by Vincenzo Bajardi
Molto più di qualunque considerazione una notizia appena battuta dalle agenzie fotografa la disastrosa situazione dell’intero settore mondiale dell’auto: il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha ordinato alla General Motors di riconvertire gli impianti e di costruire al posto delle auto dei ventilatori polmonari per i pazienti contagiati dal coronavirus.
Il coronavirus irrompe nel mondo dell’auto mettendolo dunque ulteriormente in ginocchio. Rinviati il Salone di Pechino (era in calendario dal 21 al 30 aprile), di Ginevra (dal 5 al 15 marzo), quello di New York viene spostato sulla carta in agosto, mentre Detroit rimane attualmente confermato per giugno.
In Cina, come riportato dal The Guardian, le vendite di auto sono scese del 96% nella prima settimana di febbraio e del 92% nella prima metà del mese.
Ma in prospettiva qualche segnale incoraggiante si intravede, dopo il ritorno alla normalità fuori della provincia dello Hubei.
FCA ha riaperto la sua fabbrica a Guangzhou. Anche General Motors, Toyota e Honda hanno deciso si ripartire nei siti produttivi in Cina.
Ma il peggioramento della situazione globale si riverbera sul settore dell’auto i cui bilanci hanno già risentito, sin dal 2019, degli elevati investimenti tecnologici richiesti per l’elettrificazione, la guida autonoma e la riduzione delle emissioni.
L’ industria dell’auto rischia quindio di implodere perchè i produttori, da anni, dipendono dall’industria cinese che fornisce svariati componenti.
In Inghilterra, Jaguar Land Rover teme che per i ritardi nelle consegne dalla Cina la produzione in Uk potrebbe essere a rischio, come ha evidenziato nei giorni scorsi il Ceo, Ralf Speth.
Anche Mercedes Benz che nel 2019 ha venduto in Cina 700 mila auto lamenta il blocco delle vendite nella Repubblica popolare. Dall’industria cinese dei ricambi auto dipende in ogni caso l’intera produzione di veicoli.
Dai chip per i computer di bordo, ai sistemi elettronici fino alla più svariata componentistica, si è messa in moto una reazione a catena negativa.
Hyundai e Kia hanno deciso di chiudere la fabbrica di Asan in Corea del Sud per mancanza di parti vitali delle carrozzerie.
A Wuhan, epicentro dell’epidemia,si trova il quartiere generale della Dongfeng Motor Corporation che fornisce Honda, Gruppo Psa e Renault ed ancora Bosch, Valeo. Per non parlare del Gruppo Volkswagen che include diversi marchi (Audi, Seat e Skoda) e che nell’area di Shangai ha divere fabbriche.
Scendendo in dettaglio General Motors assembla il 18,5% della sua produzione in Cina, Nissan nel suo stabilimento giapponese di Kyushu sta apportando variazioni alla produzione. Nentre la Suzuki vuole adesso rifornirsi di componenti fuori dalla Cina.
Tesla, dopo lo stop alla produzione imposto dalle autorità cinesi, ha ripreso ad operare a Shangai con il Model3.
A livello di auto elettriche la Cina produce il 65% delle batterie agli ioni di litio.
Per la Ceo di GM, Mary Barra la situazione non è delle migliori. L’ Aston Martin non riaprirà le fabbriche fino al 20 aprile. Bmw ha fermato i suoi 12 stabilimenti in Europa il 18 marzo, con riapertura ipotizzata per il 19 aprile. Daimler prolungherà la chiusura degli impianti in Europa alneno fino al 17 aprile.
