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Anarchici Russia Cina e terrorismo: l’analisi dell’intelligence

Minaccia anarco-insurrezionalista in primo piano. Caratterizzata da componenti militanti “determinati a promuovere, attraverso una propaganda di taglio fortemente istigatorio, progettualità di lotta incentrate sulla tipica ‘azione diretta distruttiva”. A lanciare l’allarme è la Relazione annuale sulla politica dell’informazione per la sicurezza, presentata oggi a Roma.

Anarchici Russia Cina e fondamentalismo: l'analisi dell'intelligence
La sede a Piazza Dante a Roma dei servizi d’intelligence

Ma non c’è soltanto il caso Cospito e la minaccia anarco insurrezionalista a catalizzare l’attenzione dell’intelligence italiana. Ecco nel dettaglio la relazione:

La Relazione sulla politica dell’informazione per la sicurezza relativa al 2022 offre, nei limiti imposti dal vincolo di riservatezza, una panoramica degli esiti dell’attività di analisi delle informazioni, raccolte con strumenti convenzionali e in ambiente classificato, finalizzate a tutelare la sicurezza della Repubblica e a proteggerne gli interessi politici, militari, economici, scientifici e industriali a fronte di uno scenario della minaccia assai fluido e contraddistinto da continue evoluzioni. Presentata oggi a Roma, la relazione “Sulla politica dell’informazione per la sicurezza” evidenzia come l’attenzione dell’Intelligence nazionale è elevata rispetto ai rischi di un’escalation in Ucraina collegati alla prosecuzione del conflitto, inclusa la minaccia dell’uso dell’arma nucleare da parte della Russia che tuttavia al momento viene valutata come improbabile.

Secondo il documento di intelligence l’invasione ha “indotto l’Occidente a riflettere sull’efficacia e la consistenza effettiva dello strumento militare russo, alla luce dell’andamento delle operazioni in Ucraina, e sui rischi escalatori connessi alla prosecuzione del conflitto”. In particolare, si legge nella relazione, “i fallimenti strategici di Putin appaiono ascrivibili a deficit interpretativi dello scenario ucraino, alla sottovalutazione della portata, rapidità e coesione della risposta occidentale all’invasione in Ucraina e alla sottostima della tenacia del popolo e delle Forze di Kiev”.

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Vladimir Putin

Secondo la valutazione dell’intellligence, si ritiene che il presidente russo Vladimir Putin “sia stato indotto ad agire dal suo convincimento che le forze armate russe fossero capaci di conseguire, in pochi giorni, la vittoria militare, evitando dunque il sovrapporsi di pacchetti sanzionatori da parte dei Paesi occidentali (come invece avvenuto)”.

Infrastrutture strategiche

Nell’ambito della protezione delle infrastrutture critiche, “il settore delle telecomunicazioni ha continuato ad assumere valenza cruciale. Il focus si è concentrato su dinamiche e potenziali conseguenze delle progettualità relative alla creazione di un unico operatore di rete, nonché sull’attivismo di soggetti esteri in direzione dei principali operatori attivi in Italia, finalizzato a favorire la diffusione di soluzioni tecnologiche sulla base di interessi non esclusivamente economici”, si legge ancora. In una economia “fortemente proiettata sui mercati internazionali come quella italiana, in cui l’apertura ai commerci esteri rappresenta uno dei pilastri della crescita economica, le infrastrutture portuali costituiscono uno snodo fondamentale della catena del valore. L’importanza di queste strutture e di quelle a esse collegate – si legge nella relazione – è testimoniata, tra l’altro, dal potere di controllo attribuito dallo Stato alle Autorità di Sistema Portuale e dal recente inserimento degli interporti tra gli attivi del settore trasporti che ricadono nella disciplina Golden Power. In questo quadro, l’Intelligence si è mossa, in linea di continuità con il passato, per acquisire tempestivamente elementi di eventuali progettualità di proiezione malevola di attori stranieri potenzialmente miranti a interferire con il corretto funzionamento di interi sedimi portuali, singoli terminal o aree retroportuali, in danno degli interessi degli operatori nazionali ed europei”.

