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Rubrica di critica recensioni anticipazioni
by Augusto Cavadi
Che nella discussione pubblica scatenata dalla pandemia del covid-19 intervengano – contro le mascherine, poi contro i vaccini, poi contro i pass – personaggi grigi che, per la prima volta nella vita, possono dare del cretino a un virologo di fama internazionale o dell’assassino a un ministro della Repubblica democratica, non mi stupisce.
A interrogarmi, invece, sono gli interventi ‘anti-’ di persone (spesso miei colleghi filosofi) che ho sempre stimato per la vastità delle letture e per l’acume degli scritti. Un libro ricevuto in dono dalla curatrice, L’individuo radicale di Max Stirner. Nichilismo e terrorismo nell’Europa della seconda metà dell’Ottocento (Bibliosofica, Roma 2021, pp. 116, euro 13,00), a firma del compianto Giovanni Feliciani, mi ha lanciato un flash illuminante suggerendomi una chiave di interpretazione del fenomeno contemporaneo che non cessa di stupirmi.
Il libro, infatti, è un testo sull’anarchia (su una certa versione dell’anarchia, intesa – come suggerisce in Prefazione Guido Simone Neri – come “filosofia della vita molto vicina ad autori classici del pensiero filosofico tardo ottocentesco come Simmel, oltre che, ovviamente a Nietzsche”, p. 21) scritto da un anarchico: un anarchico talmente “radicale” da non accettare di aggregarsi a nessuna associazione o a nessun movimento di anarchici, concentrato sulla difesa a oltranza della libertà dell’individuo. Tale libertà si manifesta (a detta dell’Autore in sintonia con Albert Camus: “Che cos’è un uomo in rivolta? Un uomo che dice no”) come “continua e implacabile affermazione, trasgressione e rivolta contro il potere dominante” (p. 28).
