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L’insostituibile essenzialità dei contatti fisici

Carenza di contatti fisici. La norma del distanziamento fra le persone, necessaria per contrastare l’avanzata inarrestabile dell’impietoso coronavirus, può avere dei risvolti psicologici imprevedibili, essendo una condizione inedita nella vita della maggior parte delle persone.L’insostituibile essenzialità dei contatti fisici

Poiché l’appartenenza sociale gioca un ruolo fondamentale nella costruzione dell’identità, è necessario riflettere sulle possibili reazioni emotive dovute alla distanza fisica e affettiva dalle altre persone, in particolare da quelle che fanno parte dei propri gruppi sociali di riferimento.L’insostituibile essenzialità dei contatti fisici

Durante la recente “settimana del cervello”, promossa dall’Università della Svizzera Italiana, ne abbiamo parlato con la neuroscienziata sociale Rosalba Morese, ricercatrice presso la Facoltà di Comunicazione, Cultura e Società e presso l’Istituto di Salute Pubblica della Facoltà di Scienze biomediche dell’USI.

L’insostituibile essenzialità dei contatti fisici
La prof. Rosalba Morese

Il sentirsi parte di un gruppo sociale è un bisogno primario dell’essere umano. Cosa può comportare l’improvvisa perdita del senso di appartenenza sociale?

Nella letteratura scientifica internazionale si parla, non a caso, di “dolore sociale”, riguardo allo smarrimento del senso di appartenenza sociale. Eisenberger (2002) la definisce una delle condizioni più dolorose ed emotivamente spiacevoli che una persona possa provare, poiché comporta il rischio di danneggiare irrimediabilmente la sua capacità di relazionarsi con altri individui.L’insostituibile essenzialità dei contatti fisici

Cosa succede esattamente nel nostro cervello?

Grazie all’uso di alcune sofisticate tecniche, come la risonanza magnetica funzionale, utilizzate per indagare le aree cerebrali coinvolte in questo tipo di esperienza, i risultati che emergono da molte ricerche indicano che il sentirsi esclusi dal gruppo sociale attiva delle aree cerebrali coinvolte anche durante l’esperienza del dolore fisico: l’insula anteriore e la parte dorsale della corteccia cingolata anteriore. I meccanismi biologici del dolore fisico e del dolore sociale sembrerebbero dunque essere gli stessi.

Qual è il contributo che le neuroscienze possono offrire per alleviare questo tipo di dolore?

Uno studio recente, pubblicato sulla rivista internazionale “Social Cognitive and Affective Neuroscience” svolto da me insieme ad alcuni colleghi delle Università di Vienna e di Torino, ha testato per la prima volta l’efficacia dei diversi tipi di supporto sociale in relazione all’attivazione delle aree cerebrali del dolore sociale. Si è scoperto che il dolore sociale, il malessere profondo che si prova a causa del distanziamento sociale non è qualcosa di astratto, ma è associato a uno specifico substrato neurofisiologico.L’insostituibile essenzialità dei contatti fisici

In cosa sono consistiti esattamente gli esperimenti?

Dopo l’esperienza di dolore sociale sono stati forniti a ciascun partecipante, da parte di una persona cara, due diverse tipologie di supporto sociale: supporto emotivo, attraverso il contatto fisico della mano e supporto informativo, attraverso la lettura di messaggi di testo utili per comprendere la situazione di esclusione sociale vissuta.

Cosa è emerso dalla ricerca?

I risultati mostrano che, dopo il supporto emotivo fornito, si rileva una riduzione delle aree cerebrali coinvolte durante l’esperienza del dolore sociale, invece dopo il supporto informativo è emersa una maggiore attivazione dell’area cerebrale solitamente associata alla regolazione delle emozioni negative e maggiormente attivata nei pazienti depressi: la corteccia prefrontale ventromediale.L’insostituibile essenzialità dei contatti fisici

Si può dunque affermare che il contatto fisico sia il più efficace toccasana per lenire il dolore sociale?

Senz’altro. In particolare risulta efficace il contatto fisico di una persona cara, mentre il leggere dei semplici messaggi di testo in realtà può addirittura amplificare la percezione di distanza sociale, suscitando delle emozioni negative.

In un momento in cui non è possibile ricorrere alle modalità relazionali consuete, pensiamo per esempio ai contatti a distanza che i pazienti ricoverati per Covid-19 devono tenere con i propri congiunti, e poi estendendo il discorso a tutte le tipologie di relazione a distanza, quali sono le più efficaci strategie di comunicazione?

Sicuramente sono da preferire i contatti attraverso strumenti interattivi, qualora sia possibile, rispetto ai messaggi di testo, utilizzando i sistemi, le piattaforme e i supporti audiovisivi, che, contemplando le espressioni facciali e le sfumature emotive della voce, risultano sicuramente più coinvolgenti e permettono di sentirsi più vicini ai propri gruppi di riferimento. Questo permette alla nostra identità sociale di strutturarsi anche in un momento di difficoltà.L’insostituibile essenzialità dei contatti fisici

Essere costretti, facendo di necessità virtù, a potenziare le consuete modalità comunicative potrebbe rivelarsi un bene?

Ritengo di sì. L’emergenza mondiale ci costringe a mettere in gioco le nostre migliori risorse individuali e collettive per implementare nuovi processi di socializzazione che potranno arricchire in futuro la comunicazione umana.L’insostituibile essenzialità dei contatti fisici

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Gianfranco D'Anna
Gianfranco D'Anna
Fondatore e Direttore di zerozeronews.it Editorialista di Italpress. Già Condirettore dei Giornali Radio Rai, Capo Redattore Esteri e inviato di guerra al Tg2, inviato antimafia per Tg1 e Rai Palermo al maxiprocesso a cosa nostra. Ha fatto parte delle redazioni di “Viaggio attorno all’uomo” di Sergio Zavoli ed “Il Fatto” di Enzo Biagi. Vincitore nel 2007 del Premio Saint Vincent di giornalismo per il programma “Pianeta Dimenticato” di Radio1.
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