La Russia

Secondo il rapporto la Russia promuove una narrativa mirata a sostenere la propria figura di fornitore di armi a Paesi del Sud globale. “Dopo le prime fasi della guerra, si è anche notata un’evoluzione della narrativa e dell’attivismo diplomatico russo”, si legge nel documento, secondo cui la volontà di Mosca è quella “di evidenziare la capacità” di “coagulare il dissenso verso la concezione cosiddetta ‘unipolare’ della sicurezza internazionale imposta dall’Occidente”. La Russia, si legge in oltre nella relazione, sta tentando di “prevenire che nei consessi internazionali, come il G20 e l’Assemblea generale delle Nazioni Unite, Mosca si trovi isolata, come osservato più volte in occasione delle risoluzioni di condanna per l’azione russa in Ucraina”. La Russia sta tentando di amplificare l’allineamento con la Cina, l’India, i cosiddetti Brics in generale, “puntando ad ampliarne l’appartenenza, e i Paesi del Sud globale nella promozione di una narrativa anti-occidentale”.

La Russia non smetterà di interferire nelle dinamiche politiche e nei processi decisionali interni ai Paesi Nato, ricorrendo ancor più che in passato a metodi coercitivi e manipolativi. Fra questi, la relazione indica “attacchi cyber, disinformazione, ricatti e utilizzo di leve come quella migratoria ed energetica, quest’ultima destinata a perdere di rilevanza con l’impegno occidentale a trovare alternative alla dipendenza energetica dalla Russia”.

La guerra in Ucraina

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Il conflitto in Ucraina ha evidenziato il fallimento degli obiettivi strategici prefissati dalla Russia (tra cui il cambio di governo a Kiev e l’acquisizione di territori di interesse strategico), che Mosca aveva ritenuto di agevole e veloce realizzabilità.

L’Intelligence italiana ha monitorato da vicino il quadro delle relazioni e delle tensioni che hanno preceduto e seguito l’avvio dell’invasione russa dell’Ucraina denominata “operazione militare speciale”, un’attività cui ha partecipato il Comparto nazionale in attività informative e di analisi. Grazie a tale attività, è stato possibile “un aggiornamento costante dei vertici politici nazionali sugli sviluppi in atto e le loro possibili implicazioni, affinando sempre più gli obiettivi della raccolta informativa, nonché lo sguardo analitico sugli avvenimenti in corso”, si legge nella relazione, secondo cui l’intelligence si sono concentrate sulle ricadute “del conflitto nel contesto europeo e nazionale, in particolare sotto il profilo delle conseguenze socio-economiche discendenti dal ritorno della guerra in Europa”.

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Il sottosegretario Alfredo Mantovano fra il Presidente del Copasir, Lorenzo Guerini, e la Direttrice del Dis, Elisabetta Belloni

La guerra in Ucraina non ha effetti solo a Kiev ma ramificati a livello globale, come evidente ad esempio in Africa, ha affermato il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Alfredo Mantovano. La relazione “non è una raccolta di dati statistici” ma aiuta a capire “i differenti scenari di crisi”, ha rilevato Mantovano. Il documento, secondo il sottosegretario, ha la capacità di descrivere gli effetti che hanno a livello globale i diversi teatri di crisi. Mantovano ha parlato di un effetto “a cerchi concentrici”, usando l’espressione di “terzi guerra mondiale a pezzi”, usata già da papa Francesco. La presenza del presidente del Copasir, Lorenzo Guerini, evidenzia il rapporto tra governo e Parlamento sul tema della sicurezza, ha sottolineato Mantovano.

Con la guerra in Ucraina “è in discussione l’ordine mondiale”, avendo effetti sulla sicurezza nazionale. Lo ha affermato il direttore generale del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (Dis), Elisabetta Belloni.

“La sfida è quella di giocare in anticipo”, facendo previsioni sugli scenari futuri, concentrandosi su aree come i Balcani, il Mediterraneo, l’Africa del Nord e i Paesi Mena. “Tanto più ci si concentra su queste minacce”, tanto più ci si accorge di lavorare “su cerchi concentrici”, ha rilevato Belloni, spiegando che l’osservazione si allarga fino all’Indo-pacifico. Nella relazione di quest’anno si è cercato di razionalizzare i contenuti e puntato sulla veste grafica, ha aggiunto l’ambasciatore.

