All’orizzonte della metamorfosi dei partiti si potrebbe prospettare la possibile svolta storica e politica dell’elezione per la prima volta di una donna al Quirinale.
Dalle nomine, al recovery plan, al crescente ruolo internazionale, l’efficienza e il decisionismo del Governo Draghi esercitano un effetto calamita sulle istituzioni e centrifugano gli equilibri interni dei partiti. Mentre le strutture dei Ministeri e le Regioni si allineano a Palazzo Chigi, il Movimento 5 Stelle, Pd, Lega e Forza Italia procedono in ordine sparso.
Da una parte la scelta senza mediazioni dei vertici delle grandi aziende statali, dall’altra l’accelerazione della sburocratizzazione per far decollare le opere e le riforme strutturali previste dal Recovery plan, hanno trasformato la maggioranza di governo in un’orchestra di leader ed esponenti politici locali che eseguono spartiti diversi in una sorta di concerto stonato alla ricerca del potere perduto. Un’ensemble che suona la stessa musica soltanto sotto la direzione del Premier.
Frammentati al loro interno sulle nomine in progress dei vertici e dei consiglieri d’amministrazione della Rai e delle altre grandi società partecipate, del calibro di Eni, Enel, Poste Italiane, Saipem, Snam, Terna ecc., dove si misurano e si esercitano le leve del potere politico economico, la metamorfosi dei partiti è inarrestabile.

All’interno del Movimento 5 Stelle è un fiume carsico che divarica e circoscrive le posizioni di Luigi Di Maio e di Giuseppe Conte. Mentre il Ministro degli esteri ha assunto il ruolo di garante dell’ala governista del Movimento, l’ex Premier è rimasto in mezzo al guado del caos parlamentare e organizzativo dei grillini senza riuscire a concretizzare la leadership. Tanto che per le nomine e le candidature alle amministrative e alle regionali della Calabria e del Lazio, il Partito democratico tratta prevalentemente con Di Maio e col Presidente della Camera Roberto Fico.

In casa Pd l’effetto calamita di Draghi e le fughe in avanti della segreteria hanno in varie occasioni spiazzato il Nazareno e gli stessi ministri dem, ma la comune matrice europeistica e atlantista di Enrico Letta e del Premier garantisce direzioni di marcia e obiettivi comuni.
Variegata e suscettibile di svolte diverse la situazione della Lega. Per Matteo Salvini che avverte la crescente erosione di consensi determinata da un lato dalla concretezza governativa e dal crescente feeling pubblico di Draghi, e dall’altro dalla continua ascesa nei sondaggi di Giorgia Meloni, sarà decisivo l’esito delle elezioni a Roma, Milano, Napoli, Torino e Bologna. In particolare a Roma dove un successo di Fratelli d’Italia, favorito dalle faide fra grillini e centro sinistra, assumerebbe una rilevanza da sorpasso nei confronti del Carroccio, in grado di far compiere a Giorgia Meloni un ulteriore balzo in avanti, non più soltanto nei sondaggi quanto fra gli elettori e nell’opinione pubblica nazionale.
In attesa del recupero delle condizioni di salute e del rientro in politica di Silvio Berlusconi, Forza Italia è scossa dall’impazienza dei 12 parlamentari che, per differenziarsi dal centro destra a trazione leghista, sono passati al nuovo gruppo che anche nel nome “Coraggio Italia” rappresenta un surrogato di Fi e resta nell’ambito della maggioranza di governo.

Sospinti dal monopolio dell’opposizione e dall’accorta e incisiva differenziazione rispetto alla Lega di lotta e di governo, Fratelli d’Italia ha accreditato nell’opinione pubblica la prospettiva di un appuntamento con la storia: la premiership di Giorgia Meloni.
