamente i due di bellezza più ordinaria, Roger e Andy Taylor. Anzi, quest’ultimo riconoscevo, in alcuni momenti di lucidità, non essere un granché, sfigurando al cospetto degli altri. Un discorso a parte meritava Nick Rhodes, dall’apparenza androgina, dal viso efebico sempre perfettamente truccato e dalle movenze effeminate.

Ne percepivo tuttavia la malcelata eterosessualità, e gli riservavo a volte qualche furtivo pensiero impuro, concedendomi a lui in segreto solo quando gli altri due mi ferivano l’anima fidanzandosi con altre. Era forte e reale la lama della gelosia che sentivo conficcarsi nel petto infante, e sincero il disprezzo che provavo per le donne, bellissime, che a loro si accompagnavano negli anni, quanto disperante la sofferenza di bambina tradita che provavo.

A dodici anni, per dire solo una delle mie bravate, scappai di casa per aspettarli uscire, in piena notte, da un albergo nel quale soggiornavano. Condividevo questa passione insensata con alcune altre ragazze. Eravamo invasate e a tratti indemoniate: era una specie di setta, provavamo astio nei confronti di chiunque non comprendesse quella follia delirante.

Avevamo completamente emarginato una nostracompagna che, insensatamente, si era innamorata di Claudio Baglioni. La consideravamo patetica e provinciale. Era il look ad attrarci tanto, che condividevano con diversi gruppi della new wave britannica degli anni ’80, nient’altro che uno strascico imbellettato del glam rock in voga nel decennio precedente.

Più avanti i riferimenti, anche musicali, mi sono stati chiari. E anche questo ha rappresentato un condizionamento dei miei successivi gusti musicali, ascoltando con ritardo generazionale i Roxy Music e i Japan, e subendo la fascinazione dei rispettivi frontman Brian Ferry e David Sylvian che in termini di stile e carisma hanno lasciato una traccia.

Dei Duran Duran, per dovere di fedeltà, ho ascoltato tutti gli album, acquistandoli in parte in vinile ed in parte in cd, negli anni della transizione tra i due supporti.Una vita ritmata dai Duran Duran

Ero una studentessa di Pianoforte al Conservatorio: quel cortocircuito nell’ascolto, tra ossequio alla musica classica e attrazione verso il pop, ha segnato il mio ascolto, non direi degradandolo, ma piuttosto arricchendolo e diversificandolo.

Negli ultimi decenni, questa band è diventata cult ed è stata oggetto di una rivalutazione musicale storica da parte di una critica che, all’epoca, la aveva snobbata e bollata come una delle tante band alla moda costruite ad arte per suscitare deliri adolescenziali. Eccome se li hanno suscitati, soprattutto in Italia dove, come dà ad intendere Simon Le Bon in una recente intervista, le vittime sacrificali della passione bruciante sono cadute in massa.

Ne è passata di acqua sotto i ponti da allora, alcuni sono anche crollati in Italia, anche se nel tempo non sono mancati i gruppi musicali che hanno alimentato le fasi ormonali femminili, dalla post adolescenza alla pre-menopausa. E siamo ancora qua, ad aspettarli con trepidazione, dopo l’annuncio di Carlo Conti della loro partecipazione a Sanremo 2025.

L’Italia è cambiata, la stessa umanità è cambiata; gli unici a sembrarci sempre uguali sono loro, a voler sorvolare sulle rughe, le stempiature, i chili di troppo e i guai alla prostata. Anche noi cinquantenni, del resto, non ci sentiamo benissimo ma ancora qualcosa, sotto sotto, riescono a smuoverci. A dispetto delle previsioni, i Duran Duran – nomen omen – sono durati!Una vita ritmata dai Duran Duran

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Maggie S. Lorelli
Maggie S. Lorelli
Maggie S. Lorelli, dopo la laurea in Lettere all'Università degli Studi di Torino, si laurea in Pianoforte al Conservatorio “G. Verdi” di Torino e in Didattica della Musica al Conservatorio “Santa Cecilia” di Roma. Dopo un' esperienza decennale alla Feltrinelli ha collaborato come autrice con Radio 3 Rai e Radio Vaticana e condotto programmi musicali. Ha svolto un tirocinio come giornalista presso l'agenzia di stampa Adnkronos,  scrive per varie riviste musicali specializzate, ha al suo attivo numerosi racconti e “Automi”, il suo romanzo d'esordio. Attualmente è docente di Pianoforte al Liceo musicale.
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