Il conflitto in Ucraina ha comportato un aumento delle spese militari in Europa. “A seguito dell’invasione russa dell’Ucraina, un numero crescente di Paesi si è impegnato a destinare il 2% del PIL nazionale alla difesa. Nel 2014, erano tre i Paesi dell’Alleanza Atlantica (Grecia, Regno Unito e Stati Uniti) che rispettavano tale indicazione. Nel 2022, quei Paesi sono diventati nove”, si legge nel documento.

Il comparto della Difesa

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Il ritorno della guerra nel Continente europeo “ha posto in luce la portata strategica anzitutto degli attori industriali della difesa, in quanto componenti essenziali per la capacità del Sistema Paese di tutelare la propria sovranità e i propri interessi vitali. Nel contempo, essi esprimono avanzate capacità industriali e di innovazione, contribuendo in misura importante al prodotto interno, nonché presidiando significative quote di mercato internazionale”. Per quanto attiene al settore aerospaziale, prosegue la relazione, “l’azione di presidio informativo si continua a misurare con una catena del valore italiana strettamente connessa a quella europea, con le eccellenze del nostro Paese protagoniste sia dei principali progetti dell’Agenzia Spaziale Europea-Esa sia di quelli internazionali. In tale contesto, l’attività informativa è stata rivolta alla prevenzione, all’individuazione e al monitoraggio di tentativi di ingerenza di soggetti esteri, volti a depotenziare o finanche marginalizzare il nostro comparto industriale ad alto valore aggiunto nei principali mercati internazionali di settore”.

Il 2022 è stato contraddistinto da una combinazione di sfide alla sicurezza, molte delle quali innescate dalla guerra in Ucraina. Lo ha affermato il direttore dell’Aise, Giovanni Caravelli. L’Ucraina non era un’area strategica per il comparto di sicurezza nazionale, “ma abbiamo recuperato il terreno”, ha rilevato Caravelli. Sono emersi nuovi problemi nella dimensione di sicurezza energetica ma anche in quella alimentare, come testimoniato dalla “crisi del grano”, ha osservato. Nel contesto della guerra in Ucraina, Stati Uniti e Regno Unito hanno messo in evidenza un nuovo uso dell’intelligence, ha sottolineato il direttore dell’Aise. Il conflitto ha inoltre rafforzato il “senso di unità europea” e intensificato lo scambio di intelligence tra Paesi alleati, ha aggiunto Caravelli.

Spionaggio ciberneticoAnarchici Russia Cina e fondamentalismo: l'analisi dell'intelligence

Una lieve crescita (+3 punti percentuali) “è stata registrata con riferimento ai gruppi statuali o sponsorizzati da Stati che hanno fatto ricorso ad azioni di spionaggio cibernetico, che si sono attestate al 26 per cento del totale”, si legge nel rapporto. “Nel periodo in esame, sono stati osservati da parte di questi attori tentativi di sfruttamento delle vulnerabilità presenti nei sistemi di connessione remota – utilizzati per finalità di telelavoro – con l’obiettivo di guadagnare l’accesso a risorse informatiche di aziende e organizzazioni”, si legge nella relazione.

In generale, “per quanto concerne gli esiti delle azioni ostili, si è registrata una significativa prevalenza di offensive tese a inibire l’erogazione di servizi, attraverso il ricorso ad armi digitali in grado di eliminare dati e programmi presenti nei sistemi dei dispositivi target, rendendoli inutilizzabili (circa il 31 per cento del totale, in aumento di 30 punti percentuali rispetto all’anno precedente), seguite da azioni funzionali a successivi attacchi (scese all’11 per cento, con una differenza di circa 30 punti percentuali rispetto al 2021). Direttamente connesso all’incremento di azioni di matrice criminale è il sensibile aumento di azioni finalizzate al furto di identità e/o credenziali (al 53,5 per cento, in crescita di quasi 48 punti percentuali), messe in vendita su portali e forum dedicati del dark e deep web”, evidenzia la relazione.

