Cuore & Batticuore
Rubrica settimanale di posta. Storie di vita e vicende vissute
by Maggie S. Lorelli
Donne senza uomini: cosa comporta e quanto incide lo status single? Partiamo dal dato odierno. Una domenica di relax in una località di vacanza. Non mi è stato possibile trovare posto in nessun beach risto-bar.
La motivazione era che non potevo occupare da sola un tavolino dove, potenzialmente, si sarebbero potute sedere tre o quattro persone. E così mi rimettevo in marcia, al sole, zaino in spalla, sperando in un’accoglienza più favorevole qualche metro più in là. Ma niente, solita storia. Mi chiedevano se avessi prenotato, ma presto i camerieri palesavano la vera ragione del diniego: non potevo occupare da sola un tavolino da quattro. Mi sono sentita reietta, punita per il fatto di essere single.
Quando mi accettano però è liberatorio sedere da sola a un tavolino che potrebbe essere occupato da un’intera famiglia. Mi libera da un tabù sociale che vuole che ancora adesso una donna debba sentirsi fuori luogo a mangiare da sola in un ristorante o in qualsiasi altro esercizio pubblico. Qualche decennio fa forse poche donne lo avrebbero fatto, e devo ammettere che ancora adesso, statisticamente, non sono molte le donne sole in un bar affollato. Le persone tendono per natura ad associarsi e, per convenzione, ad accoppiarsi.
Quasi sempre, quando mi siedo ad un tavolino, mi guardo intorno furtivamente, e quando mi rendo conto che non c’è nessuno che conosco nel raggio di almeno un chilometro, allora riesco a rilassarmi e a godermi il mio Prosecco in santa pace, scevra da ogni convenzione sociale, che mi vorrebbe inanellata a un gruppo di amiche ciarliere o al legittimo boyfriend d’ordinanza. Le osservo, le coppiette, dal di sotto dei miei occhiali da sole mimetici col cielo e il mare, travestita da turista al fine di non farmi riconoscere, ma non mi sembra che sprizzino felicità. Mi appaiono convenzionali, anonime comparse di un copione esausto. Eppure le immagino quando tornano in albergo o a casa, preparare insieme la cena e consumare in silenzio il rituale del pasto, o decidere che film guardare, per poi magari addormentarsi.
E non si pensi che voglia minimizzare o, peggio, denigrare il senso dell’unirsi in coppia per condividere i tempi vuoti di un’esistenza programmata. Ieri notte, rifugiata in una stanza d’hotel prenotato per evadere da me stessa, non sono forse stata svegliata alle due di notte da una coppia che copulava ansimante? Ammirandone, nondimeno, la rara sincronicità del finale.
Non si dia per scontato, come a volte mi pare che avvenga, la possibilità di essersi trovati, come un duo musicale, più o meno armonici e complementari. Chi compie da solo il percorso della vita, invece, cerca di suonarsela da sé, in un assolo nostalgico. A volte è una bella melodia, altre volte sono suoni scombinati che si lanciano nell’aria sperando di cogliere di lontano echi concordanti. Ma, più spesso, non ci si spera più, di trovare l’altra metà, deluse – sì, parlo al femminile, perché culturalmente temo incarni un’aspettativa più alta – da una sequela imbarazzante di casi umani.
