Governo Draghi sempre più distinto e distante dalle differenziazioni politiche interne di partiti e schieramenti.
Mentre dal vertice di Oporto alle intese internazionali su vaccini e baricentro euro atlantico dell’Italia, il Premier Mario Draghi e non soltanto per l’abbrivio della presidenza di turno del G20 sta raccogliendo di settimana in settimana la leadership europea dell’uscente Cancelliera tedesca Angela Merkel, il contesto dei rapporti fra le forze politiche e all’interno dei partiti è sempre più frammentato.
Per i 5 Stelle la situazione oscilla fra il caos e l’implosione. Stretti nella morsa dell’inagibilità politica e mediatica di Beppe Grillo e delle controversie legali e digitali, il Movimento appare letteralmente senza capo né coda.
L’indeterminatezza del ruolo di Giuseppe Conte comincia a pesare. In particolare in relazione all’alleanza col Pd per le candidature unitarie alle amministrative a Roma, Napoli, Torino e Bologna e alle elezioni regionali nel Lazio.
L’effetto domino del Campidoglio, con la ricandidatura di Virgina Raggi che mette a rischio l’eventuale discesa in campo dell’ex segretario Pd e attuale presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, condiziona anche la successione alla Pisana e soprattutto la candidatura a Napoli del Presidente della Camera Roberto Fico. Per non parlare di Torino dove nessuno dei candidati del Pd alla successione di Chiara Appendino, il chirurgo Mauro Salizzoni e il capogruppo al Comune Stefano Lo Russo, ha il disco verde dei 5 Stelle.
Le sabbie mobili grilline stanno inoltre logorando mediaticamente Conte, che impelagato nella ragnatela del tutti contro tutti del Movimento non riesce a intervenire sui temi quotidiani della politica ed è costretto cogliere i rimbalzi spesso sdrucciolevoli delle iniziative altrui, come la presa di posizione sul caso Fedez – Rai o la recente intervista nella quale evidenzia di non avere ancora elaborato il lutto per la perdita della premiership.
L’arcipelago delle “sensibilità interne” del Pd, come sono state ribattezzate le correnti dal nuovo corso di Enrico Letta, è proiettato secondo l’ordine di avvicendamento temporale sulle prospettive elettorali di Roma, del Lazio, della eventuale elezione (con Dario Franceschini in pole position) del nuovo Presidente della Camera al posto di Fico, candidato a Napoli, e dulcis in fundo, sull’elezione del nuovo inquilino del Quirinale o come è più probabile sulla riconferma a tempo dell’attuale Presidente della repubblica, Sergio Mattarella.
In tandem con Conte, al Nazareno si scruta anche l’orizzonte del dopo Draghi a Palazzo Chigi. Uno sguardo tanto lungo che nella contrapposizione con Salvini ai margini dell’esecutivo si ha talvolta la sensazione che Enrico Letta e l’ex avvocato del popolo considerino quello attuale un Governo amico, secondo la storica formula cara ad una Dc sempre più spesso evocata.
Come le altrettanto storiche convergenze parallele, le ambizioni di ritornare a Palazzo Chigi del segretario Pd e di Conte dovranno tuttavia misurarsi con i tempi e i risultati elettorali delle politiche. Risultati che si prevedono sempre più altalenanti vista la frattura in progress fra la Lega di Matteo Salvini e Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni.
Data dai sondaggi in fase di sorpasso della Lega, la Presidente di FdI ha aggiustato il posizionamento nazionale e internazionale del suo partito, mantenendo un rapporto di leale opposizione nei confronti del Governo Draghi e rivedendo a favore di Biden la precedente condivisione della dottrina Trump.
Il no di Gabriele Albertini alla candidatura a Sindaco di Milano rischia di spiazzare ulteriormente Matteo Salvini nell’ambito del centrodestra, mentre Fratelli d’Italia, sulla base delle indicazioni dei sondaggi e del radicamento sul territorio, reclama a Roma e per la Regione Lazio la scelta dell’antagonista dell’alleanza che ancora non c’è fra Pd e 5 Stelle.
Mentre il Premier è l’unico interlocutore italiano di riferimento dell’Europa ed il governo procede lungo la rotta del recovery plan, il panorama politico appare insomma ripiegato sull’ombelico delle alterne difficoltà di partiti e schieramenti. Anche se in realtà il successo di un leader o di una forza politica non consiste nel non commettere errori, ma nel non ripeterli una seconda volta…