Draghi ieri, oggi e domani. Titoli, editoriali e retroscena distillano miele di Premier e contemplano il vuoto politico attorno all’azione di Governo.
A Palazzo Chigi pur nel silenzio per i ripetuti successi e l’incisività di Mario Draghi, un silenzio che è diventato cifra distintiva di serietà e credibilità, non sfugge la differenza fra lodi e critiche costruttive e gli attacchi malevoli. Ma l’orizzonte resta sempre quello di programmare silenziosamente le soluzioni e le decisioni di domani.
Incardinate come essenziali scadenze la riforma della giustizia e le nomine dei vertici Rai, due svolte che continuano a scuotere in direzioni opposte i partiti, il Governo è già proiettato a scongiurare per l’autunno i rischi della sovrapposizione fra gli eventuali contraccolpi economici e occupazionali e quelli ancora più insidiosi di una recrudescenza della pandemia. Un panorama autunnale sul quale, dopo il ritiro di Usa e Nato dall’Afghanistan, gravano anche le ombre cinesi della crescente egemonia strategica ed economica di Pechino su tutta l’Asia.
Nel mare sempre agitato della politica nazionale che lambisce Palazzo Chigi, appare intanto sempre più in difficoltà, senza vele e senza rotta, il vascello dei 5 Stelle, un tempo nave ammiraglia della flotta dei partiti.

Per il concomitante corto circuito del Movimento, l’uno-due di Draghi e Cartabia sulla giustizia, ha aperto diverse falle sotto la linea di galleggiamento e la nave grillina sembra sul punto di naufragare.
Un naufragio difficile da scampare perché a bordo è in corso da settimane uno duello fra l’armatore garante Beppe Grillo e il comandante in pectore Giuseppe Conte, che avrebbe tentato di ammutinarsi con parte dell’equipaggio.
Ma anche se l’approvazione all’unanimità con i voti dei Ministri 5 Stelle della riforma della giustizia ha rappresentato una secca sconfitta per gli ammutinati, Conte ha spostato la sfida tutta interna con Grillo sulla tolda parlamentare del transatlantico di Montecitorio e di Palazzo Madama.

In pratica, a meno di un improbabile compromesso in extremis, l’ultimo atto della scissione ufficiale dei 5 Stelle avverrebbe in diretta, a rete unificate, durante il voto del Parlamento sulla riforma Cartabia.
Una scissione che il compatto schieramento a favore del Governo dei ministri grillini, lascia prevedere in tono minore rispetto alle premesse di appena un mese addietro, quando Conte si è lanciato in un pubblico j’accuse contro Grillo, per la mancata approvazione dello Statuto, lasciando intravedere il controllo quasi totale del Movimento. “La sottigliezza non abbandona mai, specialmente quando si ha torto” sosteneva non a caso Goethe.

Il recupero di Grillo e le scelte di campo del Ministro degli Esteri Luigi Di Maio, del Presidente della Camera Roberto Fico e dei Ministri Patuanelli, D’Incà e Dadone hanno capovolto la situazione che ora vedrebbe ai margini Conte. Diametralmente opposte invece le critiche mosse a Draghi dalla Lega e da parte di Forza Italia per la designazione di Carlo Fuortes e di Marinella Soldi rispettivamente come Amministratore delegato e Presidente della Rai. Due nomine di livello, attese da mesi e che la contrapposizione fra le forze politiche rimandava di settimana in settimana. Le critiche contrapposte, dei 5 Stelle vicini a Conte per la giustizia e di Lega e Forza Italia per la Rai, conferiscono tuttavia al Governo un ulteriore ruolo di autonomia e indipendenza.
