Mario Draghi plana in apparenza lievemente. Ma in realtà, dopo mesi di assoluto ed enigmatico silenzio, si materializza sugli scenari politici con la monumentale consistenza di un convitato di pietra che ha un appuntamento con la storia. 
La classe è classe. Il livello, l’esperienza e la padronanza globale delle problematiche socio-economiche sono tali che le parole di Mario Draghi vengono ascoltate in un silenzio mistico, fino alla standing ovation delle conclusioni.
Il Draghi pensiero fa letteralmente il vuoto attorno. Da Rimini ai palazzi delle istituzioni e del potere di Roma, l’onda d’urto dell’analisi, pacata ma molto acuta e incisiva, dell’ex presidente della Bce scuote la politica e delinea nuovi scenari autunnali.
Il richiamo ad Alcide De Gasperi evoca tutta la drammaticità storica della seconda e ancor più delicata ricostruzione alla quale sono affidate le sorti della rinascita del Paese e il destino delle nuove generazioni. “La società nel suo complesso – scandisce Mario Draghi – non può accettare un mondo senza speranza, ma deve, raccolte tutte le proprie energie, e ritrovato un comune sentire, cercare la strada della ricostruzione”.
Come De Gasperi, Draghi distingue il debito buono da quello cattivo. Quello buono è “sostenibile” e va usato anzitutto per l’istruzione, le infrastrutture e il rilancio produttivo. Il debito diventa invece “cattivo” se finisce in sussidi improduttivi. “Ai giovani bisogna dare di più. Privare un giovane del suo futuro è la peggiore forma di diseguaglianza” sottolinea l’ex numero 1 dell’Eurotower .
Che fare allora? Draghi non si tira indietro e indica la possibile rotta: “il pragmatismo è necessario – dice- ma dalla politica economica ci si aspetta che non aggiunga incertezza a quella provocata dalla pandemia e dal cambiamento. Altrimenti finiremo per essere controllati dall’incertezza invece di esser noi a controllarla. Perderemmo la strada”, aggiunge.
“Non sappiamo – ha precisato Draghi- quando sarà scoperto un vaccino, né tantomeno come sarà la realtà allora. Le opinioni sono divise: alcuni ritengono che tutto tornerà come prima, altri vedono l’inizio di un profondo cambiamento. Probabilmente – ha proseguito – la realtà starà nel mezzo: in alcuni settori i cambiamenti non saranno sostanziali. In altri le tecnologie esistenti potranno essere rapidamente adattate. Altri ancora si espanderanno e cresceranno adattandosi alla nuova domanda e ai nuovi comportamenti imposti dalla pandemia. Ma per altri, un ritorno agli stessi livelli operativi che avevano nel periodo prima della pandemia, è improbabile”
“Il ritorno alla crescita, una crescita che rispetti l’ambiente e che non umili la persona, è divenuto un imperativo assoluto: perché le politiche economiche oggi perseguite siano sostenibili, per dare sicurezza di reddito specialmente ai più poveri, per rafforzare una coesione sociale resa fragile dall’esperienza della pandemia e dalle difficoltà che l’uscita dalla recessione comporterà nei mesi a venire, per costruire un futuro di cui le nostre società oggi intravedono i contorni”.
L’obiettivo afferma l’ex Presidente della Bce “è impegnativo ma non irraggiungibile se riusciremo a disperdere l’incertezza che oggi aleggia sui nostri Paesi”.
Ed in Italia, lo si è toccato con mano oggi al meeting di Rimini, le uniche certezze sono Mario Draghi e il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.