La Cina

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La Cina è l’unico Paese dotato sia dell’intenzione di riplasmare l’ordine globale sia, in prospettiva, delle capacità di farlo.  “La proiezione globale cinese, esito del suo crescente peso economico, dell’entità dei traguardi tecnologici e industriali raggiunti, nonché del correlato peso internazionale sempre più rivendicato, è alla costante attenzione dell’Intelligence nazionale”, rileva il documento. Secondo il rapporto, “nel più grande disegno globale, il primo centro di attenzione della Cina è la dimensione regionale, dove Pechino manifesta l’intento di conseguire la riunificazione con Taiwan, vedere riconosciute le sue rivendicazioni territoriali nel Mar Cinese Meridionale e Orientale e, al confine con l’India, contrastare la presenza militare statunitense, cercando di incrinare i consolidati sistemi di alleanze di Washington nei quadranti indo-pacifici”.

Le ambizioni di Pechino, ricorda tuttavia l’intelligence, vanno oltre la dimensione regionale, “come dimostrato dalla crescente assertività in seno alle Nazioni Unite, dall’intensificazione dei tentativi di controllare la diaspora cinese nel mondo, dalla creazione della sua prima base militare all’estero a Gibuti nel 2017 e dal lancio, rispettivamente a settembre 2021 e aprile 2022, della Global Development Initiative e della Global Security Initiative. Il tutto nel quadro di un’iperbole della ricerca scientifica cinese, che ha visto la Cina affermarsi negli ultimi anni anche nel settore spaziale, come già evidenziato nella Relazione Annuale 2021. Ottenuti questi obiettivi, nell’ottica dei leader cinesi, l’ordine geopolitico in Asia e nel mondo rifletterà l’enorme crescita economica del loro Paese dalla fine degli anni ’70 a oggi, che ha portato la Cina a essere il primo partner commerciale di pressoché tutti i Paesi della regione e al centro dei più importanti accordi in materia”.

Dall’altra parte, prosegue la relazione, “molti Stati osservano con timore la crescita della potenza e dell’assertività cinese, anche con riferimento allo sviluppo dello strumento militare, e stanno prendendo delle contromisure, i cui lineamenti sono compendiati nelle ‘dottrine sull’Indo-Pacifico’ varate da più Paesi occidentali e attori d’area”. La relazione ricorda, ad esempio, come il Giappone abbia annunciato l’obiettivo di incrementare le spese per la difesa dall’1 per cento del Pil al 2 per cento in cinque anni, con un focus sul proprio arsenale missilistico, e abbia raggiunto un accordo con l’Australia per il reciproco sostegno logistico tra le rispettive forze armate. O come il Regno Unito abbia dichiarato la fine dell’epoca d’oro dei rapporti tra Londra e Pechino, suggellando un proprio maggiore attivismo verso l’intero quadrante Indo-Pacifico, che ha compreso numerose iniziative strategiche tanto di natura militare quanto economiche. Viene citata anche l’India, che ha aumentato le spese militari di circa il 50 per cento nell’ultimo decennio, con un’ulteriore accelerazione dopo gli scontri alla frontiera con la Cina nel 2020 (ripetutisi su scala ben più piccola nel dicembre 2022).

Nuova Delhi ha anche intensificato la collaborazione strategica con Stati Uniti, Australia e Giappone all’interno del Dialogo quadrilaterale di sicurezza, il cosiddetto Qaud, ma “rimane legata alla sua tradizionale postura non allineata e al suo storico rapporto di collaborazione con Mosca”. “Nelle aree oggetto dei propri obiettivi di espansione, la Cina enfatizza la sua capacità di fornire soprattutto infrastrutture e strumenti per la sicurezza dei regimi al potere, senza interferenze di potenze extraregionali. Nei medesimi contesti, gli Stati Uniti puntano più sulla libertà della navigazione, sulla resilienza al cambiamento climatico, sulla connettività e la sicurezza dei dati digitali e sullo sfruttamento sostenibile delle risorse ittiche. La competizione per l’egemonia nell’Indo-Pacifico è in pieno svolgimento: si tratta di una regione che ospita circa due terzi della popolazione mondiale e che produce più del 60 per cento del Pil globale, e questo decennio sarà probabilmente decisivo”, conclude la relazione dell’intelligence.

