Cuore & Batticuore Rubrica settimanale di posta Storie di vita e vicende vissute
by Letizia Tomasino
Cornuta e vastuniata. Ah, se 30 anni fa ci fosse stato internet e tutti i siti di vendite on line non mi sarebbe successo quello che ho scoperto da poco. Ma andiamo con ordine, vi racconto la storia dall’inizio.
Era il 1993 o 1994, non ricordo bene, avevo aperto un locale a Palermo, in Via Libertà, alla fine del 1991 e in poco tempo ebbe un gran successo, mi ricordo la fila di persone fuori che aspettava il proprio turno per sedersi. Era una birreria in stile tedesco. Per andare al lavoro passavo da un antiquario che aveva molte vetrine, esponeva sempre cose bellissime e io mi soffermavo a guardare quelle meraviglie.
Un giorno vidi una lampada in bronzo stile Art Decò, mi piacque moltissimo, era una donnina che reggeva una boccia giallo ocra, la lampada era accesa ed emanava un calore che mi conquistò a tal punto che divenne l’oggetto dei miei desideri. Un pomeriggio entrai dentro il negozio e chiesi il prezzo della lampada, il signore anziano mi rispose con sufficienza: “signorina, costa un milione e mezzo”, forse pensando che io non me la potessi permettere, ringraziai e uscii dal negozio.
L’indomani andai a prelevare la cifra che mi aveva chiesto il “simpatico” antiquario e comprai la bellissima lampada che non era corredata da certificato, ma ai tempi non capivo nulla di arte (va bè, nemmeno adesso!).
Posizionai la lampada nel locale, era molto ammirata dai clienti, ma un giorno qualcuno ruppe la boccia di vetro, mi presi un dispiacere. Avrei voluto comprarla uguale e chiedendo in giro mi indirizzarono un negozio: da Lampone in via Maqueda, si trovava nell’atrio di Palazzo Gravina di Rammacca (ex Filangeri di Santa Flavia). Entrai nel negozio e mi venne la confusione, c’era di tutto: vetri, lampadari, oggetti d’altri tempi.
I modi bruschi del proprietario non mi smontarono dall’intento di trovare qualcosa che somigliasse alla boccia oramai persa. Lampone guardò la lampada e si mise a cercare fino a quando trovò qualcosa che si potesse adattare, mi accontentai e misi, stavolta, la lampada di fronte al mio posto di lavoro, in modo di averla sempre sott’occhio. Quando vendetti il locale portai la lampada a casa, negli anni si ruppe nuovamente il vetro, ma non cercai più di cambiarlo, era finita la magia.
Volevo vendere la lampada perché non si adattava all’arredo di casa mia e quindi la misi in vendita on line. Feci più foto da tante angolazioni ed elencando i difetti della stessa, vidi che era firmata e scrissi pure la firma.
Nessuno comprava la lampada pur avendo tantissime visualizzazioni e mi chiedevo il motivo di tanta reticenza. Cercai quella firma, ma non trovai nulla, poi cambiai metodo di ricerca e scoprii l’arcano, la mia lampada era un falso, al posto di una G avevano messo una P, ma la lampada era uguale in tutto e per tutto a quella del grande maestro francese Pierre Faguays. Ho tolto l’annuncio e adesso sapete cosa avrei voglia di fare? Ora capite perché curnuta e vastuniata?
Il singolare episodio della lampada dell’inganno, raccontato dalla scrittrice e fotografa siciliana Letizia Tomasino evidenzia come le delusioni della maturità scaturiscano spesso dalle illusioni e dai sogni perduti della giovinezza….