Notte di proteste, scontri e arresti in Cina. Ingenti forze di polizia in tenuta antisommossa hanno attaccato e disperso migliaia di manifestanti a Guangzhou, Canton, un distretto con milioni di persone, epicentro della maggior parte dei casi di Covid-19 ed in quarantena dalla fine di ottobre.
Le manifestazioni di protesta dilagano in molte città, dalla capitale Pechino a Shanghai ad Haizhu, ma il regime regge ed anzi, secondo gli esperti di strategie geopolitiche il Presidente Xi Jinping, si rafforzerà. Il vertice del partito comunista cinese sta già soffocando il malcontento contro la rigorosa strategia di prevenzione del Covid che a tre anni dall’inizio della pandemia e i molti errori commessi, a cominciare dall’inefficacia del vaccino cinese, il Sinovac, ha scatenato la più grande ondata di disobbedienza civile dalle proteste studentesche del 1989 in piazza Tiananmen.
Pechino ha infinitamente molti più mezzi per sopprimere le proteste di quanti ne disponesse contro gli studenti, massacrati a migliaia dai carri armati a Tienanmen, o nel 1999, quando venne letteralmente eradicata la setta religiosa Falun Gong con decine di milioni di adepti in tutto l’ex celeste impero. La Repubblica popolare ha via via realizzato un panopticon digitale, in grado di incrociare e analizzare simultaneamente miliardi di dati, ed un sistema di controllo sociale superiori perfino alle fantasiose e profetiche rappresentazioni di realtà immaginarie del futuro di romanzieri del calibro di George Orwell o Aldous Huxley.
L’ultimo esempio riguarda le nuove restrizioni annunciate dalla Cyberspace Administration of China che trasformano in reato penale anche i like o gli emoji cliccati su un post. L’apparato di sicurezza interna della Cina, finanziato con un budget che supera persino quello militare, monitora centinaia di milioni di telecamere pubbliche abilitate all’intelligenza artificiale in tutto il paese. Eserciti di censori umani e algoritmici possono accedere alle app per smartphone su cui i cittadini cinesi fanno affidamento per comunicare, viaggiare e acquistare ogni necessità.
In uno sforzo apparente per dare risposte alla rabbia per le politiche zero-Covid che hanno scatenato le proteste, il regime ha annunciato piani per intensificare la vaccinazione degli anziani. Una mossa destinata ad allentare i controlli di massa e a preservare il sistema economico e quello sanitario in un paese in cui dopo quasi tre anni di tentativi di eliminare il virus non esiste o quasi alcuna immunità al Covid.
Il vero dramma della Cina riguarda infatti la sostanziale inefficacia del vaccino Sinovac. Gli studi di Fase III, condotti su operatori sanitari in Brasile, dove é attiva una variante del virus ritenuta particolarmente contagiosa e difficile da sradicare, hanno prodotto un tasso di efficacia del 50,7%, appena al di sopra della soglia del 50% fissata dall’Oms per i vaccini Covid-19. I risultati di uno studio pubblicati antecedentemente erano anche peggiori: il vaccino era stimato essere efficace solo al 49,6% contro i casi di Covid-19 sintomatici. Quando sono state incluse le infezioni asintomatiche, l’efficacia è scesa addirittura al 35,1%.
Il capo del Centro cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie, Gao Fu, considerato anche in occidente uno dei più importanti virologi e immunologi a livello mondiale, ha ammesso in una conferenza che gli attuali vaccini “non hanno tassi di protezione molto elevati” e ha suggerito che i vaccini dovessero essere “miscelati” per migliorare l’efficacia. Qualche giorno dopo Gao ha però fatto marcia indietro spiegando che le sue parole erano state strumentalizzate e si trattava di un “totale malinteso”.
Più che la democrazia, gli ideali di libertà, la cultura e il consumismo il paradossale problema del regime comunista cinese é che per la prima volta deve fronteggiare un nemico altrettanto subdolo e soprattutto ancora più comunista come il virus del Covid…