Il Sahel

In Africa occidentale, e in particolare nell’area del Sahel, il ridimensionamento della presenza militare occidentale ha aperto nuovi spazi alla Russia, fenomeno questo seguito con particolare attenzione e preoccupazione dall’intelligence. “L’endemica frammentazione sociale che da tempo affligge quel quadrante ha continuato, nel 2022, ad alimentare la violenza, riflesso di un’acuta disparità sociale, tribale e di casta, e di storici fenomeni di marginalizzazione. Su ciò, si innesta una fragilità istituzionale diffusa, che ha alimentato un susseguirsi di colpi di Stato dal 2020 e l’affermazione di nuove classi dirigenti, giovani e a tratti spregiudicate, provenienti dai ranghi militari e intente, con ampio supporto popolare, a scardinare i meccanismi di collaborazione e cooperazione sviluppati nel tempo con i tradizionali partner occidentali”, si legge nella relazione. “Un vero e proprio cambio di paradigma che, specie sulla scia di crescenti sentimenti antioccidentali e di condizioni di sicurezza insufficienti, ha registrato la rimodulazione dei dispositivi di assistenza militare operanti in loco (fine dell’Operazione francese Barkhane, ridispiegamento della Task Force Takuba e riduzione degli effettivi della Missione Minusma in Mali). Il pressoché contemporaneo ingresso nel quadrante, a partire dal Mali, di truppe mercenarie russofone a supporto dell’esercito regolare ha squilibrato del tutto i rapporti di forza”, prosegue il documento.

Nel 2022 – afferma la relazione – la situazione interna è rimasta fortemente precaria, con complesse interlocuzioni intra-istituzionali e settarie e, sul piano della sicurezza, un accentuato attivismo delle formazioni jihadiste che, di fatto, hanno sottratto alle autorità di transizione il controllo di vaste zone. Lo scadimento politico-sociale, la presenza russa nel Paese e la decisione della giunta militare di prolungare la transizione per un periodo dai 6 mesi ai 5 anni hanno determinato anche una crisi, a inizio anno, nei rapporti tra Bamako e la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Cedeao) che ha imposto al Mali sanzioni, seguita dall’Unione europea”, osserva il rapporto, sottolineando che a luglio gran parte dell’impianto sanzionatorio è stato revocato a seguito della decisione del governo di transizione di rendere pubblico il nuovo calendario elettorale.

Con due colpi di Stato in meno di un anno consumatisi sull’onda del peggioramento dei parametri economici e di sicurezza, prosegue la relazione, anche la situazione in Burkina Faso è restata all’attenzione dell’intelligence. Il Paese pare avviato a diventare un nuovo epicentro di crisi, considerati i crescenti livelli di agitazione politica e l’elevata violenza terroristica (con circa il 40 per cento del territorio fuori dal controllo delle autorità burkinabé). A fronte di tali situazioni emergenziali, il Niger si è invece confermato piuttosto stabile e costituisce ormai il principale riferimento occidentale nell’area saheliana, anche grazie al varo di coraggiose riforme tese, da un lato, a scardinare le dinamiche alla base degli scontri interclanici e tra comunità, dall’altro, ad accrescere i tassi di scolarità delle fasce giovanili. Tuttavia – si legge nel documento – sono restate latenti talune vulnerabilità trasversali all’intero Paese, che stridono con le riforme e offrono spunti di preoccupazione per l’attività informativa nazionale impegnata anche nella tutela degli assetti italiani principalmente dispiegati nella Missione bilaterale di supporto in Niger-Misin. Il quadro securitario, infatti, risente delle ricadute della crisi maliana e della precaria situazione delle regioni settentrionali della Nigeria ed è gradualmente peggiorato in numerose aree del Paese dove le sigle terroristiche mantengono significative capacità offensive e hanno via via acquisito il controllo di vaste porzioni di territorio”, conclude il rapporto.

