I versi del Nobel morto in carcere destinati sopravvivere al comunismo cinese
Il mondo piange Liu Xiaobo, il Premio Nobel per la pace fatto morire agli arresti in uno sperduto ospedale dalla Cina comunista.
Una storia tragica e tristissima per la stessa Cina, che contende ai paesi più industrializzati il primato economico, scientifico e militare, ma è in coda alla classifica mondiale delle nazioni che non rispettano i diritti civili, reprimono il dissenso politico, rinchiudono gli oppositori in campi di concentramento, sottopongono i detenuti a torture e eseguono migliaia di condanne a morte ogni anno.
Condannato a 11 anni per essersi pubblicamente opposto al regime Liu Xiaobo, poeta, scrittore e saggista, era stato insignito del premio Nobel per la pace nel 2010, quando già si trovava in prigione.
E’ la prima morte di un Nobel per la Pace avvenuta in stato di detenzione, oltre a quella del pacifista tedesco Carl von Ossietzky, deceduto in un ospedale nazista nel 1938. Un precedente terribile e inquietante.
La sedia vuota di Liu alla cerimonia di premiazione del Nobel per la pace del 2010 si trasformò nel simbolo mondiale della condanna della repressione del dissenso da parte di Pechino.
Affetto da un tumore al fegato ormai in fase terminale, il dissidente cinese aveva chiesto invano di potersi far curare negli Stati Uniti o in Germania e per questo aveva rifiutato ieri di farsi intubare nel timore di diventare intrasportabile.
Il suo ultimo desiderio era portare all’estero l’amata Liu Xia, da anni agli arresti domiciliari soltanto perché sua moglie, in modo da donarle una vita libera. “Anche se fossi ridotto in polvere, userei le mie ceneri per abbracciarti“, le ha scritto Liu Xiaobo.
“ Dittatori, internet vi vede”: è il titolo di un famoso articolo pubblicato dallo scomparso Nobel sul The Times Online.
“E’ un canale – spiegava Liu Xiaobo- che i dittatori cinesi non possono censurare completamente: permette alle persone di comunicare e offre una piattaforma per l’organizzazione spontanea. L’accessibilità, la facilità d’uso e la libertà di Internet hanno spinto l’opinione pubblica a diventare molto vivace. Pechino può controllare la stampa e la televisione, ma non può controllare Internet. Gli scandali censurati dai media tradizionali arrivano a conoscenza dei cittadini. E il governo é costretto per la prima volta a fornire informazioni, i funzionari a scusarsi pubblicamente. I cristiani cinesi dicono che, anche se i loro connazionali non hanno uno spiccato senso religioso, Dio non li abbandonerà mentre soffrono. Internet è un dono di Dio alla Cina. E’ lo strumento migliore per consentire al popolo cinese di sconfiggere la schiavitù e lottare per la libertà”.
Passeranno decenni, ma sicuramente un giorno in Cina molte piazze saranno intitolate a Liu Xiaobo.