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Rubrica di critica recensioni anticipazioni
by Antonino Cangemi
La produzione saggistica di Augusto Cavadi, specie la più recente, presenta almeno due peculiarità.
La prima: muove da esigenze concrete spesso legate a esperienze operative rifuggendo ogni enunciazione meramente teorica.
La seconda: procede alla ricerca di un assunto tramite un continuo dialogo col lettore in un itinerario, costellato di dubbi più che di certezze, che tanto somiglia al metodo induttivo socratico.
Così anche nell’ultimo suo saggio, “L’arte di essere maschi libera/mente. La gabbia del patriarcato” edito da Di Girolamo.
Il libro prende le mosse dalla violenza sulle donne. Esamina il tragico fenomeno nei suoi diversi aspetti, enumera i dati statistici, e approfondisce le radici biologiche, giuridico-culturali, socio-economiche, simboliche-religiose delle differenze tra i due sessi. Percorso questo tragitto, Cavadi giunge al punto cruciale della sua trattazione: l’analisi del patriarcato.

Se è vero che la violenza sulle donne è frutto di una società patriarcale e che la concezione patriarcale, supportata da più fonti e radicata nel tempo, genera la presunta superiorità del maschio sulla femmina, è giunto il momento di chiedersi non solo quanto essa sia legittima e fondata ma anche altro. E cioè se il patriarcato offra al maschio solo e autentici privilegi o se, al contrario, non ne limiti l’identità, riducendola a una sola e stereotipata dimensione?
Come si diceva, i libri di Cavadi sono spesso frutto di esperienze realizzate sul campo, vissute in prima persona. “L’arte di essere maschi libera/mente. La gabbia del patriarcato” nasce dal movimento “Noi uomini contro la violenza sulle donne”, costituitosi a Palermo nel 2015 sull’esempio di altre associazioni sorte nella penisola e di cui fa parte lo stesso autore.
In “Noi uomini contro la violenza sulle donne”, di cui vengono riportati in appendice “L’autopresentazione” e lo statuto, diversi maschi si riuniscono periodicamente e s’interrogano sul loro ruolo e sulla propria identità confrontandoli con quelli dell’altro sesso. Dai dibattiti tra di loro e con persone dell’altro sesso – che non vanno escluse dall’interazione con i gruppi “maschilisti” – sono emersi tutti i limiti – per il maschio – di un modello che lo vuole risoluto, duro, privo di dolcezze, controllato sino agli estremi nella sua sfera sentimentale.
I maschi – ci suggerisce Cavadi e ci suggeriscono le analisi frutto dei dibattiti dell’associazione “Noi uomini contro la violenza sulle donne” – hanno in sé potenzialità e ricchezze che il patriarcato ha rimosso: la tenerezza, prima tra tutte.
Da qui l’esigenza – ed è il messaggio contenuto nel saggio – di ripensare la fisionomia identitaria del maschio e con essa i suoi ruoli in un rapporto diverso con l’altro sesso che, oltre a cancellare ogni forma di prevaricazione, tenda a un’interlocuzione più franca, naturale e diretta; e ciò nell’interesse e a vantaggio, innanzitutto e anche, del maschio.
Si spiega pertanto il titolo del saggio: l’essere maschi, nel modo più completo e soddisfacente, richiede l’esercizio di un’”arte”, di un’attività non priva di prove e “fatiche” conducenti a un optimum.
Si vuole essere maschi“libera/mente”, senza vincoli da imposizioni socio-culturali che condizionano mentalmente. E si spiega il sottotitolo: il patriarcato, a ben vedere, altro non è che una “gabbia” che imprigiona talune, apprezzabili risorse dei maschi.
Il libro, ancorché in formato tascabile ed economico (13,90 euro) e con un numero contenuto di pagine (154), è ricco di dissertazioni soprattutto filosofiche, ma è anche prodigo di suggerimenti pratici scaturiti dalle “assemblee” dell’associazione “Noi uomini contro la violenza delle donne”; né vanno sottovalutati i “documenti” che lo corredano, tra i quali il breve scritto del magistrato Paola Di Nicola, “I pregiudizi nelle frasi di noi giudici”.
