by Vincenzo Musacchio*
Il lockdown decretato a Napoli si è trasformato in una guerriglia urbana organizzata, con tanto di coinvolgimento della camorra che – secondo il Presidente della Commissione parlamentare antimafia Nicola Morra – avrebbe pilotato gli assalti contro le forze dell’ordine davanti il palazzo della Regione Campania.
Ciò che in tanti temevano, è accaduto. Il disagio sociale si è trasformato in un terreno fertile per le mafie che mirano soprattutto al consenso collettivo organizzando anche forme di ribellione come quella di Napoli.
Dopo la protesta, la criminalità organizzata concederà servizi e assistenza, cioè quello di cui la parte più povera della società ha necessità. Saranno concessi benefici facili, benefici trappola, che dovranno essere restituiti ad un prezzo altissimo e porteranno immancabilmente allo sfruttamento economico e spesso a forme di favoreggiamento forzato dei soggetti richiedente.
In momenti di emergenza come quello attuale e come quello che si sta prospettando nei prossimi mesi, il livello di attenzione, su queste forme di benefici apparenti, che le mafie tentano di offrire alle fasce più povere della società, deve essere altissimo.
Non dimentichiamoci la lezione del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, il quale riteneva che il volano delle protezioni mafiose scaturisse dagli elementari diritti che lo Stato non era in grado di assicurare.
Basterebbe che le istituzioni riuscissero a garantirli, senza se e senza ma, i diritti dei cittadini, dei commercianti, degli artigiani e le mafie verrebbero automaticamente private di questo enorme business criminale e della presa che determina sul territorio.
Sui diritti negati, le mafie agiscono e consolidano la propria forza. I fatti incresciosi accaduti a Napoli mettono ancora una volta a nudo le criticità e le disuguaglianze sociali accentuate dalla pandemia.
A soffrire di più sono le persone indigenti, che hanno un reddito basso o che l’hanno perso dopo aver chiuso la propria attività, quanti sopravvivono di lavori salutari o chi addirittura lavora solo “in nero”. Tutti soggetti uniti accomunati una situazione di bisogno materiale che però, per la loro particolare condizione, non hanno accesso o non hanno gli strumenti per accedere alle forme di sostegno che lo Stato dovrebbe mettere a loro disposizione.
Rispondere ai bisogni di un cittadino o di una comunità, garantendo diritti uguali per tutti, è un dovere costituzionale della nostra Repubblica.
Nello stesso tempo è anche una forma di prevenzione “ante delictum”, una difesa contro chi specula proprio sui bisogni delle persone, sfruttando le necessità dettate da questo particolare momento di crisi.
Oggi le istituzioni non riescono tempestivamente, o peggio non riescono proprio, a dare risposte ai bisogni primari delle persone e di conseguenza i clan subentrano offrendo la loro interessata e criminale “assistenza”.
E’ un circolo vizioso dal quale non si esce più. Una morsa mortale che strangola lentamente i soggetti più svantaggiati. Prima si “regala” per ottenere consenso e poi si assoggetta e s’ingloba l’attività di quanti hanno fatto ricorso all’ “aiuto” mafioso.
Nonostante sia palesemente perverso, questo meccanismo rafforza notevolmente i clan che controllano i territori, e sfruttano sempre più negozianti e operatori economici assoggettandoli ai loro ricatti.
In questi mesi, Cosa Nostra ha distribuito cibo agli abitanti dei quartieri popolari di Palermo che non potevano permetterselo. La Camorra ha fatto lo stesso verso i più bisognosi a Napoli e provincia. La ‘ndrangheta, addirittura non ha distribuito cibo, ma denaro che ha consegnato direttamente alle famiglie come se fossero buoni spesa.
E’ il nuovo “welfare mafioso” organizzato sotto gli occhi di uno Stato anchilosato dalle tante, troppe, incombenze per di più moltiplicatesi a causa di una crisi epocale.
Se sussisteranno ancora politiche inadeguate, ritardi ingiustificati e le superficialità con cui fino adesso è stata fronteggiato il marasma della pandemia, le mafie trasformeranno il lockdown e l’indotto della crisi in un affare colossale.
Inefficienza della politica e disagi sociali sono infatti strettamente connessi e il disagio sociale non solo alimenta, ma fa ulteriormente proliferare le mafie.
*Vincenzo Musacchio professore di diritto penale, associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studiesdi Newark (USA). Ricercatore dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra.