Autoanalisi di governo
Orizzonti inediti di crisi psico politica. I convulsi scenari che si agitano a Palazzo Chigi, prima ancora di presunti sintomi paranoici o di immaturità, sembrano evidenziare sindromi da apprendisti stregoni che rischiano di incidere pesantemente sull’assetto politico economico del Paese.
Dalle drammatiche fasi del varo del Governo giallo verde, all’ingorgo senza accordo sulle nomine che si trascina dall’estate e paralizza gangli sensibili della sicurezza nazionale, delle istituzioni e dell’economia, all’inestricabile pasticcio del decreto per Genova, fino alla inimmaginabile accusa di manipolazione di provvedimenti varati dal Consiglio dei Ministri, si sono di gran lunga superate tutte le soglie di crisi istituzionali e politiche finora vissute in 72 anni di storia repubblicana.
Questione di mesi, ma la rotta di collisione sempre più marcata fra la nebulosa nazional popolare di Luigi Di Maio e dei 5 Stelle e la concreta e decisa politica populista di Matteo Salvini e della Lega è inevitabilmente destinata all’apertura di una crisi di governo. O quanto meno di un profondo rimpasto.
Un epilogo che Salvini cercherà di rinviare finché possibile per fare esplodere tutte le contraddizioni e i disastri procedurali dell’azione di Governo del Vice Premier e pluri ministro del Lavoro e dello sviluppo economico Di Maio. Nonché dei Ministri pentastellati a lui più vicini: Toninelli, Lezzi e Giulia Grillo.
Viste le ultime contorsioni non è da escludere che la crisi la apra Di Maio. Per tempi e modi potrebbe rappresentare un azzardo istituzionale e politico senza precedenti.
Ma il vice Premier 5Stelle oltre ad essere consapevole della notevolele sovraesposizione è anche incalzato dal rientro dal sud America del sub comandante Alessandro Di Battista che con l’aurea del Che e la benedizione di Beppe Grillo potrebbe spiazzargli la leadership grillina.
L’orizzonte della crisi comprende anche l’elaborazione del lutto del Pd. Un epilogo che sarà necessario accelerare per rappresentare una credibile e concreta alternativa all’ondata populista della Lega e alla nebulosa dei 5 Stelle.
Smarrito e diviso, ossessionato dalla sindrome della sconfitta, il Pd si ritrova essenzialmente senza un leader in grado di resuscitarlo e di fargli ritrovare ruolo e consensi elettorali.
Dal big bang di Matteo Renzi, nonostante l’attrazione dell’orbita lunare di Nicola Zingaretti, della cometa di Marco Minniti, e della candidatura ombra del pianeta di ritorno Walter Veltroni, emerge che l’unica stella nova che può rivitalizzare il sistema solare del centro sinistra è Paolo Gentiloni, più volte Ministro e soprattutto ex Presidente del Consiglio molto rimpianto in tutte le capitali estere.