Venti di crisi, di maggioranze variabili e governi alternativi. Come per lo stravolgimento delle stagioni, la climatologia della politica lascia intravedere scenari convulsi che potrebbero determinare cambi di Premier e di alleanze, senza che questo provochi tuttavia una crisi irrisolvibile, una tempesta che spazzi via la legislatura, imponga lo scioglimento del Parlamento e le elezioni anticipate.
Più che l’incognita Matteo Renzi, la domanda chiave per capire i possibili sbocchi della crisi concentrica che sta disintegrando il governo giallo rosso è essenzialmente la seguente: quanti parlamentari dei 5 Stelle sono pronti a seguire Luigi Di Maio in caso di scissione dal movimento?
A conti fatti esistono numericamente tre maggioranze alternative possibili in grado di garantire la fiducia a altrettanti esecutivi diversi dall’attuale.
La più stabile delle eventuali nuove maggioranze sarebbe tuttavia quella in grado di contare sulla golden share di almeno un centinaio di parlamentari pronti ad uscire dal Movimento e seguire un rassemblement, una nuova formazione politica fondata da Di Maio, contrario alla prosecuzione dell’alleanza col Pd e le sinistre, ma messo in minoranza da Beppe Grillo e dal vertice dei 5 Stelle.
Questi i nomi, gli scenari ed i possibili numeri in caso apertura della crisi del Governo Conte bis:
Governo istituzionale
con Premier Mario Draghi. Sulla carta potrebbe contare su una larga maggioranza, formata da Pd ( 88 deputati e 36 senatori) 5 Stelle (207 deputati e 98 senatori) Leu (12 deputati e 5 Senatori) il folto gruppo misto, rinforzato dai cosiddetti responsabili e l’apporto o l’astensione di Fi (97 deputati e 60 senatori).
In attesa che al Quirinale si valuti l’eventuale interpretazione dell’articolo 59 della Costituzione sui Senatori a vita di nomina Presidenziale, nel caso di una premiership di Mario Draghi si è giunti a quantificare da tre a cinque punti di Pil il valore aggiunto di cui potrebbe giovarsi l’economia italiana per la fiducia che mercati e governi internazionali ripongono sull’ex Presidente della Bce.
Per quanto riguarda i Ministeri chiave, l’eventuale Governo Draghi confermerebbe all’Economia Roberto Gualtieri, all’Interno Luciana Lamorgese, alla Difesa Lorenzo Guerini, ai Beni Culturali Dario Franceschini, e Sergio Costa all’ Ambiente, mentre per Di Maio sarebbe previsto un cambio di dicastero. Per la Giustizia si prospetta la nomina di Giuseppe Pignatone.
Governo di fine legislatura
presieduto da un esponente dei 5 Stelle ( Vincenzo Spadafora o Sergio Costa) e formato da Pd, 5 M5S , Leu, sinistre, gruppo misto e da tutti i cosiddetti responsabili fuoriusciti da Fi. Potrebbe contare su una maggioranza sicura alla Camera e di poco al di sopra della fiducia al Senato. Per i Ministeri chiave, oltre alla conferma di Gualtieri all’Economia, Lamorgese all’Interno, Guerini alla Difesa, potrebbe prevedere Giuseppe Conte agli Esteri, Di Maio alle infrastrutture e Pignatone alla Giustizia.
Governo di programma Di Maio Salvini Meloni
Quella del ritorno di fiamma di Di Maio e del ribaltone è l’ipotesi meno probabile, ma più evocata e temuta dall’attuale maggioranza ed include inoltre anche la variabile “con o senza Renzi”. Sulla base della golden share dei parlamentari grillini (dai 50 a circa 100 deputati e almeno 35 senatori) che sarebbero pronti a seguire di Maio, lo schock del ribaltone sarebbe corroborato da una solida maggioranza tanto alla Camera che al Senato, incentrata sul centro destra a trazione leghista e con l’apporto di Forza Italia in funzione anti sinistre.
Oltre all’accordo sul Premier (Giorgetti) sarebbe tuttavia ancora tutta da raggiungere l’intesa sugli eventuali vice Premier (Meloni e Di Maio) ed i principali Ministeri, a cominciare da Economia ( Tremonti,Tria?) Interno ( Bongiorno, Crimi?) Esteri (Di Maio?) Difesa ( Salvini, Fraccaro, Crosetto?) alla Giustiza (Sisto, Coppi?) per poi passare allo spoil system di Intelligence, Rai, aziende di Stato e consociate.
Le sirene leghiste sono al lavoro, ma l’Ulisse Di Maio sembra saldamente legato all’albero maestro dell’attuale governo Conte