Il marasma annunciato del credito cooperativo
Ancora alle prese col marasma crisi-innovazione-ristrutturazione, il pianeta del credito italiano sta per entrare nell’orbita del rischio implosione del sistema delle banche cooperative.
Già conosciute come Casse rurali ed artigiane, il numero delle Banche di credito cooperativo si è progressivamente assottigliato dalle oltre 400 del 2000 alle poco più di 300 del 2017.
Un dato che per effetto dell’intervento della Bce, riguardante l’esigenza di un effettivo stato patrimoniale e funzionale, é destinato a ridursi drasticamente.
Diverse le rapide e le cascate che nei prossimi mesi dovrà superare il settore del credito cooperativo per approdare ad una tranquilla navigazione. I vortici più insidiosi sono rappresentati dall’accorpamento in gruppi nazionali e provinciali e soprattutto dal riassorbimento dei circa 24 miliardi lordi, equivalenti a 16 netti, di crediti deteriorati.
L’età media di 50 anni dei circa 36 mila dipendenti limita il ricorso ai prepensionamenti e agli incentivi e lascia intravedere lo spauracchio di licenziamenti, esodi e trasferimenti forzati.
I gruppi nazionali che si contendono il disco verde della Bce per il nuovo assetto, previsto a giugno del 2018, sono quelli costituiti sotto l’egida dell’Istituto Centrale del Credito Cooperativo e della Cassa Centrale delle Casse Rurali di Trento.
Tra le principali preoccupazioni c’è la questione della inevitabile cessione e delle modalità di gestione del recupero dei crediti deteriorati che per i sindacati di settore, in particolare per la First Cisl, dovrebbe essere affidata esclusivamente alla cura paziente di società a cui potrebbero partecipare soggetti privati, fondi pubblici, Fondazioni bancarie e perfino gli stessi dipendenti bancari, allo scopo di trattenere questa attività almeno nell’ambito del sistema bancario, quando non possibile farlo direttamente in house, nella stessa banca in cui le sofferenze si sono generate.
I non performing loans, i crediti deteriorati, del credito cooperativo riguardano infatti quasi esclusivamente artigiani, agricoltori, famiglie, piccole e medie aziende ed imprenditori di piccoli centri, la cui economia verrebbe messa a soqquadro da eventuali azioni intensive di recupero crediti, caratterizzate da fallimenti, pignoramenti e sequestri coercitivi.
Oltre alle difficoltà oggettive, determinate da decenni di assenza di visione prospettica, di mero sfruttamento delle agevolazioni e di non oculata amministrazione, per il Credito Cooperativo si aprono tuttavia anche grandi potenzialità.
Vista la concomitanza con la drastica contrazione di sportelli e del cambiamento delle strategie finanziarie dei grandi istituti di credito, la capillarità territoriale, se unita a una rapida evoluzione digitale, costituisce infatti un grande vantaggio che potrebbe consentire una crescita esponenziale dell’operatività.
Potenzialità e risorse, sottolinea il Segretario Generale della First Cisl, Giulio Romani, da sfruttare a vantaggio delle comunità, dell’impreditoria e dei livelli occupazionali del rispettivi territori: “il mondo della cooperazione potrebbe rappresentare, se ben amministrato, il vero contrappeso di un sistema bancario che sembra aver dimenticato i principi etici indispensabili a farlo essere propulsore di sviluppo equilibrato e sostenibile. Relegare” – afferma Romani – “il richiamo dei principi costituzionali, sui quali si regge il rapporto fiduciario tra banche e comunità nazionale, alla sola finanza etica sarebbe per il nostro Paese un errore irreparabile. Il Credito Cooperativo, se sarà capace di sfruttare le vere opportunità della riforma in atto, potrebbe essere invece un player di mercato che, esaltando i propri valori fondativi, la propria capillarità e la dimensione acquisibile dai gruppi, avrebbe la forza per contrastare l’affarismo della finanza speculativa, costringendo tutto il sistema bancario a porre al centro la questione reputazionale. In questo senso” – evidenzia il Segretario della First Cisl – “c’è un certo rammarico nel constatare una scelta che continua a esaltarne la competizione interna, anziché rafforzarne l’identità di sistema alternativo e coeso. Partire, in ogni caso, da una sana gestione del credito deteriorato e non svendere i propri clienti in difficoltà a speculatori spregiudicati potrebbe essere il primo passo per riaffermare attenzione alla mutualità anche nella nuova dimensione societaria, trovando nell’ambito del sistema complessivo una comune soluzione di gestione del problema, salvaguardando “ – conclude Romani – “ i posti di lavoro dei bancari”.