Migranti

La Tunisia, nel 2022, si è attestata quale secondo Paese di partenza dei flussi migratori via mare diretti in Italia, nonché seconda nazionalità dichiarata allo sbarco sul territorio nazionale. La spinta migratoria risulta in aumento del 60 per cento rispetto al 2021, soprattutto “a causa della perdurante crisi economico-sociale e la vicinanza geografica alle coste italiane”. “Tale flusso rimane caratterizzato da una natura prevalentemente autoctona, sebbene si registri una crescente presenza, sia in termini assoluti che percentuali, di subsahariani, spesso presenti da tempo nel Paese”, riferisce poi la relazione, secondo cui “i flussi in ingresso in Tunisia dai Paesi confinanti si confermano da ovest (Algeria), in coesistenza con i traffici di oli minerali, di stupefacenti e di altri beni, e da sud-est (Libia)”. “Le imbarcazioni usate dai facilitatori sono, diversamente dal caso libico, natanti prevalentemente di dimensioni più contenute, meno resistenti e capienti, ma veloci e quindi difficilmente identificabili, che talvolta determinano i cosiddetti ‘sbarchi fantasma’, eludendo il dispositivo di controllo nazionale”, si legge poi nella relazione.

Medio Oriente

Strategica per i nostri interessi nazionali, l’area del Nord Africa e del Medio Oriente mostra perduranti criticità politiche, militari ed economiche, in Paesi quali la Libia, la Siria, il Libano e lo Yemen. Alcuni Paesi “sono teatro di lunghi conflitti armati, con presenze e/o interventi militari anche stranieri, nonché soggetti all’attivismo di milizie tribali e di formazioni terroristiche jihadiste”, si legge nel documento. La persistenza dello stato di guerra e le conseguenze di gravi crisi economiche “hanno contribuito alle emergenze umanitarie che affliggono le loro popolazioni, con significative quote di esse colpite da insicurezza alimentare. Dal punto di vista economico, con i dati disponibili per l’anno 2022, si segnala come Libano e Siria registrino valori di alcuni indicatori (Pil, indice dei prezzi al consumo, tasso di disoccupazione) peggiori in misura significativa rispetto a quelli dell’area Mena – Medio Oriente e Nord Africa – nel suo complesso”, aggiunge la relazione.

Nel corso del 2022 l’attività informativa è stata rivolta a quei processi e dinamiche che stanno interessando il quadrante “modificandone in parte i tradizionali assetti di alleanze e prospettando nuovi e rilevanti scenari per tutta la regione. In particolare, si è assistito al consolidarsi di quei processi di normalizzazione che hanno interessato importanti attori regionali, come gli Accordi di Abramo (tra Israele e alcuni Paesi del Golfo) e la distensione diplomatica tra il Qatar e gli altri partner del Consiglio di cooperazione del Golfo”. Tali sviluppi, “in ottica nazionale, contribuiscono a ridurre i fattori di tensione nella regione permettendo, allo stesso tempo, un rilancio dei rapporti economici tra queste realtà. La nuova collocazione dello Stato ebraico apre, in particolare, a innovativi schemi di alleanze nella regione (come il cosiddetto gruppo del Negev che unisce Stati Uniti, Israele, Marocco, Bahrein, Emirati Arabi Uniti), con il dischiudersi di ipotetici partenariati anche nell’ambito della sicurezza”, prosegue il documento. Sebbene in uno stato ancora embrionale, “simili processi hanno interessato anche la Turchia, che ha fatto registrare progressi nei rapporti con alcuni attori nella regione, specie Israele ed Egitto. Per quanto riguarda Israele, poi, permangono all’attenzione le dinamiche relative alla questione palestinese, tema dal quale originano significative tensioni che si riverberano in tutta l’area. L’eventuale adozione di iniziative a danno dei palestinesi può avere ricadute negative sulla stabilità e sicurezza di tutta la regione”, conclude la relazione.Anarchici Russia Cina e fondamentalismo: l'analisi dell'intelligence

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Gianfranco D'Anna
Gianfranco D'Anna
Fondatore e Direttore di zerozeronews.it Editorialista di Italpress. Già Condirettore dei Giornali Radio Rai, Capo Redattore Esteri e inviato di guerra al Tg2, inviato antimafia per Tg1 e Rai Palermo al maxiprocesso a cosa nostra. Ha fatto parte delle redazioni di “Viaggio attorno all’uomo” di Sergio Zavoli ed “Il Fatto” di Enzo Biagi. Vincitore nel 2007 del Premio Saint Vincent di giornalismo per il programma “Pianeta Dimenticato” di Radio1.
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